domenica 3 aprile 2011

Mantovano, la parola data e le dimissioni

Le dimissioni da Sottosegretario all’Interno da parte di Alfredo Mantovano, ex Msi ed ex An, nonché esponente di primo piano di Alleanza Cattolica, sono state salutate da parte delle sinistre riunite, come tutto ciò che in qualche modo va contro Berlusconi e il governo, con commenti positivi. Sicuramente Mantovano non aveva bisogno delle unzioni morali degli avversari, false quanto le proverbiali promesse cretesi. La sua storia basta e avanza. E dico anch’io che la parola data da un uomo d’onore, quale un Sottosegretario è o dovrebbe essere, quale Alfredo Mantovano è, va rispettata. Tuttavia io non gli dico: bravo, così si fa!
Mi spiego. L’errore di Mantovano non è nelle sue dimissioni. Nella situazione in cui si era cacciato le dimissioni erano inevitabili. E gli auguro di avere in tempi futuri, non molto lontani, ricadute da questo suo gesto non solo di aumentato prestigio ma anche di più prestigiose cariche pubbliche.
Il suo errore sta nell’aver dato la sua parola che nella tendopoli di Manduria non sarebbero arrivati altri migranti oltre quelli che erano già arrivati.
Mantovano doveva sapere che l’Italia, in seguito alla crisi libica, è in una situazione disastrosa, imprevedibile, dagli esiti più vari. Il suo governo ha la gravissima colpa di non aver saputo evitare la crisi o di non averla gestita in modo che le conseguenze più nefaste ricadessero sull’Italia. Ed è paradossale che proprio un governo, in cui forte è la componente della destra più tradizionale, la destra missina e nazionalista, si sia comportato come il più pavido governo democristiano di stampo doroteo. Per giunta, il governo Berlusconi, per le note vicende giudiziarie, è ancor più impelagato in situazioni che definire inestricabili è come parlare per eufemismi.
Mantovano lo sapeva e lo sa meglio di altri. Ma, quando la situazione è grave, compromettersi in promesse di difficile mantenimento, o si pecca di ingenuità o si vuole imboccare la via dell’uscita, che nel nostro caso equivale alla diserzione. Mi dispiace dirlo: ma il gesto di Mantovano non può spiegarsi che in un contesto di diffuso malcontento e di comportamenti isterici, che serpeggiano ed esplodono negli ambienti della destra, nella consapevolezza diffusa ormai tra i suoi rappresentanti che i più genuini portati politici ed ideologici risultano negati o vanificati da fumose modernità. Il nazionalismo, inteso come rispetto della nazione e dei suoi interessi, va sapientemente adeguato ai tempi, non rinnegato.
Perché Mantovano non doveva promettere nulla, ma doveva limitarsi a fare opera di convincimento e di aggiustamenti in itinere, come poi in buona sostanza è accaduto con le fughe, consentite o meno, dei migranti dalla tendopoli? Perché lui sa che l’Italia non è la Germania o l’Austria e neppure la Svizzera. In quei paesi non si sarebbe mai permesso che un’invasione simile di stranieri si verificasse. Non a caso Berlusconi ha parlato di tsunami. L’Italia, e non solo per condizioni fisiche, si è trovata investita da questo tsunami umano come il Giappone da quello naturale.
In una situazione d’emergenza sono emerse tutte le approssimazioni e le improvvisazioni, tutti i difetti e tutti i possibilismi del nostro essere italiani. Siamo come la Torre di Pisa, bella e interessante perché pendente; fosse diritta, come una guglia gotica, varrebbe poco.
Noi non faremo mai come i francesi, che respingono i migranti; e non lo facciamo vuoi per indole umanitaria vuoi per una sorta di complesso che abbiamo nei confronti degli altri. Di fronte alla patente violazione da parte francese degli accordi di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini in Europa, nessun ministro o politico italiano, neppure delle opposizioni, dove ci sono i sedicenti depositari di tutte le virtù umane e politiche, ha alzato la voce per una condanna. Gli italiani, in genere, alzano tanto la voce tra di loro che quando la devono alzare contro stranieri l’hanno già persa.
Quanto allo spettacolo, davvero miserabile, offerto dall’Italia a Lampedusa, c’è solo da dire anche qui: è il “bello” dell’Italia! Non si può pretendere di diventare asburgici dall’oggi al domani, da borbonici e savoiardi che siamo stati. E, guarda caso, che proprio dal Lombardo-Veneto asburgico, oggi leghista, vengono le proposte più serie e più dure.
Il governo – avrebbe riconosciuto Mantovano, buon ultimo dopo i fli-fli di Fini – è troppo schiacciato sulle posizioni della Lega. Ma è questa una colpa? Io direi che oggi, al netto dei calcoli berlusconiani di tenersi buoni i leghisti, chi veramente ha un’idea di destra, dovrebbe fare come la Lega. Niente migranti in Lombardia? Allora, niente migranti in Puglia, in Campania, in Calabria, in Sicilia. Allora il governo si troverebbe schiacciato non sulle posizioni della Lega ma della Nazione.
Il gesto di Mantovano, perciò, nobile nella forma, è insignificante nella sostanza politica, mentre priva il governo di un’importante figura di uomo perbene. E questo è un danno, che avrebbe fatto meglio ad evitare al governo e al paese!
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