domenica 7 novembre 2010

Berlusconi, l'immoralista necessario

Ha scritto Ernesto Galli Della Loggia nel suo ultimo libro, Tre giorni nella storia d’Italia, che “Nell’Europa di oggi è più facile, in generale, parlare di Hitler che di Berlusconi: i rischi sono assai minori”; ed ha aggiunto, quasi conscio della colossale minchiata detta: “Non credo di esagerare”. Che lo racconti agli Ebrei, allora!
Non c’è dubbio alcuno che gli scandali, sommati ai processi, che hanno investito Berlusconi in sedici anni di vita politica sono tanti e tali da rendere il suo nome metafora di frivolezza, di corruzione, di spregiudicatezza o, come dice Bill Emmott, ex direttore di “Economist”, autore del recente libro Forza, Italia. Come ripartire dopo Berlusconi, inadeguatezza; benché gli scandali non abbiano mai “varcato” la soglia della sua stanza da letto e i processi, riguardanti tutti presunti reati compiuti prima della sua scesa in politica, si siano rivelati in gran parte aggressioni giudiziarie.
Alcune sere fa, Ferruccio De Bortoli, direttore del “Corriere della Sera”, intervistato da Daria Bignardi su “La 7” nel corso della trasmissione “Le invasioni barbariche”, ha affermato che scandali e processi hanno nascosto le cose buone che ha fatto il governo Berlusconi, tenendo a sottolineare che di cose davvero buone ne ha fatte e ne sta facendo.
Siamo in presenza di un inedito fenomeno politico. Un capo di governo che sa governare il Paese, capace di amministrare anche, ma non sa governare se stesso, la sua persona, la sua intimità. E’ indubbio che i suoi comportamenti, extragovernativi, creano imbarazzo e disagio in chi sta dalla sua parte politica; indignazione e rabbia in chi sta dalla parte dei suoi oppositori; offendono il Paese intero.
E tuttavia Berlusconi sale e guadagna punti in consenso. Oliviero Toscani, il famoso fotografo, dice che questo accade perché il popolo italiano è un “popolo bue” e che quelli che stanno con Berlusconi sono “italioti” e, usando un epiteto inventato prima che arrivasse Berlusconi con le sue televisioni da Gianna Preda, la famosa giornalista de “il Borghese”, “videoti”; insomma una componente inferiore del variegato popolo italiano. Lo stesso Eugenio Scalfari, dal suo cogitatorio domenicale de “la Repubblica”, è dello stesso avviso, spostando a dieci anni prima del 1994 la nascita del popolo italiota, a “quando ebbe inizio l’ascesa televisiva della Fininvest e l’incubazione del berlusconismo nelle vene della nazione”. Dimentica Scalfari. C’è un oblio diffuso in Italia, che non dipende solo dalla vecchiaia, ma da una propensione a ricondurre tutto all’hic et nunc, che serve a rendere più forte e sensazionale la polemica.
Sul versante antiberlusconiano c’è un’Italia che, par di capire, non ami Berlusconi a tal punto che non prende nemmeno in considerazione le cose buone che fa il suo governo, che perfino non considera, perché le sue “porcherie” fanno aggio su tutto. Anzi, per questi italiani, il governo Berlusconi non esiste; e si aggiungono, ultima varietà, alla sempre più folta e variegata schiera dei negazionisti.
Berlusconi, dunque, no, perché è uno sporcaccione, perché ricchissimo ed ostenta in maniera pornografica la sua ricchezza, fa un po’ schifo quando si mette con ragazzine; ed aggiungiamo pure altro, ci sta tutto, il suo è un sacco capiente.
Ma, siccome stiamo parlando di reggere le redini di una nazione, ci dobbiamo sì o no chiedere se esiste una concreta, reale alternativa, non tanto a Berlusconi quanto alla sua maggioranza? Un’alternativa che, ovviamente, non abbia i caratteri di altra immoralità e che abbia le stesse capacità di governo che – negazionisti a parte – il suo governo ha dimostrato di avere?
Non occorre molta intelligenza per rendersi conto che un’alternativa senza le forze politiche che costituiscono l’attuale maggioranza, non esiste; e ciò a prescindere da ogni considerazione morale o politica.
Per formare un ipotetico governo tecnico, invocato un giorno sì e l’altro pure, bisognerebbe mettere insieme un nuovo “arco costituzionale” da Vendola a Fini, comprendendo tutta l’umanità politica che sta in mezzo. Se questa può essere una concreta proposta politica ha ragione chi, alla domanda a chi va il suo consenso, senza stare lì a fare le elucubrazioni di Scalfari e dopo essersi premunito di farmaci antivoltastomaco, dice Berlusconi. Siamo tornati in Italia al famoso invito di Indro Montanelli, quando diceva: turiamoci il naso e votiamo Democrazia cristiana; che non è certo una gran bella cosa. Con la differenza che ai tempi di Montanelli alternative erano possibili ma improbabili, stanti in piedi la guerra fredda e il Muro di Berlino. Era possibile, infatti, un’alternativa di sinistra con comunisti e socialisti, ma questo non lo consentiva la posizione italiana nell’equilibrio degli schieramenti internazionali.
Stiamo, dunque, oggi peggio di prima sotto il profilo della reale possibilità di avere un’alternativa a questo governo presieduto da Berlusconi. Al quale va ascritto anche, tra le tante colpe, quella assai più grave, perché meno appariscente, di una corruzione italiana o italiota esistente da sempre e incancrenita da quando c’è la repubblica democratica fondata sui partiti, ossia la corruzione, metastasi pervasiva dell’organismo statale, sociale e nazionale. Pochi giorni fa è stato annullato il concorso per notai perché la traccia della prova scritta era già nota ai soliti “informati”. Si pensi! I notai, i custodi della legge che scadono in una combine da mafia, che in radice nascono come violatori o elusori della legge!
Il vero grande immondo scandalo che ammorba l’Italia è quello che per cinque posti di lavoro si presentano migliaia di candidati, per poi rinunciare perfino a presentarsi alle prove convinti che quei posti sono stati già assegnati. Gli italiani o italioti che siano, fessi comunque no, quando dicono: siamo con Berlusconi, lo dicono pure perché sono contro i suoi oppositori, che, quando non sono degli incapaci, sono dei complici di chi trucca i concorsi, di chi lascia crollare i monumenti, di chi non sa arginare gli straripamenti e gli smottamenti, di chi non riesce a garantire un'istruzione adeguata alla futura classe dirigente, di chi non sa gestire nemmeno la sua monnezza: un’Italia che l’immoralista Berlusconi non ha creato davvero, ma ereditato dai soliti immarcescibili moralisti.

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