sabato 21 ottobre 2023

Salario minimo e lauti guadagni

Le opposizioni, col salario minimo, hanno trovato la matta, la carta che nel gioco consente a chi ne è venuto in possesso di attribuirle il valore che vuole, con buone probabilità di vincere la partita. Chi non è d’accordo col salario minimo!? Perfino a destra, stando ai sondaggi, lo vogliono. Non tutti i sindacati, però, sono d’accordo e il Cnel, che è un organo previsto dalla Costituzione e che ha voce in capitolo, ha espresso parere contrario. Siccome non siamo nati ieri e calziamo scarpe di avanzata età ammettiamo che il Cnel, diretto oggi dall’ex Forza Italia Renato Brunetta, non ha voluto dispiacere alla casa madre che in quel posto lo ha collocato graziosamente. Poi dicono che in politica non c’è gratitudine! Anche noi, che di economia e lavoro non possiamo dirci esperti, a naso siamo a favore. È una questione che esula da ogni competenza in materia. Come si fa a non riconoscere ad una persona il diritto di essere retribuita in maniera dignitosa, senza essere offesa con una retribuzione di fame? Avrebbero dovuto introdurlo e non da ora, da quando gli attuali alfieri che gridano “Deo lo vult” erano al governo, or non è molto tempo fa. Ma in Italia non ci sono solo i poveri, tali riconosciuti, a cui non si vuole garantire un salario minimo, ci sono tantissimi altri cittadini che vivono di stipendio e di pensione, che percepiscono un reddito fisso, che sono penalizzati quotidianamente non solo dall’inflazione ma anche dalla esosità delle richieste di talune categorie di lavoratori autonomi a cui si rivolgono per lavori di manutenzione della casa che occasionalmente o periodicamente vanno fatti. Questi cittadini, che possono ben dirsi “nuovi poveri”, sono vessati da queste categorie. È una questione di cui nessuno parla: quanto guadagnano al giorno i titolari di piccole imprese artigianali: intonacatori, tinteggiatori, impiantisti e via elencando. La giornata lavorativa può raggiungere anche trecento Euro, il più delle volte senza rilascio di fattura, che al cittadino datore di lavoro peraltro costerebbe il 22% di Iva e perciò rifiutata perché senza nessuna ricaduta di sgravio fiscale. Le cifre che queste categorie di lavoratori autonomi chiedono arrivano al cittadino come schiaffi in faccia, che lo fanno sentire un pezzente per di più rimbambito. A volte per un lavoro di due-tre giorni chiedono quanto il cittadino percepisce di stipendio in un mese e alla richiesta di razionalizzare e dettagliare la cifra, giusto per capire, la risposta è secca: si valuta il lavoro senza scendere al dettaglio del tempo impiegato e del costo dei materiali impiegati. Sembrerebbe una questione da niente. Non è così. I poveri professionisti a reddito fisso non possono essere svillaneggiati da richieste esose per dei lavori che onestamente costano un quarto o un quinto di quanto viene loro richiesto. Si può eccepire che è il mercato che comanda in un paese libero. Ma è lo Stato, che voglia considerarsi sociale, che come non può consentire salari di fame così non dovrebbe permettere guadagni ingiustificati da vincite al lotto a danno di altri cittadini. La Presidente Meloni ripete spesso che i suoi interventi mirano a tutelare imprese e famiglie, dando ad intendere che ci siano imprese e famiglie in difficoltà. Certamente ci sono. Lasciamo stare le famiglie, le quali non è mai troppo giusto soccorrerle quando veramente hanno bisogno. Ma le imprese? Esse, specialmente le piccole, quelle formate da tre-quattro persone, mentre infieriscono sui cittadini con le loro richieste inaccettabili, sfuggono a qualsiasi controllo, compreso quello del fisco. Molte entrate, prive di fattura, contribuiscono a giungere a redditi elevati ed elevatissimi, mentre i beneficiari dichiarano redditi di poche migliaia di Euro. Va bene, allora, battersi per il salario minimo ma è altrettanto importante battersi per guadagni contenuti da ragionevolezza dei prestatori d’opera e da disponibilità di mezzi da parte dei cittadini. Non si può lasciare il mercato del lavoro autonomo senza leggi che ne calmierino i costi. Oggi nella nostra società ci sono ceti lavorativi che conducono un tenore di vita importante, hanno doppia e a volte tripla casa, hanno due-tre automobili, a volte di grossa cilindrata, si fanno le crociere. Evviva il benessere! Ma tutto questo non può accadere a danno di altri ceti che non trovano chi li difenda dalla voracità di un mercato selvaggio e dalla disattenzione dello Stato. Occorre che esso trovi il modo di creare tra i cittadini un giusto equilibrio, che è anche rispetto sociale e orgoglio di appartenere allo stesso Paese. Cosa ci vorrebbe? Leggi e controlli!

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