domenica 23 ottobre 2016

Bob Dylan, il Nobel e i cavoli a merenda


Dopo l’assegnazione del Nobel per la Letteratura a Bob Dylan non si può dire più che i cavoli a merenda non c’entrino. A merenda c’entra proprio tutto, cime di rape e peperoncini piccanti. Infatti mi chiedo: che cos’è la merenda? Chi può dire in che cosa essa consista? Su, fatevi sotto, bacchettoni della conservazione! Dite: che cos’è la merenda?
Come era prevedibile, il Nobel a Dylan ha partorito molti soccorritori del vincitore; in questo caso più che Dylan, l’Accademia Svedese che glielo ha assegnato. Attitudine, a quanto pare – quella di andare in soccorso dei vincitori – non solo italiana; con buona pace di Flaiano. Perfino scrittori e letterati, oltre che critici e professori di letteratura, in fregola di modernismi e giustificazionismi, si sono interrogati su come definire la letteratura. Dopo millenni c’è ancora chi non sa che cosa sia; pronto a dire che potrebbe essere anche culinaria, pasticceria, macelleria, camiceria, stireria ed altre concerie e sconcerie.
La letteratura è scrittura. Punto! Letteratura viene da leggere e si legge solo ciò che è scritto; scritto per essere letto. Si può usare anche il verbo leggere in senso metaforico; ma questo è un altro discorso. E dunque, la letteratura riguarda romanzi, racconti, fiabe, commedie, tragedie, farse, poesie, memorie, diari. La letteratura è stata sempre questo, tante cose ma sempre scrittura.
A rigore, neppure la poesia è letteratura; anzi, a definirla tale le si produce una deminutio. Perché poesia è ciò che prescinde dal dato materiale e porta ad una sfera emotiva, lirica. Croce parlava di poesia pura. E’ poesia L’infinito e non è poesia La ginestra, per stare al Leopardi. E’ poetico perfino un gesto, se in esso si coglie ciò che va oltre la sua fisicità. Ma, in quanto scrittura, ovvero messa in ordine una serie di parole, la poesia è letteratura; e perciò va bene che uno scrittore di poesie abbia il Nobel per la letteratura. 
Si vuole introdurre una novità a Stoccolma? Bene, si aggiunga arte a letteratura e si dica Nobel per la Letteratura e l’Arte. Che male ci sarebbe? Si eviterebbe alla povera letteratura di subire lesioni o invasioni di campo.
Si potrebbe dare il Nobel anche ad un pittore, ad uno scultore, ad un compositore musicale, a chiunque abbia a che fare, oltre che con la letteratura, con l’arte. Si potrebbe assegnare il premio ad un letterato e ad un artista insieme, come accade spesso per il Nobel per l’Economia, per la Pace o per altra disciplina per lo più scientifica. Insomma, si potrebbe trovare una soluzione senza creare tante perplessità.
Trovo mortificante che persone intelligenti e capaci, pur di non dispiacere all’aura politica che le circonda, facciano contorsionismi mentali per dare legittimità a ciò che non ha niente di legittimo. Onore, di converso, a chi ha detto, papale-papale, che a Stoccolma, conferendo il Premio Nobel per la Letteratura a Bob Dylan, hanno compiuto una enormità.
Si dice che ci sono canzonettisti che sono autentici poeti; in Italia, per esempio, Fabrizio De Andrè. Ho letto su un’antologia scolastica degli anni Settanta, ad impostazione tematica, alcuni suoi testi fra cui La guerra di Piero. Bellissima canzone, se ascoltata con canto e musica; ma, a leggerla, è roba da dilettanti allo sbaraglio: rime forzate, assonanze, versi diseguali, senza ritmo. Molti cantautori italiani dicono che la lingua italiana si presti poco ad essere musicata e cantata perché abbonda di parole piane, poco musicabili. Di qui l’utilizzo di parle ed espressioni al limite del nonsense. Con la lingua inglese va meglio. Così dicono gli addetti ai lavori, perché ha parole corte e tronche. Le parole scritte per essere musicate, in qualunque lingua, possono avere anche del poetico, ma non sono letteratura; esse sono pensate per altro, senza quell'altro non hanno senso. 
Quel che va detto sul Premio Nobel per la Letteratura e – se vogliamo – per la Pace è che l’Accademia Svedese si riserva ogni anno uno spazio politico, che a questo punto sarebbe più pertinente all’Onu. L’Accademia svedese esercita così un potere che deborda dalle sue iniziali intenzioni, benché per scopi nobilissimi.
Ma l’Accademia svedese mette i soldi della baracca e fa quel che vuole. E’ il suo modo di affacciarsi ogni anno sullo scenario politico del mondo con un suo messaggio forte. Non si spiegano diversamente certe assegnazioni e ancor meno certe esclusioni.
Se volessimo dirla tutta, relativamente alla Letteratura, sono di più i meritevoli di Nobel che il Nobel non hanno avuto di quelli che lo hanno avuto. Moltissimi se lo sono meritato, ma molti lo hanno avuto per ragioni politiche. Tra gli esclusi ce ne sono alcuni che gridano vendetta: si pensi ad Ungaretti, a Borges, a Pound. Mostri, questi, di grandezza poetica e letteraria in senso più vasto.

Quando nel 1997 il Nobel fu assegnato a Dario Fo, scoppiarono polemiche. A mio avviso Fo il Premio se l’era meritato, anche se – a dire il vero – fu una sorpresa per tutti. Nel mondo c’erano fior di scrittori e di poeti che il Nobel lo meritavano assai più di lui. Ed altri scrittori di teatro – pensiamo a Eduardo – che pur grandi e grandissimi il premio non lo avevano avuto. E comunque l’assegnazione rimaneva nel pertinente perché Dario Fo era uno scrittore di teatro, oltre che attore e regista. Perché proprio a lui? Ovvio: per ragioni politiche. Fo era un comunista e tale è rimasto fino alla morte ed oltre se il figlio Jacopo ha salutato i partecipanti al di lui funerale cantando Bella ciao e salutando col pugno chiuso. Con tanto di marameo del defunto Nobel per la letteratura. Pardon, per la messa in scena!
Dylan, a quanto pare, il Nobel per la letteratura non lo vuole; sa che non gli compete. E, se lo sa lui...

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