sabato 12 agosto 2023

La destra pragmatica della Meloni

Alcune sere fa, nel corso di una puntata de “In onda” su “La 7”, con Marianna Aprile e Luca Telese, Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, ex ministro dell’agricoltura, ex genero di Pino Rauti, da sempre rappresentante della destra sociale, tenne a chiarire che Giorgia Meloni delle due anime della destra, la liberale e la sociale, ha sempre rappresentato la prima. Qualche sera dopo nella stessa trasmissione Fabio Granata, assessore siracusano alla cultura in una giunta civica, ha rivendicato le ragioni della destra sociale per distinguerla dalle politiche nazionali e internazionali della Meloni. A loro dire la destra dell’attuale Presidente del Consiglio ha caratteri liberali, europeisti e atlantisti. Sarebbe la destra moderna democratica europea tanto evocata. È così? Non soltanto. È solo di qualche giorno fa il provvedimento del governo di tassare gli extraprofitti delle banche. Qualcosa che si connota chiaramente come sociale, se non proprio di sinistra. Qualcuno ha parlato perfino di grillata. Vero è che la destra della Meloni, fatte salve le sue convinzioni personali in tantissime materie della persona e della vita, politicamente è nel suo dirsi e nel suo farsi. È la destra dei ceti medi, non già delle potenti lobby finanziarie, da lei denunciate nel suo famigerato comizio di Catania, dove infelicemente, a proposito di tasse per alcune categorie sociali, parlò di pizzo di Stato. Nel mondo politico della Meloni c’è necessariamente un prima e un dopo la sua ascesa alla Presidenza del Consiglio. Nel prima c’è posto per la tradizione, la conservazione e il fantasy di Atreju e di tutto il mondo di Tolkien, declinati come le circostanze suggerivano. Tutte cose che con l’esercizio politico reale non avevano nulla a che fare. Quando la Meloni dice che i suoi avversari non l’hanno vista arrivare si riferisce a questo. Lei non è arrivata col chiasso dei “Boia chi molla”, delle croci celtiche, delle bandiere della Repubblica Sociale e dei saluti fascisti, ma in “compagnia” di personaggi letterari del mondo irreale e fantastico della fiaba, neppure italiana, dai significati allegorici, sfumati, non immediatamente identificabili e riconducibili ad una destra politica. Il fascino della persona Meloni e del suo misterioso mondo, popolato di maghi e di elfi, coniugato col pop – io sono Giorgia… – ha vinto. Dove non era riuscito Michelini con le sue proposte di inserimento nel sistema, né Almirante con l’alternativa al sistema della “grande destra”, né Rauti col suo gramscismo nero, è riuscita lei, con la piacevolezza personale e fascinosa, sfruttando anche il fattore F, da femmina, che “tradizionalmente” non è poco. Fa molto colpo sull’uditorio di massa quando parla inglese, francese, spagnolo, lingue dalle sfumature e inflessioni diverse, risciacquate tutte nel Tevere, o quando si lascia prendere per mano da qualche potente della Terra. Le strade della politica sono “più” infinite di quelle del Signore e le donne da sempre ne conoscono una più degli altri. Spero di non essere tacciato di sessismo. Poi c’è la Meloni di governo che ha dovuto necessariamente fare i conti con la realtà ed è venuta fuori la politica di razza, che agisce avendo dei traguardi strategici da raggiungere. Come prima cosa ha cercato di accreditarsi in campo internazionale facendo dell’europeismo e dell’atlantismo i perni della sua strategia, che non è soltanto italiana ma europea, puntando con le prossime Europee a cambiare la governance della Comunità. In questi dieci mesi di governo si può dire che abbia mostrato più il volto liberale che quello sociale della destra, quello possibilista dell’accordo piuttosto il risolutivo della drasticità. Si pensi al blocco navale per risolvere la crisi dei migranti. Ma questo non significa che a fronte delle urgenze o delle mutazioni non finisca per operare diversamente. Lo ha fatto, per esempio, col ministro di giustizia Carlo Nordio, stoppandolo in alcuni importanti punti della sua riforma d’impianto chiaramente liberale, come l’abolizione dell’abuso d’ufficio e della separazione delle carriere dei magistrati. Oggi lei non rappresenta tutta la destra, è vero, ma è sbagliato ascriverla ad una sola parte. Che alcuni (Alemanno, Granata, probabilmente altri) tentino di rimarcare differenze per scopi elettorali lo si comprende benissimo. L’anno venturo ci saranno le Europee e tutti legittimamente aspirano ad una affermazione. Alemanno nella stessa serata televisiva, in cui faceva i distinguo in casa destra, annunciò che dopo l’estate avrebbe lanciato un movimento politico di destra sociale. La Meloni, di certo, non starà a guardare.

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