domenica 5 settembre 2010

L'Islam, il cristianesimo e l'adulterio

Vivo in un paese sconvolto, or sono tre anni, da un caso tremendo di adulterio da parte di una donna accusata di aver provocato la morte del marito. Processata e giudicata colpevole, è stata condannata all’ergastolo. A parte una sparuta fiaccolata in sua difesa, per lo più d’iniziativa parentale, non c’è stato altro. Nessuno si è sognato di manifestare a nessun livello per abolire l’ergastolo e chiedere l’immediata scarcerazione della donna; nessuno a protestare la sua innocenza. Nessuno né in Italia né tanto meno nel mondo ha eccepito che l’ergastolo è una pena disumana, nessuno si è preoccupato della figlioletta, priva del padre morto e della madre condannata a vita a stare in carcere. Eppure non c’è a chi non balzi chiara come la luce del sole la disumanità della condizione di orfanità di legge, a cui è stata condannata un’innocente bambina, della condizione di perdita della propria figlia a cui è stata condannata una donna pur considerata colpevole. Eppure in Italia siamo in stragrande maggioranza cristiani. Gli uomini non hanno certe sensibilità, va bene. Ma le donne? Esse – si sa – sono implacabili nel condannare i vizi muliebri quando sono le altre ad esercitarli e se scoperte. Per il resto nella migliore delle ipotesi c’è il confessionale, dispensatore della rinomata candeggina usa e getta dei pater noster ed ave marie.
Vicenda identica è quella recente di una donna iraniana, accusata di aver ucciso il marito per meglio stare con l’amante e condannata alla lapidazione. Con la differenza che questa è rea confessa, mentre la donna italiana ha sempre respinto l’accusa di aver ucciso il marito. Nessun dubbio ha manifestato l’opinione pubblica sulla colpevolezza dell’italiana; certezza assoluta sull’innocenza dell’iraniana, che avrebbe sì confessato ma sotto tortura.
Due casi, insomma, paralleli. Ma per la donna iraniana si è scomodata l’Europa intera, con in testa la Première dame francese, Carla Bruni, moglie del Presidente Sarkozy, novella Marianne planetaria che rivendica i diritti di prostitute e terroristi. Sulla facciata del Campidoglio, a Roma, una gigantografia della donna iraniana campeggia per sensibilizzare l’opinione pubblica contro la barbara giustizia islamica e mobilitarla per la sua liberazione. Dappertutto in Europa si chiede la liberazione della donna, si dice che è innocente, si protesta per la barbarie della pena.
Quel che non ha fatto per la donna cristiana, l’ipocrisia occidentale lo sta facendo per la donna islamica. La povera cristo della porta accanto neppure è considerata, quella lontana migliaia di chilometri diventa una bandiera. Una disparità spaventosa. Si capisce perché: l’una non produce nulla; l’altra fa notorietà, fama, passerella, visibilità mediatica, successo, immagine, tendenza. Mettiamo quel che vogliamo. Sulla croisette dell’ipocrisia sfila di tutto.
Si può discutere sulla maggiore o minore disumanità di una pena rispetto ad un’altra, dell’ergastolo rispetto alla lapidazione, ma non si possono discutere due cose. La prima è che un’assassina, riconosciuta tale, va comunque condannata ad una pena. Non sarà l’ergastolo, non sarà la lapidazione, ma una pena certa la deve scontare.
Seconda, ogni Stato sovrano ha le sue leggi. Gli stati islamici hanno o non hanno il diritto di avere le proprie leggi? Il mondo occidentale, in gran parte cristiano, lo afferma per via di principio, ma lo nega nei fatti. C’è una certa Europa che nega perfino di avere radici cristiane per non offendere le altre religioni e in particolare l’islamica, che è assai temuta, ma poi interferisce pesantemente quando l’islamismo dispiega la sua forza e la sua coerenza per applicare le sue leggi.
L’islamismo, religione dalla quale noi europei mediterranei siamo in qualche modo lambiti, è ben più rigoroso del cristianesimo. Se l’islamismo esercita un certo fascino è proprio per il suo rigore. Nelle regioni più influenzate, come la Sicilia, lo si vede. Certe cose bisogna pur dirle.
Non solo la Sicilia. Spesso si parla dell’influenza islamica su Dante e la Divina Commedia, ma gli esegeti si fermano agli aspetti più storico-culturali, mai scendendo in profondità. Si cita il Libro della Scala, un testo arabo dell’VIII secolo, in cui si parla del viaggio di Maometto nell’oltretomba accompagnato dall’arcangelo Gabriele. Da una lettura più approfondita di Dante si scoprirebbe, invece, che il divin poeta per qualche aspetto è più islamista che cristiano. L’adulterio dalla legge islamica è punito con la lapidazione. E’ di tutta evidenza la legge del contrappasso: al piacere provocato dalle carezze, dolcezze e mollezze degli amanti si contrappone il dolore dei colpi di pietra sul corpo, torturato e lacerato. E Dante come punisce gli adulteri? Esattamente così, limitandosi a rovesciare le parti: non le pietre che vanno a colpire gli adulteri ma gli adulteri che vanno a sbattere sulla pietra trascinati dalla “bufera infernal che mai non resta”: “Quando giungon davanti a la ruina, / quivi le strida, il compianto, il lamento; / bestemmian quivi la virtù divina / Intesi ch’a così fatto tormento / enno dannati i peccator carnali, / che la ragion sommettono al talento” (Inf., V, 34-39). Fra i peccatori incalliti, Semiramide e Didone, Elena e Cleopatra, Paride e Tristano, troviamo anche i poveri occasionali Paolo e Francesca, quelli che fanno piangere e svenire Dante per il dolore, quelli che erano prigionieri della legge, secondo la quale “Amor, ch’a nullo amato amar perdona”. Ma Dante è inflessibile. Pur comprendendoli, li condanna a siffatta pena. L’unica differenza tra Dante islamista e Dante cristiano è che ogni operazione di pena il Dante cristiano la demanda a Domineddio nell’oltretomba, mentre, come si sa, gli islamisti provvedono al fai da te terreno. E ovviamente Dante, da cristiano, crede nel pentimento e nel purgatorio. Ma crede anche nella esemplarità della pena: gli altri devono vedere e imparare! Che cosa gli sarebbe costato immaginare che i due amanti prima di esalare l’ultimo respiro si fossero pentiti, come farà per lo svevo Manfredi? Niente, ma volle che gli amanti sapessero: chi sbaglia deve essere punito, senza pietà e misericordia. Dante corresse così anche Gesù Cristo, che convinse a sospendere la lapidazione della prostituta con una delle sue più celebri trovate: chi è senza peccato scagli la prima pietra. E Dante di peccati “petrosi” ne aveva che ne aveva!
[ ]

3 commenti:

  1. Gigi,

    max rispetto per l'analisi coraggiosa.
    Ma:
    - Dove c'è la Sharia il tempo si è fermato, in modo proporzionale alla sua applicazione. In paesi come l'Iran succede oggi quello che succedeva in Europa nel medioevo. Probabilmente la democrazia e l'istruzione portano all'eliminazione di questi comportamenti e la Sharia le ostacola entrambe.
    - E' vero che ogni stato è sovrano ma è anche vero che per qualche motivo noi occidentali e democratici pensiamo al "bene comune" e ci aspettiamo dai nostri politici/figure pubbliche che agiscano di conseguenza (cosa di per se opinabile). E' altrettanto vero che essendo noi attualmente terre di immigrazione, tali problemi ce li ritroviamo dentro casa...ergo cercare di cambiare le cose a monte avrebbe piu senso che "rinforzare i confini".

    Ciao! :-)
    Andrea

    RispondiElimina
  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  3. Caro amico,
    leggo solo ora il tuo commento. Ti ringrazio. Brevemente: in genere ci muoviamo su due piani nel nostro pensare e agire: uno ideologico e l'altro politico. Su quello ideologico penso anch'io che non si debba parlare mai di pena di morte. Su quello politico, non si può non osservare come il nostro Occidente pensi ed agisca in maniera contraddittoria e ipocrita. E' contro la lapidazione minacciata dell'adultera-assassina iraniana e poi non dice nulla contro l'eseguita condanna a morte dell'adultera-assassina-disabile mentale americana. Bisognerebbe, quanto meno, riflettere sul baccano per un verso e sul silenzio per un altro. Saluti. Gigi Montonato

    RispondiElimina