domenica 28 febbraio 2010

L'Italia dello sbraco

“E’ fosco l’aere, il cielo è muto…” così il poeta risorgimentale Arnaldo Fusinato (1817-1889) iniziava l’”Ode a Venezia” che fino ad una cinquantina di anni fa s’imparava a memoria a scuola, quale momento formativo della coscienza nazionale. Versi che tornano a mente in presenza di una minaccia grave, come è oggi la questione morale e istituzionale in Italia, a cui non si riesce a porvi rimedio. 150 anni dall’Unità d’Italia. Anno zero della coscienza nazionale e civile!
La politica, la chiesa, la magistratura, l’informazione in tutte le loro articolazioni, danno segnali sempre più gravi di degrado morale e di devianza.
Da anni è guerra a tutto spiano tra politica e magistratura, una guerra che presenta caratteri ora di commistione ora di confusione dei ruoli. All’epoca della conquista della magistratura da parte della sinistra organizzata (anni sessanta-novanta), quando fu riempita di magistrati indottrinati, come del resto tante altre istituzioni, è seguita la fase dell’assalto della magistratura alla politica, ormai cambiata nelle sue connotazioni e potenzialità di potere, attraverso inchieste ma anche incursioni vere e proprie nel campo “nemico” col proporsi di magistrati a parlamentari e a ministri. Un proporsi senza regole e soprattutto senza ritegno, quasi un tirocinio durante l’esercizio della giustizia per poi fare il gran salto nella politica. E poco conta se fra avversari ed amici politici essi sanno di avere anche loro vecchi indagati, soggetti nei confronti dei quali hanno presunto di esercitare la giustizia come robot impostati senz’anima e senza volontà e dunque in maniera asettica e imparziale. Figurarsi, se uno può fare il dottor Jekyll e il mister Hyde a tempi programmati! I magistrati dovrebbero essere con la politica come i preti con la moglie: vietata la politica agli uni, vietata la moglie agli altri; e lasciare che il resto sia episodica fornicazione, da punire caso per caso, s’intende.
L’aspetto più grave di una simile situazione è che tutto ciò che avviene in questo campo di battaglia cade nella cloaca del sospetto. E ci si chiede se ha ragione la magistratura ad aprire inchieste sui politici e scoprire crimini e malefatte di uomini anche insospettabili o se i politici sono vittime dell’aggressione giudiziaria, che il più delle volte si rivela, a distanza di anni, fondata sul nulla. Nel dubbio, il cittadino è condannato ad aver percezioni, non più conoscenze.
L’uso legale delle intercettazioni telefoniche, vera formula segreta per aprire la più blindata delle casseforti del potere politico, arma ritenuta indispensabile dalla magistratura per scoprire crimini e criminali, corrotti e corruttori, è degna delle più occhiute e poliziesche dittature. Questo va detto! E quanto più si dice che le intercettazioni sono indispensabili tanto più ci si convince che da noi la democrazia ha fallito. Una giustizia che ha bisogno, per funzionare, di spie e di intercettazioni telefoniche, che sono inconcepibili in una vera democrazia, e di pentiti, i quali ormai sono diventati soggetti ad uso politico, è una giustizia fallita. Occorre rendersene conto!
Le sparate dei mafiosi coram populo contro Dell’Utri e Berlusconi, Forza Italia e la maggioranza oggi al governo, dimostrano che il “pentitismo” è uno strumento politico dal doppio uso: la mafia per delegittimare chi la colpisce; i magistrati per delegittimare le forze di governo.
L’ultima inchiesta per gli illeciti della Protezione Civile, con l’incriminazione del suo Capo Guido Bertolaso e di altri funzionari e imprenditori, in merito alla costruzione di grandi opere, come quella del G8 a La Maddalena, è stata come la caduta dell’ultima barriera al morbo dell’immoralità; mentre l’aver scoperto, attraverso le intercettazioni telefoniche, che ci furono imprenditori che si misero a ridere e a gongolare quando seppero del terribile terremoto a L’Aquila nell’aprile del 2009, pregustando gli affari e i lauti guadagni, fa veramente una grande pena e insieme una rabbia terribile. Al sospetto che la magistratura è di parte fa da dirimpettaio il sospetto che l’eroe di tante difficili emergenze Bertolaso altro non è che uno dei tanti volgari profittatori del potere politico, corrotto e nasconditore di corrotti e corruttori; mentre perfino una normalissima frequentazione di una fisioterapista diventa la prova del reato.
La chiesa, l’altra àncora, che dovrebbe essere di salvataggio, è in balìa di lotte intestine che hanno dell’incredibile. Il caso Boffo, il direttore di “Avvenire”, il quotidiano dei vescovi italiani, costretto a dimettersi per una campagna denigratoria da parte di Vittorio Feltri, direttore de “il Giornale” di proprietà del fratello del Capo del Governo, ne è la prova. Si è scoperto, infatti, che Boffo più che vittima di Feltri è stato vittima di alcune alte gerarchie della chiesa in lotta con altre sull’atteggiamento da osservare con le forze politiche oggi al governo. Sconforta sapere che degli alti prelati si servano dell’informazione più spericolata per rivalità interne. Non solo viene fuori una chiesa corrotta, in balìa di “gerarchi”, che Benedetto XVI ha più volte denunciato per i loro comportamenti da cani che si azzannano e si sbranano fra di loro, ma viene fuori anche un giornalismo al servizio dichiarato del potere politico: una gravissima commistione chiesa-politica-informazione, come non si era mai formata nella storia d’Italia.
Di fronte all’incalzante immoralità pubblica e alla confusione delle istituzioni, allo sbraco più vergognoso e conclamato, manca purtroppo quella coscienza civile che tanto fa di un “volgo disperso” un vero popolo. E il morbo infuria…
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