domenica 5 dicembre 2010

Scuola: una riforma che non s'ha da fare!

“Mio caro, ho ricevuto, finalmente, oggi, la tua amatissima cartolina, alla quale m’affretto a rispondere prima che tu parta per Torino. Qui a Napoli, noi, studenti Universitari, siamo in sciopero da circa una settimana…”.
No, la cartolina sulla quale si leggono queste parole non è stata spedita in questi giorni di recrudescenza studentesca. In prosieguo di testo, si legge: “…per la Riforma Gentile, che va mano mano applicandosi. Sono successi parecchi incidenti tra studenti fascisti e non fascisti: ci sono stati 5 o 6 feriti. Non saprei dirti il giorno della riapertura: oggi il Rettore convoca il Senato Accademico per prendere qualche disposizione a riguardo”.
La data è il 20 gennaio1925, diciassette giorni dopo il fatidico discorso alla Camera del 3 gennaio, quando Mussolini si assunse tutte le responsabilità del delitto Matteotti e diede inizio alla dittatura fascista. Non so se mi spiego! Gli studenti universitari manifestavano anche durante il fascismo, benché non ancora regime, e sempre per una riforma. E che riforma!
Nei miei cinquant’anni di scuola, da studente e da insegnante, non ricordo ministro della pubblica istruzione che non sia stato bersaglio degli studenti e della stampa avversa, spesso con epiteti gratuitamente e sommariamente ingiuriosi. Ricordo, tra i primi che mi vengono a mente, Riccardo Misasi trasformato in Misasino, Franca Falcucci in Falciucci, lo stesso Luigi Berlinguer in copertina di un settimanale di destra con le orecchie d’asino, il povero Tullio De Mauro in pubbliche lacrime, fino alla Gelmini nell’immaginetta della “Santa Ignoranza”, forse per quel volto di santarellina. Le riforme, poi, sempre ferocemente avversate. Il ’68 in Italia ebbe la sua causa scatenante nella riforma del Ministro Luigi Gui. Inutile tirarla oltre: lo sanno tutti, in Italia non si può fare mai una riforma, men che meno quella della scuola o dell’università. Gli italiani si sentono tanto commissari unici della nazionale di calcio quanto esperti di cultura e di organizzazione dell’istruzione ad ogni livello e grado. Hanno bisogno di criticare, essere contro. E’ per loro imprescindibile. Allora, guai a toglier loro la materia dell’avversare!
Tutti sono riformisti a chiacchiere, poi sacrificano ogni importante riforma alla ragion politica del momento; un po’ perché non si dicesse che la riforma l’ha fatta la parte politica avversa e un po’ perché sono nella sostanza decisamente conservatori. Intendiamoci, lo fanno sia quelli di destra nei confronti dei governi di sinistra, sia quelli di sinistra nei confronti dei governi di destra.
Con la riforma Gelmini è successo, però, un fatto nuovo o quasi. Buona parte della stampa, anche di quella che non fa sconti al governo in carica, l’ha valutata positivamente, sia pure senza molti entusiasmi. Ciononostante si sono viste cose turche, con leader anche attempati salire, tanto rischiosamente quanto comicamente, sui tetti a manifestare con gli studenti, dando chiara e netta la sensazione che la riforma universitaria era solo un pretesto.
Ora, le manifestazioni studentesche sono le più facili da organizzare. In genere vengono fatte da eserciti di ragazzi che partecipano in maniera acritica perché l’età e le circostanze fanno loro approfittare di giornate festose, graziosamente giustificate. Gli organizzatori sono sempre gli studenti più svogliati, quando non si tratta di agitatori che fanno le prime prove politiche a scuola. Le stesse che dal ’68 in poi sono state istituzionalizzate, attraverso assemblee di classe e di istituto, elezioni scolastiche, partecipazione ai consigli d’istituto, che hanno sottratto tempo prezioso alle attività didattiche, e alla fine, in virtù del loro ruolo gli organizzatori se la cavano con abbuoni vergognosi. Per dirla papale papale: c’è chi consegue il titolo di studio senza mai aprire un libro, per premio alla carriera. E’ accaduto che siano diventati perfino professori universitari.
Ciò detto, va aggiunto che gli studenti a volte hanno validi motivi predisponenti. Il più importante dei quali, oggi, è il difficile inserimento nel mondo del lavoro dopo aver conseguito la laurea. Questa difficoltà, che oggi più che in qualsiasi precedente situazione ha i caratteri della disperazione, crea negli studenti, specialmente in quelli più politicizzati o variamente ostili a Berlusconi, visto come un Paperon de’ Paperoni vizioso e sporcaccione, uno stato d’animo di rabbia, per cui non si riflette tanto sui contenuti della riforma quanto sull’inanità dello studio.
Ad essi si aggiungono i politici interessati e ovviamente i docenti, i quali dalla riforma Gelmini sono minacciati nei loro privilegi.
Non sono cose da poco. Spesso, nel regno dell’intellettualità, vivono contraddizioni spaventose. Volterriani a parole, di una intolleranza incredibile nei comportamenti e nei fatti. E’ inutile che io stia qui a citare le aberrazioni di sedi universitarie proliferanti di docenti che ricordano i nobili della corte di Versaglia, di cattedre inventate, di concorsi fasulli, di docenti senza alunni e produttori di nulla, di ricercatori che non ricercano e via di seguito, tutta gente che prende il suo bravo e congruo stipendio e si fregia dei simboli accademici. Questa gente a parole è per la riforma, perché riforma è bello. Come ogni brava persona è per il rispetto del padre e della madre, così non si bestemmia la riforma. Nei fatti, però, questa gente si arrocca e minaccia sfracelli appena sente il fiato sul collo di un qualche cambiamento.
Gli studenti avrebbero ragione di ribellarsi, di salire sui tetti e magari di sfondarli, ma non a difesa della conservazione, bensì contro. E invece, che fanno? Si lasciano strumentalizzare e inconsapevolmente fanno gli interessi dei loro parassiti. I mass media fanno il resto, esibendo nelle loro vetrine mediatiche gli improvvisati masanielli del libro e del libretto, i futuri Capanna, i quali durano la breve stagione delle cicale. Intanto i loro bravi benefici li avranno, mentre gli altri, gli anonimi, potranno sempre dire: io c’ero! Storie viste e riviste, senza che avessero insegnato mai nulla. La riforma non s’ha da fare, viva la riforma!
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