sabato 16 dicembre 2023

Veneziani e gli intellettuali di destra

Recentemente su “La Verità”, quotidiano dove abitualmente scrive, Marcello Veneziani ha preso le distanze dalla locuzione “intellettuale di destra”, sostenendo che se ha avuto un senso considerarsi nel lungo periodo in cui essere di destra significava essere escluso da tutto, non ha più senso oggi con la destra al potere. Cosa ha voluto dire Veneziani? Forse che essere di destra non è compatibile con lo stare al governo? Forse che essere di destra vuol dire essere disorganico a qualsiasi partito, a qualsiasi governo? L’intellettuale di destra è tale perché è sempre contro? Il suo pezzo lo concludeva dicendo che la locuzione “intellettuale di destra” contiene due diffamazioni. È diffamante per un intellettuale essere considerato di destra ed è diffamante per la destra essere associata agli intellettuali. Quale che fosse stato il motivo dell’esternazione, Veneziani non vuole più essere considerato un intellettuale di destra. Basta! Ho avuto poche volte l’occasione di incontrare Veneziani. Ma lo conosco da quando entrambi molto giovani avevamo casa giornalistica a “Voce del Sud”, il settimanale leccese di Ernesto Alvino, che nei confronti dei giovani aveva particolare predilezione. Pugliesi entrambi, lui di Bisceglie, io di Taurisano. Credo di avere tutti i suoi libri, o quasi tutti. Uno dei primi, una monografia su Mussolini, lo recensii su “Voce del Sud”. È stato prolifico in questi anni. La sua produzione è ricchissima e spazia per diversi ambiti. Credo che oggi sia il nome più importante di una certa intellighenzia, se lui me lo permette, di destra. Tuttavia Veneziani, che non è nuovo a provocazioni, con questa sua ultima sparata, rientra perfettamente, che gli piaccia o meno, nella tipologia tradizionale dell’intellettuale di destra. Si pensi a quanti superfascisti, da Curzio Malaparte a Indro Montanelli, finirono antifascisti, proprio per quella idiosincrasia che ha un certo tipo di intellettuale verso l’intruppamento o l’asservimento alla truppa. Di me, per esempio, Ernesto Alvino diceva che rientravo nella tradizione degli anarchici di destra, per quella mia propensione a dire oggi bene dell’operato di un partito relativamente ad un fatto e domani male dello stesso partito relativamente ad altro fatto. Ecco, prediligere il fatto e non il partito distingue l’intellettuale di destra da quello di sinistra, che è sempre – come si sa – gramscianamente anima e corpo funzionale al partito. Veneziani dal partito ha avuto a suo tempo una certa considerazione. Ricordo che è stato anche Consigliere della Rai e Consigliere di Cinecittà in quota An durante i governi Berlusconi. Legittimamente avrebbe ambito a qualche incarico più importante nel governo Meloni o in qualche istituzione pubblica, in considerazione anche del fatto che Fratelli d’Italia, partito al quale Veneziani, per storia sua personale, è più vicino, non ha molti grandissimi nomi da spendere. Se è così, non ho difficoltà alcuna a comprendere i motivi della sua “ira”. Ma la mia è un’ipotesi, della quale, se non ha riscontro, chiedo scusa a Veneziani. Molto più probabile è che egli abbia voluto rivendicare la libertà di esprimersi sui fatti odierni relativi al partito o al governo. E bene ha fatto allora a dirlo pubblicamente sul giornale, per fugare dubbi o malintesi. La chiarezza non è solo forma ma anche contenuto Conviene che oggi, se si vuole essere credibili, non si abbiano etichette. In un ambiente ormai falsificato e polarizzato, o si è di destra o si è di sinistra, diventa difficile fare un’analisi dei fatti ed essere creduto. Ciò a cui un intellettuale libero tiene più che a qualsiasi altra cosa. Nella situazione in cui ci troviamo un intellettuale si trova né più né meno come in una duplice dittatura senza libertà di uscita. Se dice bene del governo è perché etichettato di destra, se dice male è perché etichettato di sinistra. Non esiste più per sé. E questo è applicabile a qualsiasi altro soggetto di osservazione critica, opposizione compresa. L’etichetta è una maschera che non consente di essere visto nel proprio vero volto. Liberarsi di ogni etichetta è perciò oggi assolutamente salutare per la propria credibilità. Veneziani ha voluto lanciare un’altra delle sue provocazioni. Ma temo che saranno pochissimi a raccoglierla, perché è molto difficile, quando si è in un sistema di comportamenti, rinunciare alle convenzioni. Che, a volte, possono essere prebende. Ma già stiamo parlando di altri, a cui la maschera o l’etichetta che dir si voglia è ricercata e curata.

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