domenica 16 gennaio 2011

Giustizia e Berlusconi: il morbo infuria

All’indomani del terzo rigetto del lodo sul legittimo impedimento da parte della Corte Costituzionale, ipocritamente interpretato da ciascuno come un successo della propria parte politica, Berlusconi ha ricevuto l’ennesimo avviso di reato. Una coincidenza da traffico ferroviario elvetico. Questa volta, tanto per cambiare, è accusato di prostituzione minorile con una coda di altri non meno gravi reati. Una vicenda da film-panettone, con Lele Mora per regista ed Emilio Fede aiuto, non per caso avvisati di reato anch’essi. Non stiamo scherzando. Dalla Noemi/Papi alla Ruby/Bunga-Bunga il Paese è tutto un set cinematografico sotto gli occhi del mondo intero.
Benché ormai questa schifosissima minestra ci venga propinata da sedici anni, mattina, mezzogiorno e sera, lo stomaco non si è assuefatto; e viene da vomitare ogni volta. Non è solo imbarazzante; è intollerabile! Usare anatemi, appellandosi all’etica e alle pubbliche virtù, che in questa nostra terra vigono dai tempi della Roma più antica, è come dichiarare il fallimento di una millenaria civiltà, che dimostra di non avere più strumenti di difesa.
Il ruolo di Presidente del Consiglio espone inevitabilmente al pubblico. Né Berlusconi né altri per lui possono perciò eccepire la privacy. Non c’è vita privata che tenga per uno che ha il ruolo di guida di una nazione. Si può solo negare la materia dell’accusa. E questo fanno l’interessato e i suoi legali, per i quali fino ad oggi ha speso trecento milioni di Euro. Ipse dixit.
Per comodità di ragionamento diamo per vero tutto quello che si dice di lui, e che lui stesso in parte non nega. Un cittadino che si rispetti, però, che abbia un minimo di pensiero critico e che ha il diritto di influenzare col voto la vita del Paese, non può fermarsi all’indignazione, gratis e scontata come l’olio santo; ha almeno tre tappe mentali da percorrere.
La prima è che Berlusconi espone il Paese al ludibrio internazionale per vizio; la magistratura italiana lo espone all'ammirazione per virtù. Pare che il vizio dell’uno e la virtù dell’altra siano irrinunciabili. Ma chi fa la peggiore figura è quella parte maggioritaria del popolo italiano, che, puntualmente, nonostante tutto, vota Berlusconi. Sicché il vizio ricade sulla parte che lo difende e lo vota, la virtù sulla parte che lo denuncia e lo combatte. Saranno pure esemplificazioni, queste, ma tant’è: viziosi contro virtuosi. Una simile divaricazione è fuorviante e inaccettabile.
La seconda è che chi sta con Berlusconi non può assumersi la parte del vizio così, sic et simpliciter. Prima di tutto ha il diritto di chiedersi perché tanto accanimento giudiziario nei confronti di Berlusconi, che, vizi personali a parte, interpreta il pensiero politico e le esigenze di milioni di cittadini, rappresenta il Paese ai massimi livelli internazionali al punto che i suoi successi personali sono anche i successi del Paese Italia. Siccome non stiamo parlando solamente di donnette che si appassionano al “Grande Fratello” e si commuovono partecipando alle gare di “Amici”, ma anche di persone che sanno perfettamente come sono andate e come vanno le cose in Italia, ecco che non è irrilevante una videata sulla magistratura virtuosa. La lentezza, per non definirla diversamente, della magistratura italiana è proverbiale nel mondo quanto gli spaghetti e la pizza. Stupisce, invece, che nel caso di Berlusconi sia così solerte, puntuale e continua al punto da configurarsi come un Tribunale Speciale. E’ altrettanto provato, inoltre, quanto e più delle scorribande erotiche di Berlusconi, che una cospicua parte della magistratura viene da una formazione comunista e che da sempre si sente milizia al servizio di quel partito comunista o di quel che resta, che nelle intenzioni doveva conquistare il potere per l’autentica liberazione del Paese. Questa magistratura deve il posto che occupa a quel partito. Si sa che il Partito comunista aveva le sue scuole di formazione che preparavano ai concorsi per entrare in magistratura; ne aveva altre con lo stesso obiettivo: occupare posti di dirigenza in ogni altro settore della vita pubblica. Era la strategia della rivoluzione strisciante, dopo che era stata abbandonata, perché non praticabile, quella violenta e d’impatto. Queste cose oggi sembrano fantapolitica. Invece sono cose ovvie, scontate, banali. I partiti politici – e il Partito comunista era il più Partito di tutti, non per niente il suo segretario era detto il Migliore – conquistavano consensi attraverso l’occupazione di centri dirigenziali e decisionali a tutti i livelli. Stupisce come una simile lettura venga rifiutata, quando è sufficiente prendere un qualsiasi manualetto di politica o di storia dell’Italia della seconda metà del Novecento per illuminarsi sulle tecniche usate dai partiti per conquistare il consenso. Ciò non significa che la magistratura militante avvii l’azione giudiziaria contro Berlusconi quando viene a conoscenza di un reato che lo riguardi, peraltro c’è l’obbligatorietà dell’azione penale, solo per impegno politico; significa semplicemente che essa avvia il procedimento giudiziario anche quando sa perfettamente che non porta ad alcun risultato concreto, solo per infliggere un colpo all’immagine di Berlusconi, costringendolo a ricorrere agli avvocati, ad impedirgli di governare con efficacia. A questa magistratura non importa tanto condannare Berlusconi nell’immediato, quanto continuare a tenerlo sotto scacco, impedirgli di far politica sotto l’assedio giudiziario; gutta cavat lapidem dicevano i latini. Tutto questo ormai è così evidente che non c’è persona di medio-bassa intelligenza che non lo abbia capito. Questa magistratura è il braccio giudiziario di una parte politica, nella fattispecie del centrosinistra. Negarlo estende la malafede anche dove non c’è.
La terza tappa è squisitamente politica. Chi sta nel centrodestra si indigna delle stravaganze di Berlusconi né più né meno di chi sta nel centrosinistra. Lo schifo – stavo per dire un’altra cosa – è schifo per tutti. Ma se uno sta dalla parte di Berlusconi è per ragioni politiche, perché ne condivide in tutto o in parte l’azione politica, si riconosce in tutto o in parte nella sua visione delle cose pubbliche. E aggiungo: si rende ben conto che né nel centrodestra né tanto meno nel centrosinistra ci sono al momento alternative a Berlusconi. Sicché piuttosto che abbattere una realtà, che pur non piace per certi aspetti ma non ha un minimo di alternativa, preferisce un governo che governi pur che sia nella speranza che nel frattempo maturino nuove situazioni politiche, nella direzione politica evidentemente auspicata, ma qualitativamente migliore e soprattutto più decorosa.
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