sabato 20 agosto 2022

Elezioni: il terremoto che verrà

Ha detto Carlo Calenda, frontrunner di Azione, che chiunque vinca il 25 settembre il governo che si farà non durerà più di sei mesi. È la volpe che sa di non arrivare all’uva? O sono le parole sconsiderate di un politico, che peraltro si ritiene unico per bravura, che invita gli elettori ad astenersi? Come se di astenuti non ce ne fossero già abbastanza! Come se il male della democrazia italiana non fosse questa fuga degli italiani dal voto! Sono entrambe le cose. Calenda è convinto di essere la cocuzza più brillante del cocuzzaro politico italiano. Si sbrotola di elogi e di esperienze pregresse, salvo poi a farsi bacchettare come uno studentello impreparato da due giornalisti come Luca Telese e Marcello Sorgi (v. “In onda” su La 7 di giovedì, 18 agosto). Era convinto che l’intesa elettorale con Matteo Renzi avrebbe raggiunto il 20% dei consensi e dunque dei voti. Pare, stando ai sondaggi, che forse arriverà appena-appena al 10. Di qui il rendersi conto che per quanto lo riguardano queste elezioni lo lasceranno dove lo hanno trovato: nel limbo dei comprimari, di quelli cioè che riusciranno a contare qualcosa solo in dipendenza di altri. E gli altri sono per un verso Giorgia Meloni del Centrodestra e per un altro Enrico Letta del Centrosinistra. Ma in quel contesto del contare qualcosa nel gioco degli altri si è rivelato maestro Matteo Renzi, il quale già lancia segnali di “collaborazione” al futuro governo, sia dall’opposizione che nella maggioranza. Calenda fa finta di non capire e intanto si candida al “sereno” numero due, dopo il primo, celeberrimo, che è stato Letta. Renzi il vizio di lasciar “sereni” amici e alleati non l’ha perso. Il 25 settembre con ogni probabilità registrerà un terremoto politico. Per la prima volta nella storia d’Italia una donna si candida, con buone probabilità di riuscirci, a guidare il prossimo governo. Ma c’è anche un’altra prima volta, assai più importante, almeno sotto il profilo politico. Per la prima volta è una donna che proviene, pur con tutti i cambiamenti suoi e del contesto, dal partito che nell’immediato dopoguerra raccolse l’eredità scomoda del fascismo, quel Msi che brilla col suo simbolo, la fiamma, nel partito nuovo della destra italiana, che è Fratelli d’Italia. Non è possibile che tutto questo accada senza lasciare il segno. Gli elementi di discontinuità sono tanti e tali che difficilmente non potrà accadere nulla, come pensa Calenda. Siamo, invece, ad un nuovo punto e daccapo, come quello verificatosi dopo la fine della Prima repubblica in seguito a Tangentopoli. Non sempre la vicinanza a quanto accade consente di veder bene, di accorgersi dei cambiamenti in fieri. Una donna a capo del governo e per di più non tradizionalmente antifascista è un’autentica rivoluzione nel costume e nella politica italiani. Sono tutti concordi gli antidestra che è colpa della legge elettorale se tutti si agitano in un mare di contraddizioni. Si dicono costretti ad ingurgitare rospi a colazione, pranzo e cena. Sono invece loro che hanno scientemente deciso di sacrificare la coerenza per tentare di invertire un processo di destrizzazione in Italia. Un processo che è nell’ordine delle cose. Essi perciò rischiano di voler fermare l’acqua con le mani, come direbbe il buon Bersani, maestro di metafore. È per questo antidestrismo che Letta nel suo schieramento ha tutto e il contrario di tutto. Purché riesca ad impedire alle destre di vincere le elezioni. Il Pd fa “sua” l’agenda Draghi, che non si sa in cosa consista...senza Draghi. Ha in seno comunisti, radicali e verdi. Ha un Fratoianni di Sinistra italiana che non ha mai votato in favore di Draghi, ha un Bonelli che è sempre contro tutto, ha la Bonino che si è fatto il giro di tutti gli schieramenti. Dell’agenda Draghi si è appropriata anche Azione-Italia viva, i cui leader giurano che non si metteranno mai insieme né con le destre né con le sinistre, estreme, evidentemente. Tutti quelli che pensano di essere gli eredi di Draghi fingono di dimenticare che il governo Draghi era un governo di unità nazionale e il suo capo era alla fin fine un commissario ad acta, voluto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Intanto il più diretto interessato all’agenda Draghi, ossia Draghi stesso, tace. Conoscendolo, difficilmente, come i suoi fans vorrebbero, prenderà parte alla campagna elettorale con qualche sua dichiarazione, in qualche modo spendibile in termini di propaganda in favore di qualcuno. Letta, Calenda e Renzi sperano in un endorsement, magari nel corso dell’intervento che il Presidente del Consiglio terrà al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini mercoledì prossimo 24 agosto. Ma Draghi è ben cosciente di quanto sta avvenendo in Italia. Sa che la terra politica sta tremando; e quando la terra trema conviene essere prudenti e mettersi al riparo.

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