domenica 13 marzo 2011

Loredana Capone: se la gentilezza si trasforma in prepotenza

Mi scuserà la Vice-presidente della Regione Puglia, Loredana Capone, se può sembrare un attacco ad personam. Non lo è. Tutto nasce da qualcosa. Anche le leggi e le denunce giornalistiche hanno bisogno di un dato concreto, di cronaca, per andare evidentemente oltre. Lei, in questo caso, offre lo spunto; ma al di là dell’episodio c’è il fenomeno. E al fenomeno qui si punta, come a bersaglio grosso.
Il fatto. Venerdì sera, 11 marzo, si era al Castello di Copertino per un convegno di studi per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, dal titolo “Risorgimento oscurato. Il contributo del Salento all’unificazione nazionale”, organizzato dalla Società di Storia Patria per la Puglia. Sezione di Lecce. Ben otto interventi in calendario, oltre ai convenevoli. Raccomandazione preliminare del Presidente della sessione Prof. Giancarlo Vallone ai relatori di stare nei tempi per rispetto reciproco e del pubblico. La grande aula del Castello oltre tutto era freddissima, inopportuna alla salute dei conferenzieri e della gente, peraltro non numerosa, ma ad hoc per assaggiare i morsi delle torture ambientali, cui furono sottoposti tanti martiri del Risorgimento incatenati nelle galere di vecchi castelli. Il pensiero andava al Duca di Cavallino, Sigismondo Castromediano, che di quei soggiorni ne provò diversi stando per più di dieci anni nelle borboniche galere e del quale si sarebbe parlato quella sera in ben due interventi.
Fra coloro che avrebbero dovuto porgere un saluto inaugurale, anche il Presidente della Regione Puglia, che però non venne. Si era al terzo intervento, quello della Prof.ssa Maria Sofia Corciulo della “Sapienza” di Roma, quando arrivò la Vice-presidente della Regione Loredana Capone. Con molta cortesia la Prof.ssa Corciulo si interruppe e le offrì la parola; ma con altrettanta eleganza la Capone disse che avrebbe aspettato che la professoressa finisse.
Così avvenne, ma le buone maniere della donna politica, versione femminile dell’uomo politico, evidentemente si erano esaurite nelle atmosfere del cinquecentesco maniero dei Granai Castriota, se prese la parola per un saluto e se la tenne per mezz’ora per un comizio, profondendosi in questioni che niente avevano a che fare con l’argomento in epigrafe. Femminismo, fasonismo, fotovoltaico, nucleare, in chiaro stile politico-polemico. Ora mezz’ora di tempo, per cose che in quella sede erano come i proverbiali cavoli a merenda, è un tempo lunghissimo. Per capire, ad ognuno degli otto conferenzieri erano stati riservati venti minuti, che, dopo l’intervento della Capone, si ridussero a quindici, da considerare peraltro come la statistica del Trilussa, dato che i primi interventi erano durati il doppio, ossia quaranta minuti ed oltre ciascuno.
Con straordinario aplomb il Prof. Vallone lasciò che la Capone finisse l’intervento, che commentò perfino con un flash di cortesia. Ovviamente la Capone salutò e se n’andò.
Ora lo dico con la massima sincerità – non avrei difficoltà a dire il contrario, dato che coi politici in genere non sono tenero e tutti mi riconoscono una discreta dose di coerenza – il comportamento della Capone non è ascrivibile a deliberata prepotenza o ancor peggio a personale volontà prevaricatrice. Ma il fatto in sé resta grave. Ed è grave perché anche una persona cortese e a modo, come è la signora Capone, diventa prepotente e prevaricante nel momento in cui agisce da uomo politico, pardon, da donna politica, come se la politica fosse il commutatore delle azioni degli uomini, una specie di trasformatore da alta a bassa tensione.
E’ un malcostume diffuso. I politici hanno invaso le televisioni, hanno invaso i giornali. Lo hanno fatto per la vocazione al servilismo dei titolari dei massmedia o forse per il bisogno di appoggi per finanziamenti e concessioni. Il risultato non cambia. Il tutto va a scapito di commentatori ed opinionisti, che sono i veri intermediari delle esigenze del pubblico. Così hanno trasformato il luogo della politica in uno spazio di corte, dove i domini sono loro, deputati e senatori, consiglieri ed assessori. La gente se vuole esprimere le proprie opinioni lo deve fare in piazza, in manifestazioni, che, per le loro caratteristiche, si trasformano in spettacoli, in cui non c’è spazio per la discussione e il confronto.
Se ora i politici invadono anche gli spazi della cultura, allora diventa necessario e urgente che si prenda qualche provvedimento. In extrema ratio si potrebbe anche non invitarli affatto. E’ evidente che questo segnerebbe una frattura tra le varie istituzioni, dato che oggi gli uomini di cultura non sono i chierici vaganti del Medioevo, sono in genere integrati nelle istituzioni dello Stato, che per un buon funzionamento devono operare in sinergia. Frattura, perciò, da scongiurare.
Ma è altrettanto necessario che la cultura recuperi un suo spazio, dove la politica non arrivi a condizionare, perché di lì la cultura può lanciare sia alle istituzioni che alla società valori e principi sui quali da sempre ha messo le basi la civiltà.
Mi pare davvero sconveniente che in un periodo in cui i corporativismi – e tra questi, due veramente enormi, quello della politica e quello della giustizia, in lotta di reciproca sopraffazione – occupano spazi sempre più ampi, a volte con la violenza degli tsunami, gli uomini di cultura, cui è affidato da sempre il ruolo di testimoni e di fustigatori dei cattivi costumi, si adeguino invece ai tempi e ai modi, senza nulla dire e senza nulla fare. Non si tratta di essere corporativisti tra corporativismi. La cultura è per gli altri in quanto è per se stessa; ha bisogno di essere libera per rendere liberi gli altri.
Per tornare a Bomba. La Vice-presidente della Regione Loredana Capone a Copertino la sera di venerdì, 11 marzo, non si comportò bene. Lo scrivo perché lei se ne avveda, più che da politica da quella squisita ed educatissima persona che è.
Chi quella sera rappresentava la cultura, invece, fece bene a non venir meno all’affabilità e all’urbanità. Ma fuori dall’episodio, in sé increscioso, occorre anche preoccuparsi di difendere i propri spazi dalle incursioni dei politici e far capire loro che la libertà in cui vive la cultura e che la cultura mette anche a disposizione degli altri non è campo per scorribande inopportune quando non addirittura irrispettose.
[ ]

Nessun commento:

Posta un commento