sabato 16 novembre 2024
Mattarella, quando ci vuole ci vuole
Succede a chi segue la politica per conoscere e far conoscere, per apprendere e far apprendere – compito della pubblica informazione – che oggi ci si deve perfino arrabbiare di fronte a gesti e parole dei politici e dei rappresentanti delle istituzioni e domani dover riconoscere la giustezza di un intervento, di un provvedimento degli stessi. Apparentemente può sembrare una contraddizione da Girella, il famoso personaggio del Giusti, una confusione di idee. Non è così. Quel che conta, da cui si deve partire, è il fatto. Solo il fatto è realtà, il resto è ciò che si può valutare e non è contraddirsi su un uomo politico se oggi gli dici bravo se agisce bene e domani lo critichi se agisce male. Anzi, proprio nell’apparente contraddizione c’è il succo dell’onestà intellettuale, la credibilità di una persona.
Sergio Mattarella, il Presidente della Repubblica del bis, dopo quello di Giorgio Napolitano, ha compiuto un gesto importante nei giorni scorsi invitando Raffaele Fitto al Quirinale. Le parole e i gesti del Presidente vanno saputi interpretare, qualcosa di più della semplice interpretazione, che è ovvia. Mattarella si è complimentato col Ministro per il bell’esame sostenuto davanti alla commissione che doveva saggiarne la preparazione e l’adeguatezza a ricoprire l’alto e prestigioso incarico di vice-Presidente esecutivo della Commissione Europea. A Fitto non è stata ancora ratificata la nomina e da quel che si dice molto dipende anche dalla decisione di Elly Schlein, segretaria Pd e capo dell’opposizione al governo di Giorgia Meloni, di cui Fitto è parte.
Cosa ha voluto dire Mattarella col suo gesto? È sicuramente un caso di moral suasion, che, cambiato in moneta politica sonante, vuol dire che sarebbe opportuno che la Schlein favorisse la nomina di Fitto in Europa. A questo genere di “presenza” Mattarella ricorre spesso, anzi va sempre più caratterizzandosi come il Presidente che dice sempre la “sua” senza minimamente mancare di rispetto alle altre.
Ma Mattarella ha anche detto parole molto importanti in questi ultimi giorni, sia nel corso delle sue visite all’estero, in Cina soprattutto, sia in Italia. Argomento: la democrazia. All’estero Mattarella ha voluto far conoscere la qualità della nostra democrazia, senza per questo offendere minimamente quei paesi, fra cui la Cina, dove la democrazia è fatta di altro metallo, per così dire.
In Italia, mentre si discute nelle sedi istituzionali e ci si aggredisce nelle piazze come cani arrabbiati, Mattarella ha tenuto una bella lezione sul ruolo del Presidente della Repubblica, che è sempre di arbitro e di “guardiano” della Costituzione. Evidente che lui parlasse di sé riferendosi agli altri. Ha tenuto a dire che lui non sempre condivide le leggi del Parlamento e del Governo, ma siccome esse sono state votate liberamente lui non può rifiutarsi di promulgarle, salvo che non vadano contro la Costituzione. Chi ha voluto capire a che cosa si riferisse ha capito. La legge sulla maternità con l’utero cosiddetto in affitto, che la rende reato universale, è stata da lui promulgata, probabilmente, però, senza condividerla. Bella e plastica la metafora dei fortilizi. Le istituzioni non possono essere postazioni di combattimento e di potere, col tentativo continuo di invadere il territorio nemico. Ciascuno al suo posto dovrebbe comportarsi non come il difensore di un potere ma come l’espressione democratica di una struttura operante per l’intera Nazione. Impossibile non ricorrere col pensiero allo scontro tra magistrati e politici, che hanno esposto il Paese a intromissioni dall’estero, verso cui Mattarella si è rivolto con parole dure ma appropriate. Un caso di moral suasion ai giudici, a cui, non piacendo le politiche del governo in materia di immigrazione clandestina, ricorrono alle loro “armi” per ostacolarne il funzionamento? O ai politici, che pensano di poter applicare le loro leggi senza nessun controllo da parte della magistratura? Probabilmente per entrambi i fronti.
In Italia c’è necessità di tante cose, materiali e morali. Di una in particolare c’è bisogno da sempre ed è la cultura democratica. Essa consiste nel riconoscere le ragioni della parte avversa, ma non nel senso negativo - è pure giusto che tu ti opponga dato che sei all’opposizione – ma in positivo; è lodevole che tu approvi un provvedimento del governo pur essendo all’opposizione. Questa è cultura democratica. Tutto il resto è chiacchiericcio, spesso inutile, più spesso dannoso. Nelle parole di Mattarella occorre cogliere quel che c’è: il frutto e il seme di questa cultura.
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