domenica 25 luglio 2010

L'Italia dei mallatroni

Mallatrone è termine salentino. Inutile cercarlo sui dizionari della lingua italiana. Non c’è. Ma indica l’Italiano oggi più diffuso, specialmente ai vertici della classe dirigente. Per avere un’idea di che si parla, si pensi al “Mallatrone di Gallipoli”, il cattivo ladrone che salì il Gòlgota insieme a Gesù Cristo e al buon ladrone. Il termine indica nella comunicazione dialettale salentina un brutto ceffo, dallo sguardo truce, malvestito, violento. Uno che devi essere proprio fesso a non riconoscerlo per quello che è.
Ma la specie umana e sociale che il mallatrone incarna non è affatto fauna salentina. L’Italia è piena di mallatroni; di ben più pericolosi, però. Non sono brutti, come quello di Gallipoli o come quelli dell’immaginario popolare, immediatamente riconoscibili. Sono, invece, eleganti, ben vestiti, raffinati, conducono una doppia vita, una alla luce del sole, sono ministri e sottosegretari, imprenditori e industriali, banchieri e alti magistrati, cardinali e grossi professionisti; e un’altra nascosta, nei comitati d’affari, nelle segrete logge massoniche, “normali” fino a quando non si scoprono, “deviate” quando vengono intercettate e conosciute per le loro attività criminali.
L’ultima è la P 3, storicamente viene dopo la P 2 di Licio Gelli. Un gruppo di “quattro sfigati pensionati” l’ha definita col suo solito fare rassicurante e sdrammatizzante Berlusconi; “uno squallore” invece per il Presidente della Repubblica Napolitano, che non si nasconde la gravità della situazione.
Due ministri e un sottosegretario hanno dovuto rassegnare finora le dimissioni perché in qualche modo coinvolti tra gli “sfigati” berlusconiani o gli “squallidi” mallatroni: Scaiola, Brancher, Cosentino, Verdini. Non sono cose da niente. Secondo l’agenzia Transparency International Italia la corruzione nel nostro Paese costa 50 miliardi di Euro all’anno. Per avere un’idea dell’entità basta pensare che la manovra finanziaria, contro cui strepitano tutti, è di 25 miliardi di Euro.
Questi dati danno un’immagine brutta e distorta dell’Italia, perché nascondono gli aspetti positivi ed anche apprezzabili del nostro Paese.
Ma sono dati da non sottovalutare. Potrebbero essere letali. E’ vero che non c’è giorno che non vengano arrestati mafiosi e camorristi, puntualmente esibiti come trofei di caccia dal Ministro Maroni, ma si tratta di mallatroni riconoscibili, arcinoti alle Procure, alcuni addirittura latitanti e segnalati in ogni Commissariato di Polizia e in ogni Stazione dei Carabinieri.
Ma dai mallatroni lindi e profumati, dai colletti bianchi e dalle ville sontuose, dalle escort di lusso, chi ci salva? Non è che per caso gli arresti degli uni nascondano le scorribande degli altri?
In Italia la questione morale purtroppo è nelle mani sbagliate. I vari Di Pietro e Grillo, comici alla Guzzanti e vignettisti alla Vauro, giornalisti alla Travaglio o alla Padellaro, anchorman alla Santoro o alla Floris, svolgono sì una funzione importante, ma rischiano di creare soltanto una gran confusione, nella quale il cittadino non sa se indignarsi, arrabbiarsi o mettersi a ridere.
I magistrati, almeno quelli più spinti, si sono rivelati dei militanti di parte, compromessi politicamente e perciò, a torto o a ragione, facilmente delegittimabili. Basti pensare a quel De Magistris, che si dimostra oggi una sorta di fanatico Saint Just. E pensare che faceva il giudice e che perciò doveva essere equilibrato e prudente!
L’improvvisa scoperta della questione morale da parte di Fini puzza di strumentalismo propagandistico da mille miglia. Fini è un personaggio squalificato, in-credibile, nel senso che non può essere credibile. Lo vedono tutti che la sua posizione è simbiotica con la pur criticata Lega di Bossi e con le marmaglie di affaristi che assediano i palazzi del potere.
E allora? Allora, senza pensare a soluzioni che non sono alle viste, è necessario che ci sia nei cittadini onesti e traditi una più forte assunzione di responsabilità. Lasciare oggi la battaglia sulla questione morale alla sinistra, che peraltro non riesce a combatterla con esiti credibili, è un errore da parte di tutti coloro che per decenni si sono riconosciuti nello stesso partito di Paolo Borsellino. Che non era certo la Democrazia Cristiana o il Partito Comunista, il Partito Socialista o quello Liberale o Repubblicano, ma il Msi di Giorgio Almirante. Sissignori, lo stesso partito, di cui Gianfranco Fini è stato segretario nazionale e di cui oggi incredibilmente si vergogna. Tutti dovrebbero partecipare alle varie riunioni di correnti e correntine, che stanno venendo fuori sotto forma di fondazioni o di associazioni culturali, ma per gridare tutto lo sdegno contro i potenti di turno che conducono battaglie politiche sulle modalità piuttosto che sulle finalità, mandarli tutti affanculo. Essi discettano all’infinito, preoccupandosi di aspetti marginali mentre trascurano gli obiettivi da raggiungere. Viene il sospetto che lo facciano apposta.
Da anni ormai in Italia ci si scontra su questioni sovrastrutturali, come eugenetica ed eutanasia, matrimoni fra gay e sacerdozio femminile, pillole del giorno dopo e liberalizzazione delle droghe, mentre si restringono sempre più gli spazi dei bisogni primari, fisici e morali, come la sanità e la sicurezza, l’istruzione e la giustizia, la ricerca scientifica e le opportunità di lavoro.
E’ di tutta evidenza che il quadro non è tutto negativo come si potrebbe pensare seguendo i mass media o le denunce di opinionisti, osservatori e critici. Ma si sa che le cose che vanno bene e che funzionano raramente vengono evidenziate o producono l’effetto che invece è prodotto dalle cose che vanno male.
L’Italia di quest’ultimo ventennio è sicuramente peggiore di quella precedente, ma non si dimentichi che essa ha avuto in eredità le macerie di un’Italia vissuta per decine e decine di anni ben al di sopra delle sue reali possibilità ed oggi è costretta dai vincoli europei a condurre una vita più parsimoniosa.
Quel che oggi è assolutamente intollerabile è lo sfascio morale, ammantato di un garantismo che produce mallatroni a ritmi mai conosciuti, contro cui si fa sempre più strada l’urgenza di un giustizialismo forte e determinato. Magistratura e giornalismo, satira e spettacolo non bastano. E’ necessario e urgente che una forza politica, nuova ed antica, si appropri del suo compito primario: fare pulizia, senza tanti complimenti.
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