domenica 4 dicembre 2016

Renzi, dagli insulti al ragionamento


A Firenze i tipi come Mattero Renzi, alla Pimpinella la sbruffoncella, la vignetta settimanale del “Grand’hotel” di tanti anni fa, li chiamano bombardini. Se mancava un’immagine plastica di questa nuova maschera nazionale, con Renzi ce l’abbiamo. Da noi, nel Salento, i tipi come lui li chiamiamo semplicemente cachielli, giovinotti supponenti che si atteggiano a grandi, che posano e sparano palle. Paese che vai, maschere e nomi che trovi. Ma mettiamo da parte gli “insulti”, ormai ingredienti insostituibili del dibattito politico. Del resto, quando a casa seguo i vari telegiornali e sento dire da Renzi e dalla renzaglia delle colossali minchiate, un po’ insultato e offeso mi sento.
Ma veniamo al punto. Renzi ha fatto una lunga serie di errori in quest’ultimo anno. Incominciò col voler far approvare a colpi di maggioranza una riforma costituzionale che avrebbe portato diritti-diritti al referendum con la conseguente spaccatura del paese. In questo, discepolo di Berlusconi! Quanto si è verificato in questo mese di campagna referendaria lo dimostra e avanza, tanto che le massime cariche dello Stato, da Mattarella alla Boldrini, preoccupate, invocano la cucitura del paese. Si vanta di essere riuscito a fare quello che altri non sono riusciti. Gli altri semplicemente non hanno voluto fare quello che ha fatto lui. D’Alema, per esempio, con la Bicamerale la riforma la fece, ma siccome si trattava di imporla in Parlamento a forza di maggioranza, dopo che Berlusconi si era sfilato, preferì desistere. Come Renzi oggi fece Berlusconi ieri – l’ho appena detto – nel 2005: riforma fatta, referendum e sconfitta nel 2006. Dunque, dove sta l’impresa di Renzi? Sta nel fatto che con lui c’è il famigerato establishment, come dimostrano i tanti Mieli e Prodi, Pera e Urbani, Casini e Benigni, e compagnia teatrante; ai tempi di Berlusconi l’establishment faceva crociate contro.
Il secondo errore fu quando legò la riforma alla sua persona. Se non passa mi ritiro dalla politica – disse – trasformando un referendum su un quesito di ampia portata politica e costituzionale in uno specifico personale: pro o contro la sua persona. O non capiva la grandezza della cosa o gonfiava la sua piccolezza fino a confondere la Costituzione tra i pupazzi di via San Gregorio Armeno. Oggi riconosce di aver sbagliato e prende atto che c’è tanta gente in questo paese che gli è avversa, visceralmente avversa. Diceva sempre che lui metteva la faccia. Lui non si ritira più, ma ha già ritirato la faccia; la faccia lui l’ha persa. Per cavarsela è costretto a mangiare pane altrui, guarda caso dei suoi rottamati o tali presunti. Di qui i tanti appoggi ricevuti, come di sopra citati. Fino agli impazziti, come Prodi, il quale critica la riforma per mesi e poi annuncia che voterà SI. Ma presto il rottamatore si accorgerà di essersi in parte rottamato da solo, perché quando si mangia pane altrui, si finirà per accorgersi “sì come sa di sale”, secondo i versi di quell’immortale suo conterraneo, che fu esule per l’Italia.
Il terzo errore è stato di appoggiare apertamente la Clinton nella campagna elettorale americana per le presidenziali, ritrovandosi con un Trump vincitore e certamente non “amico”, per lo meno suo. Il già “isolazionista” Trump non avrà certo per l’Italia un occhio di riguardo. Poi vedremo quali saranno le conseguenze.
Il quarto errore, in continuità di tempo, è quello delle regalìe: 800 Euro a chi ha un reddito inferiore a 1.200 euro, 500 Euro una tantum ad ogni diciottenne, aumenti alle pensioni più basse e via elargendo. Sono soldi buttati perché improduttivi, autentici regali che, salvo il reato di voto di scambio, ricorda la vendita delle indulgenze; qui indulgenze di voti.
Il quinto errore lo sta facendo in questi giorni: continua a sparare palle contro l’Europa, che lui dice di voler riformare. Dopo l’Italia riformerò l’Europa. Bum! Il sospetto che si renda conto di dire stronzate è legittimo; ma se così è gli italiani avrebbero ragione di sentirsi quotidianamente offesi da uno che li considera dei rincoglioniti. Chiedo scusa per il turpiloquio, ma come si fa a fare il pulitino in una fossa di letame? Certe sparate di Renzi ricordano il Mussolini di ottanta anni fa, in una situazione completamente diversa da quella odierna. E tuttavia anche per il Duce risultarono smargiassate, assolutamente prive della minima possibilità di concretizzare alcunché: le “reni della Grecia”, la “battigia” siciliana. Si dice che a degli universitari, che, in visita a Palazzo Venezia nel 1943, chiesero “ma Duce perché stiamo perdendo dappertutto?”, Mussolini finì con l’ammettere che “perfino Michelangelo con certa creta avrebbe fatto solo dei càntari”. Renzi impari almeno l’arte figula. Qui nel Salento abbiamo ottimi maestri.
Il sesto errore è di voler cambiare la legge elettorale detta Italicum dopo averla fatta votare ponendo il voto di fiducia e dopa averla definita un capolavoro immodificabile. La parola di Renzi, per sue stesse prove, non vale niente. Ma non è della parola che qui si tratta, bensì degli effetti politici. Lui dice che deve piegarsi alla volontà della maggioranza, sicché il capolavoro dell’Italicum, entrato in vigore il 1° luglio di quest’anno, viene abolito senza mai essere stato messo in moto. E questo sarebbe il grande messìa della politica italiana? Fa a luglio ciò che disfa a novembre. Come la  sua Firenze dei tempi di Dante?: “fai tanto sottili / provvedimenti,  che a mezzo novembre  / non giugne quel che tu d’ottobre fili”. Così nella celebre invettiva.
Ma il furbastro fiorentino coglie la palla al balzo e rottama l’Italicum perché è un sistema elettorale che si pensa favorisca alle elezioni il Movimento 5 Stelle. E vi pare una cosa corretta cambiare i sistemi elettorali a convenienza? Qui viene meno la divisione dei poteri. E’ un fatto di estrema gravità, perché se passa l’idea che in Italia non puoi vincere le elezioni secondo leggi e sistemi vigenti, allora occorre prendere il potere diversamente. Catilina, prima di ricorrere alla congiura e all’aperta sfida militare contro Roma, tentò tre volte di diventare console con le buone, ma quel manipolatore di Cicerone glielo aveva sempre impedito con vari discutibili cavilli. 

Molti, in questi giorni, mi hanno chiesto per chi voto. Ho risposto secco e seccato: voto per il NO. E quando mi hanno chiesto perché, ho risposto: per principio, perché la Costituzione nel XXI secolo non la concede e non la trasforma un governo. Se tanto accade vuol dire che non è poi passato tanto tempo da quando nel 1848 lo Statuto lo concedevano, per grazia loro, i sovrani, Ferdinando II di Napoli, il Granduca di Toscana, Carlo Alberto di Sardegna. Un regresso di quasi due secoli. Ma di questo se ne accorge solo chi conosce la storia. Gli altri sono semplicemente beati.  

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