sabato 24 agosto 2024
Politici, giornalisti e giudici
A volte lo si chiama “don Donato” prima che questi sia nato. Non c’è notizia, allora: inventiamola. In onda, la trasmissione di «La 7», una delle corazzate mediatiche anti destra, da qualche sera non fa che parlare del nulla, che tradotto sarebbe un’indagine della magistratura su Arianna Meloni per traffico di influenze in relazione ad alcune nomine del governo. La notizia l’ha sparata il direttore del «Giornale» qualche giorno fa. Sallusti è credibile? Tutto fa pensare di sì. Può essere che, grazie ai rapporti che ha con il mondo della giustizia, sia venuto a conoscenza di qualcosa. Sarebbe venuto a sapere, il condizionale è d’obbligo, che qualche procura stia indagando sui comportamenti della sorella del Presidente del Consiglio, ipotizzando il reato di cui sopra. Che Sallusti non riveli la fonte è normale, ci mancherebbe altro.
Il traffico di influenze è un reato ancor più aleatorio dell’abuso d’ufficio, che è stato eliminato di recente, ed entra nella riforma Nordio. Si tratta di un reato che alcuni anni fa trovò Alberto Sordi a rappresentarlo nel comico di un film. Consiste nel vantare rapporti importanti con un pubblico ufficiale allo scopo di ottenere beni o favori ed è regolato dall’art. 346 bis del c.p.. Il buon Sordi del film lo faceva per “professione”, entrando e uscendo dai vari uffici, come se fosse di casa.
Si vorrebbe dimostrare che Arianna Meloni, che è uno dei massimi dirigenti di FdI, nonché sorella di Giorgia e moglie del ministro Lollobrigida, abbia influenzato il governo nella scelta di alcune nomine, fra cui quelle della Rai. Se lo ha fatto era lecito che lo facesse. Che fa un dirigente di partito se non collaborare a ogni livello coi suoi colleghi? Oggettivamente Arianna Meloni è un soggetto che potrebbe influenzare. E ci sarebbe da meravigliarsi che non lo fosse nelle funzioni che svolge nel partito. Come si fa a non pensare che Giorgia e Arianna non si sentano, non si scambino reciproci consigli su cose pubbliche e private? E dove sta il reato, se la questione è tutta qui? Reato sarebbe se si dimostrasse che Arianna Meloni ha ricevuto una qualche ricompensa per aver influenzato la sorella a nominare Tizio piuttosto che Caio. Insomma, il reato lo fa il tornaconto personale, non la parentela, non l’azione, lecita fino a prova contraria, di una consulenza, di un consiglio. Invece niente. L’accusa sarebbe che lei, in quanto non facente parte del governo e non essendo neppure parlamentare, avrebbe fatto da ninfa Egeria per la sorella.
La cosa potrebbe finire in una bolla di sapone. Ma, intanto, le televisioni portano in casa degli italiani il sospetto che Arianna Meloni sfrutti la sua condizione per chissà quali vantaggi personali. L’espressione poi di traffico di influenze, non facilmente comprensibile dal comune cittadino, crea atmosfere torbide di familismo.
Altro è sostenere che il triangolo Giorgia-Arianna-Lollobrigida è di per sé discutibile. Non c’è una legge che vieti la parentela tra soggetti di un partito o di un governo, ma sarebbe opportuno non crearle certe situazioni per non esasperare le opposizioni, per non scandalizzare i cittadini, per non esporsi al sospetto.
Il fatto è che nel nostro Paese tutto fa brodo. Non è importante la verità, ma il dubbio e il sospetto. Basta questo per alimentare lo scontro politico, i conflitti tra i vari poteri dello Stato. E, infatti, subito si è acceso ancora una volta il fuoco dello scontro coi giudici, i quali dicono di sentirsi minacciati da un esecutivo esuberante. In questo “dalli e dalli”, tutti contro tutti, non si sottraggono i giornalisti televisivi, che sono autentici “agenti”, solo apparentemente in incognito. Le loro prestazioni sono suasorie, recitazioni tra il comico e il farsesco, tese a persuadere la gente di tutto il negativo di cui possa essere portatore il governo.
C’è da fare un’ultima considerazione, che non pare tanto peregrina. A pensar male…diceva Andreotti! Non è che stiano incominciando a battere sul traffico di influenze per fargli fare la fine che ha fatto l’abuso d’ufficio? Se così dovesse essere sarebbe grave, perché un reato in politica non danneggia mai una sola persona, ma inquina l’ambiente e colpisce l’intera società. Un reato non dovrebbe mai essere abolito, semmai perfezionato nei suoi aspetti procedurali in tutti i suoi passaggi. Abolito l’abuso d’ufficio il cittadino è più esposto alle angherie del potere; abolire il traffico di influenze significherebbe legittimare un vizio già ampiamente diffuso in questo paese, quello della raccomandazione.
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