domenica 27 marzo 2011

Libia: è tempo che l'Italia curi i suoi interessi

Siamo ancora in piena crisi libica e già esplode la Siria. Decine di morti in quel paese, ammazzati dalle forze dell’ordine – dicono – nel corso di pacifiche dimostrazioni, secondo una formula mediatica collaudata.
Che faremo, invieremo i cacciabombardieri, scateneremo anche lì una pioggia di missili? E’ incredibile quanto sta accadendo. E’ un impazzimento generale; e il presidente degli Stati Uniti d’America, che dovrebbe essere il più responsabile perché il più forte, appare un dilettante allo sbaraglio. Dice che stiamo vincendo; e non si rende conto che se si riferisce all’aspetto politico dimostra di non capire nulla di quel che accadrà di qui a chissà quanto tempo ancora, se, invece, si riferisce all’aspetto militare, quanto meno dovrebbe essere meno maramaldesco. Qualcuno gli spieghi chi fu Maramaldo.
La Siria allargherà ancora l’incendio, finirà per lambire l’Iran. Allora saranno cazzi amari per tutti. Per ora, a parte i dissidi europei, tra Italia e Francia soprattutto, il mondo che conta, più Russia e Cina, pur con qualche riserva, sta tutto da una parte. Ma queste vicende iniziano in un modo, per finire in un altro.
Per sessantacinque anni ci hanno indicato in Hitler il mostro che mai più avremmo dovuto permettere che comparisse sulla terra, ci hanno riempito il calendario gregoriano di giornate della pace, della shoà, della legalità; ed ora vediamo questi signori gareggiare a chi spara prima e di più, a chi più nega i principi inviolabili della sovranità di uno stato. Né si vergognano di accampare ragioni risibili come la difesa di cittadini inermi massacrati dai loro tiranni e l’aiuto a tutti i popoli di darsi la democrazia. Sarà che ormai le povere vittime, a prescindere, sono sempre quelli che manifestano, anche con la violenza, sta di fatto che uno Stato sovrano non può più, secondo la dottrina Obama-Sarkozy, difendere l’ordine e le istituzioni al suo interno. Se dovesse rafforzarsi una simile dottrina, devono stare attenti tutti nel mondo. Appena c’è un movimento di piazza, il governo non solo si deve dimettere, ma deve andare a costituirsi nelle mani di Obama o di Sarkozy. Ne inventino un’altra.
Coi tiranni che oggi vogliono abbattere i signori di Washington e di Londra, di Parigi e di Roma, hanno mantenuto rapporti di ogni tipo per decine e decine di anni. Se sono tiranni oggi, lo erano anche prima. Vergogna, avete mantenuto rapporti e fatto affari con dei tiranni!
Quanto alla democrazia è giusto che sia una conquista di popolo e non un regalo di stranieri, i quali hanno sempre avuto e continuano ad avere interessi nei loro interventi. Nessuno – dice un vecchio adagio popolare – fa niente per niente.
In verità il loro è un giuoco vergognosamente scoperto. Se pure non sono stati e non sono loro a fomentare direttamente i disordini, che poi hanno portato e portano agli scontri violenti e alla guerra civile, è certo che hanno soffiato e continuano a soffiare sul fuoco. Essi bombardano una parte, la presunta cattiva, e armano l’altra, la presunta buona. Bene ha fatto la Germania a sfilarsi da una grottesca e infame messinscena.
Che abbiamo noi italiani da guadagnare da tutto il disastro che sta accadendo a cento chilometri dai nostri confini? Nulla, assolutamente nulla. Invece i danni già si palesano biblici. Centinaia di migliaia di fuggiaschi – stime del segretario generali dell’Onu Ban Ki-moon – si stanno riversando sulle nostre coste. Sono esuli? Fuggono dalla guerra? Cercano – come dicono – la libertà? Vengono, invece, dalla Tunisia, liberata dal tiranno; vengono dall’Egitto, liberato dal tiranno, vengono dalla Libia che si sta liberando dal tiranno. No, questa è gente che viene in Italia col semplice lasciapassare di ciò che non è verificabile, vengono in un mondo alla rovescia, dove tutto è lecito, l’esatto contrario del loro. Hanno già creato, e non siamo ancora al punto più critico, una serie di problemi, non solo d’immagine.
Troppo tardi il governo si è accorto di essere stato frettoloso ad unirsi agli altri compari di merenda. Avrebbe dovuto dire fin dall'inizio che la Libia non si tocca, perché questo era nei nostri interessi. E’ riuscito ad ottenere un piccolo successo diplomatico, facendo assegnare alla Nato la guida della missione contro la Libia; ma in buona sostanza ognuno fa quel che vuole. Le opposizioni – vero cancro della politica italiana – quando non fanno la più idiota critica a Berlusconi, si mettono a tifare per gli altri, a fare gli anglofili e i francofili, secondo antico vizio di considerare gli altri migliori di noi e nella solita filosofia italiana del tanto peggio tanto meglio. Fino a ieri i Bersani, i Casini, i Di Pietro si preoccupavano della disoccupazione giovanile, dei bassi salari, della cassa integrazione, di Marchionne che minacciava di portare la Fiat fuori, della crisi finanziaria dalla quale stentiamo ad uscire, oggi invece non fanno che dire: avanti, avanti, tunisini, egiziani, algerini, marocchini, libici, c’è posto per tutti; non date retta a Maroni o a Tremonti, a quegli avaracci ed egoisti. D’Alema: un paese ricco come l’Italia deve dare asilo a quei disperati! Suggerisca anche come, se ne è capace.
Ora è chiaro che l’Italia rischia davvero di ritrovarsi in un mare di guai. E’ tardi per uscirsene, ma non è tardi per incominciare ad agire e impuntarsi nell’esclusivo interesse del nostro Paese. Si trovino pure le pezze che si vuole per nasconderlo. In questo non siamo mai stati inferiori a nessuno; ma è urgente dare una risposta dura a chi ci sta coinvolgendo in un’avventura che può essere fatale; e non solo per noi.
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