domenica 11 dicembre 2016

Renzi Uno: il tirocinio


Matteo Renzi ha subito il 4 dicembre scorso una delle più nette e umilianti sconfitte che politico italiano, Mussolini a parte, abbia mai subito. Berlusconi, tanto per fare il primo paragone che ci viene a tiro, anche per la vicinanza temporale, è stato cacciato per congiura di Palazzo, tutto compatto alla bisogna, compresi giannizzeri e maggiordomi; non è stato mai sconfitto davvero dall’elettorato, nemmeno quando è stato “battuto” da Prodi con percentuali irrilevanti e sospetti di brogli. Renzi, invece, è stato così battuto come nessuna nerboruta massaia batte i propri panni impolverati e sporchi.
Netta, la sconfitta, lo dice il risultato con tutti gli annessi e i connessi (percentuale di votanti, giovani contrari sui quali faceva affidamento, un diffuso astio popolare). Si è avuta l’impressione che ci fossero elettori disposti perfino a pagare pur di votargli contro.
Umiliante, la sconfitta, la rendono i suoi atteggiamenti, dal “se perdo lascio la politica perché io non sono come gli altri”, continuamente ripetuto, all’occupazione delle televisioni, alle elargizioni di danaro, alle bugie, alle sue bombarde contro l’Europa, a quel suo proporsi come un vecchio saggio davanti a scolaretti che fa tanta irritazione. Del resto così aveva esordito in Senato: con le mani in tasca e con un fare da vecchio condottiero della politica, lui che puzzava di “trovatello” lontano un miglio.
In nessun politico italiano era apparso mai così stridente lo scarto tra ciò che era e ciò che voleva sembrare. No, non si tratta di un caso di maleducazione; Renzi non è maleducato, soffre di un evidente complesso di superiorità, una specie di convinta predestinazione ad essere e a fare cose straordinarie nella vita. Non a caso si è proposto come il “rottamatore”.
Il giorno successivo alla tremenda scoppola subita la televisione lo ha ripreso per strada mentre se la fischiettava come un operaio che aveva appena smesso di lavorare e andava a prendere la metro per tornare a casa. Perché lui se si comporta come un grand’uomo davanti a platee importanti; poi si comporta come uno spazzacamino dopo aver scapolato. Il giorno successivo ancora, alla direzione del suo partito, ha continuato ad ostentare disinvoltura coi suoi tipici atteggiamenti di grand’uomo, rivolgendosi all’assemblea con “oh, ragazzi”, “boni”, e via apostrofando. Che non è linguaggio da sedi istituzionali ma da bar o da stadio.
La batosta avuta non si capisce se non si tengono in considerazione anche questi elementi, che saranno pure marginali ma servono a capire l’uomo. Si racconta che ad Achille Starace Lecce, che pure era la sua città e si era in regime fascista, non perdonò mai l’essersi presentato in pubblico col frustino in mano.
Naturalmente ce ne sono altri, di motivi, che spiegano la sconfitta di Renzi, innegabili come l’aria che respiriamo. Primo, la sua nomina, ovvero la sua investitura, avvenuta secondo modalità feudali, da parte di Napolitano. Secondo, un parlamento considerato “illegale” perché votato con una legge incostituzionale (e qui le virgolette non c’entrano!). Terzo, il mettere continuamente il voto di fiducia per far passare leggi non condivise nemmeno dal suo stesso partito. Quarto, la spregiudicatezza nel violare intese con gli alleati. Quinto, il fallimento delle sue riforme, proposte come fiori all’occhiello. Sesto, la prepotenza di sbattere fuori dalle commissioni parlamentari quelli che non gli erano ubbidienti e i direttori di testate giornalistiche non in linea. Il caso de Bortoli in testa. Si fa male a non parlare. In Italia oltre al linguaggio, c’è il silenzio politicamente corretto. Quello dei giornalisti è reticenza.  
Nei giorni di consultazioni da parte del Presidente della Repubblica, lui ne ha fatte altre in parallelo da Palazzo Chigi, poco curandosi di apparire quanto meno irriguardoso. Se potesse rottamare Mattarella, forse voluto da Napolitano, di sicuro lo farebbe.
Ora, se non vuole che la gente lo fischi e lo spernacchi per la strada, deve uscire di scena. Se ne deve stare buono-buono per un po’ di tempo; deve mettersi a disposizione della causa del proprio partito e della nazione, con umiltà. Né farebbe male se trovasse il modo per chiedere scusa a quanti in questi due anni e mezzo ha offeso o umiliato, incominciando dal popolo italiano.
La situazione che lascia è davvero ingarbugliata e grave. L’elettorato ha detto chiaramente che vuole votare, che vuole recuperare finalmente una condizione di paese normale. Resta tuttavia l’inghippo del sistema elettorale, che non c’è o non è uniforme per Camera e Senato. E già! Anche qui si nota l’improntitudine di Renzi, ha dato per certo che il referendum l’avrebbe vinto e che il Senato sarebbe stato eletto con le Elezioni Regionali. Conclusione: se si dovesse votare coi sistemi vigenti, sarebbe un’altra porcata. Per fare una legge elettorale uniforme è necessario fare prima un governo. E qui è il punto. Quanto durerà? Il tempo per la legge elettorale o per far maturare il vitalizio ai tanti parlamentari che ci sono nelle due Camere? E se, per non farla sporca, si decidesse di portare fino a conclusione la legislatura, fino al 2018? Sono domande che i cittadini si pongono e che forse troveranno una qualche risposta nei prossimi giorni. Sarebbe auspicabile che la cosiddetta casta desse prova di onestà, facendo una legge elettorale quanto prima per evitare il fondato sospetto di mischiare interessi personali e meschini ad interessi generali e nobili.   

E Renzi? Resta una risorsa importante per il Paese, a condizione che faccia tesoro degli errori commessi, che consideri questo suo primo governo un periodo di tirocinio, di prova per vedere che cosa è andato bene e che cosa è andato male. Se pensa, come purtroppo sembra voglia fare, che era nel giusto e che è rimasto vittima di chi non vuole che in questo Paese cambi mai niente, ovvero del partito grigio della conservazione, come si diceva una volta, e persevera nei suoi atteggiamenti di parvenu della politica, un incontinente dello strafare e dello stramostrare, allora il suo destino è segnato. 

Nessun commento:

Posta un commento