domenica 24 dicembre 2023

Pubblicità dei libri e lettura

Il caso Ferragni con la sua pubblicità ai panettoni Balocco e alle uova di Pasqua Dolci Preziosi, considerato un esempio di frode in pubblicità e falsa beneficenza, ha spalancato una porta sul dorato mondo dei “profitti” gratis, delle nuove professioni e dei nuovi mestieri. Abbiamo visto tutti cosa c’è in quel mondo di fenomeni che le generazioni più anziane, a cui apparteniamo, tardano a capire fino in fondo. La Ferragni è considerata un’imprenditrice. Di che cosa? Potrebbe chiedersi il cittadino alieno dalle modernità diaboliche del mondo d’oggi. Di se stessa! Una volta ci si sarebbe messi a ridere per la burla e si avrebbe pensato chissà che cosa. Oggi la Ferragni è un influencer che ha trenta milioni di follower, ovvero di seguaci simpatizzanti, sparsi in tutta Italia e nel mondo, che la seguono sui social. Lei è in grado in qualsiasi momento di influenzare l’acquisto di un prodotto, e da quel momento il prodotto consigliato o suggerito prende il volo delle vendite. Capito come funziona? Intendiamoci, niente che non si sia già visto. Nelle feste patronali di una volta, di molti anni fa, vi erano venditori di bambole sotto forma di partecipazione a un gioco, tipo oggi “i pacchi” di RaiUno, che si mettevano d’accordo con alcune persone del luogo che facevano finta di essere delle persone comuni per invogliare gli altri ad avvicinarsi alla baracca e partecipare. Dai panettoni ai libri. Finora non si è parlato della pubblicità ai prodotti editoriali, ma bisognerebbe incominciare a farlo. In Italia non c’è una normativa precisa e ognuno fa da sé. Per sapere che è uscito un nuovo libro lo devi leggere su qualche giornale o rivista, sentirne parlare direttamente alla televisione o vederlo nella vetrina di una libreria o partecipare alla sua presentazione. Va da sé che la miglior forma di lancio pubblicitario di un libro è la televisione. E qui è il punto. Il libro è prima di tutto un’opera d’ingegno con diversi aspetti culturali, di cui è doveroso e importante occuparsene. Promuoverne la vendita dovrebbe essere interesse dello Stato attraverso le sue agenzie educative. Dopo di ciò il libro è un prodotto industriale come tutti gli altri né più né meno. Pubblicizzarlo dovrebbe costare come per pubblicizzare una saponetta o un dentifricio. Il privilegio di proporre l’acquisto di un libro in televisione, da parte dell’autore che si gira, come un santo pellegrino, una per una ogni trasmissione, riguarda pochi autori, i quali godono di piacevole e proficua ospitalità, facendo passare il tutto come normale servizio giornalistico, perfino meritorio, come per certi aspetti è. Non è uno scherzo da niente. Buona la gloria, ma questa “non dat panem”; per il pane ci vogliono i soldi. Un libro di Bruno Vespa, di Aldo Cazzullo, di Corrado Augias, di Enrico Carofiglio, di Alberto Sallusti, di Marco Travaglio, di Andrea Scanzi, di Antonio Padellaro e via di seguito, ma anche di uomini politici che sempre più spesso si raccontano in libri, vedi il più recente Pierferdinando Casini, e di magistrati, il giorno dopo che se n’è parlato in una qualsiasi trasmissione, balza ai primissimi posti nella classifica delle vendite in tutta Italia. E sono soldi, introiti seri, di cui non beneficiano tutti gli altri scrittori ed editori, che quando riescono a vendere cento copie sono davvero fortunati. Se consideriamo che di libri in genere se ne vendono pochi perché pochi leggono, non c’è chi non paragoni la sporadica vendita di poche copie di libri ad una pesca con la canna, con esca ed amo, e quella a migliaia di copie di chi beneficia dei canali televisivi alla pesca a strascico, che come si sa è vietata perché pesca di frodo. Gli scrittori ospiti dei talk televisivi non dovrebbero parlare dei loro libri, né dovrebbero farlo al loro posto i conduttori. Perché si tratta di pubblicità gratuita, di cui non beneficiano altri che non hanno gli stessi rapporti coi mezzi di diffusione di massa. E con gli scrittori a beneficiarne ancora di più sono gli editori. Essi vogliono pubblicizzare i loro libri? Bene, paghino per farlo e magari con le entrate si potrebbero distribuire alle varie biblioteche pubbliche, dalle comunali alle provinciali, alle scolastiche, copie per incrementare la lettura e l’aggiornamento. Senza la pubblicità televisiva gratis, ma molto efficace, molti autori, che sfornano libri a ritmo industriale, vedrebbero effettivamente quante copie sono in grado di venderne. E con loro vedrebbero anche i cittadini, che spesso finiscono per credere di fronte alle migliaia di copie vendute, di trovarsi di fronte ad autentici Nobel per la letteratura.

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