domenica 14 novembre 2010

Morire per un cane è peggio che morire come un cane

Una volta si moriva come un cane. Tempi barbari, direbbero gli animalisti. Per i cani e più in generale per tutti gli animali non c’era alcun rispetto. Il primo moto istintivo era di ammazzarli quando non erano utili all’uomo. In tempi più recenti molti animali sono stati utilizzati per ricerche ed esperimenti; i cani, vivisezionati, addirittura per cosmetici e profumi. Che, a considerare, è il massimo dell’egoismo umano: dalla vita animale trarre prodotti per deliziarsi. Non voleva dire proprio questo il Signore Iddio quando diede all’uomo il dominio su ogni essere vivente.
E vada per i serpenti e per i topi, gli uni perché viscidi, gli altri perché schifosi; entrambi irritanti. Ma per le lucertole? Da bambini le catturavamo con delle erbe filamentose, dette perciò mpicasarvìche (impicca lucertole), con cui facevamo dei cappi; poi le appendevamo e ci esercitavamo al tiro al bersaglio con arco e frecce, che ricavavamo da ombrelli rotti. Infilzavamo le cicale con tecniche turche per vederle partire come un razzo per l’ultimo volo e andare a sbattere contro il primo ostacolo e morire. Catturavamo gli uccelli con le tecniche più varie e più crudeli. Il massimo della nostra gioia era prendere a mamma cu tutti i curciùli (la passera con tutti i passerottini). Giochi da ragazzacci discoli, si dirà.
E gli adulti? Ancora oggi catturano e uccidono animali per le loro pelli. Ancora oggi studiano tecniche e veleni per combattere certi insetti, dannosi e fastidiosi, che pure animali sono. L’ultima trovata è la racchetta elettrica per intercettare le “povere” zanzare, un pendant della sedia elettrica per gli uomini. Va ad aggiungersi agli stermini di massa, ai genocidi dei gas asfissianti, ai pesticidi. Roba da fare invidia alle malanime di Hitler e di Saddam Hussein. Chissà che cosa non si darebbe oggi per trovare un antidoto contro il punteruolo rosso che sta distruggendo le palme e i nostri paesaggi urbani! E’ brutto a vederlo e soprattutto dannoso, d’accordo, ma è pur sempre un insetto, un animaletto.
Ironia a parte, ancora non siamo entrati nella fase del rispetto totale per tutto ciò che vive. Forse arriveremo. Per ora, siamo ad una più sensibile selezione rispetto a ieri. L’uomo conserva l’istinto primordiale di aggredire gli animali e ucciderli per paura di essere a sua volta attaccato, ma anche per gioco e divertimento. Istinto che ancora oggi lo spinge ad eliminare tutti quegli animali che non solo non gli sono utili, ma gli sono importuni, il più delle volte insetti, mosche e formiche.
Viviamo, tuttavia, un’inversione di tendenza. Cani e gatti, anche quando non hanno un’immediata utilità, sono sempre più membri della famiglia. I cani soprattutto, perché i gatti sono più indipendenti e insofferenti. I cagnolini sono trattati come bambini, coi loro vestitini, le cuffiette, gli impermeabili, le pelliccette. Morti, vengono clonati e addirittura viene loro lasciata l’eredità a testamento. Sono come status symbol di cultura, di benessere, ma anche – diciamolo pure – di indiretta professione di disprezzo per gli uomini. Io non dico: non amo gli uomini, anzi li odio; ma dando ad un cane tutto l’affetto e perfino l’eredità, lancio un messaggio ben preciso: preferisco gli animali agli uomini. Che è tutto dire. Ci sono vecchiette che altra compagnia non hanno che il proprio cagnolino, mentre i figli sono sempre più indifferenti e lontani. Ci sono giovani che gioiscono quando è finalmente un cane che maltratta l’uomo.
Ora c’è una legge anche in Italia che chi investe un cane ha l’obbligo di prestargli soccorso né più né meno che se fosse una persona. Una delle tante leggi nate all’estremità nord dell’Europa ed estese alla sua estremità sud, dove molto spesso non si presta soccorso neppure alle persone e per il soccorso agli animali non c’è neppure l’ombra di una struttura. La conseguenza è che ci sono in giro frotte di cani randagi. I casi di cani che sbranano bambini e vecchiette si sono moltiplicati. Le piazze e le vie dei nostri paesi ne sono piene, di ogni razza e taglia. Interagiscono ormai con le persone e le cose urbane. Ai rintocchi delle campane alzano al cielo la testa e rispondono ululando come lupi mannari alla luna; spesso fanno da battistrada o d'accompagnamento ai cortei funebri. Difendono da altri cani il loro territorio, in battaglie a volte ferocissime, che nulla hanno da invidiare a quelle epiche di Poitier o di Lepanto degli eroi cristiani.
Un po’ volenti e un po’ nolenti oggi abbiamo un diverso rapporto con gli animali. Una diversa sensibilità ha coinvolto tutti. Oggi nessuno si sognerebbe di attaccare una lattina alla coda di un cane per vederlo volteggiare come una trottola alla ricerca di liberarsi mordendosi la coda. Oggi gli animali hanno le loro istituzioni umane a difenderli. Esse intervengono in favore delle volpi cacciate in Inghilterra, dei cavalli lanciati al Palio di Siena, dei tori matadi nelle corride in Spagna, delle balene catturate nei mari del Giappone, dei cavalli frustati a sangue nelle fiere paesane in gare di tiro. Non si tollera più che si faccia del male ad una bestia per un motivo qualsiasi o addirittura senza alcun motivo. E’ segno di civiltà, non c’è dubbio.
Corriamo il rischio, però, di creare un rapporto con gli animali su basi sbagliate, il più delle volte su arrangiamenti e compromessi, da una parte una legge, pensata in una certa realtà socio-economica, dall’altra la realtà che non ne consente l’applicazione. Qui c’è gente che porta il cane fuori per fargli fare i suoi bisogni, lasciati poi lì, nella totale incuranza di leggi e di elementari opportunità di igiene. Vengono lasciati incustoditi cani pericolosi, che aggrediscono i passanti; oppure cagnolini che possono essere investiti e uccisi da un’auto di passaggio.
Recentemente a Milano un povero tassista è stato ucciso per aver investito un cagnolino. In tre lo hanno pestato e ridotto in fin di vita; poi difatti è morto. Non è morto come un cane, è morto per un cane. E’ il segno dei tempi. Nell’episodio c’è tutta la condizione di un’umanità, che, mentre si arricchisce per un verso s’impoverisce per un altro. Se la vita di un cane vale più di quella di un uomo, vuol dire che l’uomo è in grave confusione e disordine; sta scadendo pericolosamente al di sotto di un cane.
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