domenica 17 aprile 2011

Cambiare i libri di storia o la storia?

Recentemente esponenti politici, anche qualificati, del centrodestra sono tornati alla carica coi libri di storia, in particolare i manuali scolastici, che, a loro dire, sarebbero di sinistra e veicolerebbero propaganda contro la destra. Una propaganda tanto più efficace quanto più rivolta a giovani e spesso integrata da insegnanti di sinistra.
A me sembra un problema serio posto però in modo sbagliato. Anzitutto distinguerei il racconto storiografico dalle problematiche politiche e sociali attuali. Occorrerebbe mettere un limite al racconto storiografico, oltre il quale non è più storia ma attualità politica. Ma si può? Le case editrici, d’accordo con gli autori, specialmente in questi ultimi vent’anni, hanno voluto, invece, allungare il racconto storiografico “fino ai giorni nostri”, formula per legittimare incursioni nel dibattito politico attuale. Il vero problema è questo. E non mi sembra un gran problema. 
Quando si insiste sugli storici di sinistra o sui manuali scolastici di sinistra si abbaia alla luna. Non si può negare che con la sconfitta dei regimi totalitari, spesso degenerazioni dei governi liberali e borghesi dell’Ottocento, si è imposto nel mondo un indirizzo per così dire latamente di sinistra, recepito dal racconto storiografico. Simile racconto ha in sé dei messaggi educativi, tendenti a non far ripetere ai popoli e agli individui le stesse esperienze che caratterizzarono la prima metà del Novecento e furono sconfitte con la Seconda Guerra Mondiale. Sentiamo spesso elevare il valore della memoria ad impedimento a non commettere certi errori del passato, nella formula umanistica di historia magistra vitae. C’è una mobilitazione in questo senso, degna, in verità, di qualsiasi regime politico che voglia difendersi e perpetuarsi.
Contro un simile indirizzo storiografico non si può fare nulla. Non i libri, infatti, si tratterebbe di cambiare, ma la storia stessa; la qual cosa è assurda oltre che impossibile. Semmai dovrebbero essere gli insegnanti ad educare le giovani menti all’esercizio critico. Cosa che non accade, che anzi accade al contrario, perché la gran parte degli insegnanti di storia, essendo di sinistra, si appiattiscono su quello che racconta il libro ed anzi utilizzano i fatti dell’attualità per stabilire improbabili rapporti con gli eventi del passato. La domanda di attualizzare il racconto storiografico fino ai giorni nostri viene proprio da docenti militanti. In questo senso manuali ed insegnanti trasformano la disciplina della conoscenza storica in indottrinamento vero e proprio.
L’obiezione che ci sono anche insegnanti di destra è debole, perché, a parte che ce ne sono pochi, perché la stagione dell’uva non è la stessa del grano, voglio dire che se nella prima metà del Novecento erano di più quelli di destra, nella seconda metà sono diventati di più quelli di sinistra, quei pochi che ci sono devono stare attenti perché le leggi dello Stato in materia di fascismo, nazismo, razzismo, shoah e quant’altro, impediscono libertà di critica. Anche qui, benché in democrazia, sono stati predisposti strumenti giuridici di difesa né più né meno di qualsiasi altro regime politico.
Si dice: ci sono autori di storia che sconfinano nella politica. Questo è vero. “Guida alla storia” di Giardina-Sabbatucci-Vidotto, per esempio, della Laterza, spiega Berlusconi come uno che lega la sua popolarità “ai suoi successi di imprenditore fattosi da sé e sull’appoggio esplicito e implicito delle sue reti televisive”, al fatto di essere proprietario del Milan, “la società di calcio più forte del momento”, e subdolamente illustra la pagina con un Silvio Berlusconi che guarda Silvio Berlusconi mentre si rivede in uno spot televisivo. Tecniche di propaganda pura. “Codice storia” di De Luna-Meriggi-Tarpino (Paravia) insiste sul fatto che Forza Italia è il “partito istantaneo…costruito con stupefacente rapidità da Silvio Berlusconi, proprietario della Fininvest (il più grande gruppo editoriale e televisivo italiano)”, che nel 1994 ben 50 parlamentari berlusconiani vengono da Publitalia “l’azienda del gruppo Berlusconi che gestiva le entrate pubblicitarie”. Non sono che degli esempi. Non tutti, evidentemente, nascondono la propaganda nelle informazioni. “I giorni e le idee” di Feltri-Bertazzoni-Neri (SEI), pur allungando il racconto ai giorni nostri, si limita ad un’esposizione assolutamente asettica e lineare, in cui il lettore non trova nulla né di compiacente né di irritante.
Qui non si tratta di verificare se le notizie fornite dal manuale sono vere o false. Sono vere, ma selezionate, impaginate e proposte in modo strumentale. Su questo non c’è dubbio alcuno. Bisogna sempre diffidare delle ovvietà, delle apparenti inutilità. La domanda che occorre porsi, infatti, è perché uno strumento di studio, com’è un libro di testo scolastico, fa una cosa superflua, aggiungendosi ai tenta media che quotidianamente forniscono le stesse informazioni attingendole dal dibattito politico. La risposta è che attraverso un libro scolastico si amplia l’area di diffusione di certe argomentazioni politiche e nello stesso tempo si conferisce crisma di verità alle stesse.
E’ questo che il centrodestra contesta. Ma che cosa si può fare a parte il rumore, che già di per sé pone il problema? Nulla, perché non si può imporre né agli autori né alle case editrici né agli insegnanti limiti e modalità di trattazione della disciplina. Agli autori si può far capire che la storia non può essere ridotta ad ancilla ecclesiae, quale ne sia la natura. Agli insegnanti si può solo, o da parte degli studenti o da parte delle famiglie, chiedere che stiano attenti a non scegliere manuali a rischio, che in classe non si producano in discorsi propagandistici per non turbare la serenità del processo educativo e il rapporto di fiducia che hanno con gli studenti, che evitino di creare incidenti che vanno a nocumento della scuola. Per il resto le cose non possono andare che così. Ieri c’erano i manuali di Pietro Silva e di Gioacchino Volpe, oggi quelli dei Giardina e dei Camera-Fabietti. I signori del centrodestra fanno prima a cambiare la storia, come del resto hanno già iniziato a fare. E tra qualche anno saranno gli altri a lamentarsi.
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