domenica 6 marzo 2011

Vendola - Tedesco: il paragone è osceno!

Alberto Tedesco non ha niente a che fare con la famosa invettiva di Dante nel VI del Purgatorio: O Alberto tedesco... giusto giudicio da le stelle caggia / sovra ‘l tuo sangue, e sia novo e aperto, / tal che ‘l tuo successor temenza n’aggia!
Il nostro Alberto Tedesco è l’ex assessore regionale pugliese alla sanità, eletto poi senatore del Pd e passato al gruppo misto dopo che contro di lui è stato spiccato mandato di cattura dai giudici di Bari. Di che cosa è accusato? Di concussione per una rimozione ed una nuova nomina nell’Asl di Lecce. Ma, a dire il vero, se il reato ipotizzato è questo, ben altra è la cornice. Il reato diffuso è di malasanità, di sprechi, di rapporti affaristici tra sanità regionale e forniture di materiali sanitari. Il tutto con i contorni dei Tarantini e delle escort, che hanno dato dimensione nazionale ad un bordello affaristico-politico di sponda levantina. Le condizioni finanziarie della sanità pugliese sono a rischio di commissariamento da parte del governo, come è accaduto per altre regioni meridionali, come Campania e Calabria.
La vicenda Tedesco ha fatto scatenare attacchi su attacchi al Presidente della Regione Nichi Vendola. Lo stesso Tedesco ha detto: “le nostre posizioni sono sovrapponibili per il 90 %. Perché io dentro e lui prosciolto?”. Quesiti meno perentori se li pongono molti nella sinistra. La destra – si sa – in questo caso gongola. E come sempre il fuoco amico fa sempre più male, specialmente quando è volontario. Anche tu Bruto…
Da qualche tempo contro Vendola son quotidiane bordate. Il suo ex compagno di Rifondazione comunista, ex anche consigliere regionale, Pierino Manni, si è particolarmente distinto in questi ultimi tempi sulla stampa con interventi che lasciano ben poco spazio a dubbi sui loro rapporti. “Il condottiero rosso che pian piano si fa ‘rosso sfocato’” è il titolo di una “dura analisi sul ruolo di Nichi Vendola nell’affollata scena della politica nazionale” (così Il Paese Nuovo del 19 febbraio). In cui ricorre anche una cattiveria, che, come tutte le cattiverie, nulla aggiunge al dato politico, ma apre fronti di discussione imprevedibili. “Qualcuno – scrive Manni tra parentesi – mi spieghi perché i collaboratori strenui di rito vendoliano siano un’équipe, un entourage, e quelli di rito berlusconiano siano dei lacché, dei servi: i misteri della linguistica politica!”.
Io dico che lo potrebbe spiegare benissimo lui, che la sa davvero lunghissima sulla cosiddetta “lingua di legno”. Ma, lasciamo stare. Sullo specifico del caso Tedesco e arresti di contorno Manni spiega “Perhé il governatore non dovrebbe essere soddisfatto” (CorMezzo del 27 febbraio) e anche qui aggiunge una cattiveria paragonando Vendola, che si dice contento di come la giustizia sta procedendo, all’amico di Casini, ex presidente della Regione Sicilia, Totò Cuffaro. “[Vendola] mi ricorda tanto – scrive Manni – Totò Cuffaro che festeggiò a cannoli la propria condanna a cinque anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, perché non era stato condannato per favoreggiamento della mafia”. Cattiverie a parte, l’accusa che viene rivolta a Vendola è che nulla ha fatto per cambiare il sistema sanitario, che a tanti disastri ha portato.
Fuori dalle questioni interne di una sinistra giunta alla resa dei conti, il caso Vendola non è paragonabile a quello di Tedesco. Nel nostro dialetto salentino abbiamo un modo straordinario di rispondere a certi paragoni improponibili: sì, nna fava e nna ulìa! (sì, una fava ed una oliva!). Modo di dire, che si accompagna con un’alzata di spalle. I due stanno su pianeti diversi, almeno dal punto di vista dell’etica civile. Questo non significa che Vendola sia esente da colpe o da errori.
Quando Alberto Tedesco entrò in giunta come assessore alla sanità era, direttamente o indirettamente, interessato a forniture mediche e sanitarie. I figli di Tedesco sono titolari di un’azienda che fornisce protesi. Buon senso – non vogliamo dire altro – avrebbe voluto che non si affidasse Lucia alla protezione di Don Rodrigo. Ma come, si fa assessore alla sanità il padre dei titolari di un’azienda che commercia con le Asl? Eh, via, Vendola! Chi te lo doveva dire che non era opportuno?
Ma, in politica, si sa. Bisogna anche sottostare a delle regole, a delle condizioni. Tedesco, evidentemente, rientrava in quegli equilibri politici che finiscono per far perdere la faccia anche a gente come Vendola, sulla cui onestà personalmente scommetterei la mia intelligenza critica.
Ritengo, infatti, che il livello di alcune scelte fatte da Vendola, anche per il riordino ospedaliero, debba rimanere distinto da qualsiasi scelta di malaffare. Che cosa si può rimproverare a Vendola? Di aver illuso i suoi sostenitori di poter fare lui, così diverso e così credibile sul piano etico, cose che evidentemente non può fare sul piano politico e finanziario. Sulla sanità Vendola si sta giocando la sua credibilità politica non morale. L’aver introdotto un euro di ticket sulle ricette, per fare un esempio, va nella direzione opposta a quella da lui sempre predicata. Così la chiusura di molti ospedali, per quanto risponda a criteri rispettabilissimi – ma erano gli stessi dell’Amministrazione Fitto – toglie il velo di dosso al Vendola che all’epoca della Presidenza Fitto andava nei pressi degli ospedali a manifestare insieme a chi si opponeva a quel piano.
Il Vendola denudato, per riprendere un’immagine di Manni, può mostrare i suoi limiti politici, può evidenziare la netta differenza che c’è tra la poesia e la prosa in politica, ma non mostra in alcun modo – almeno a tutt’oggi – cosa che possa far paragonare Vendola a Tedesco. Se l’uno è fava – abbiate pazienza – l’altro è necessariamente oliva!
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