domenica 18 settembre 2016

Pietà per i disgraziati, requiem per la società


La vicenda di quella ragazza, innominabile, che dopo essersi fatta riprendere mentre faceva l’amore e inviato agli amici l’impresa, si è suicidata quando si è accorta di essere diventata irrecuperabilmente l’oggetto di scherno e di vergogna virali su tutto il web, è uno di quei messaggi anticipatori di rovina che una volta si attribuivano agli dei e che gli umani leggevano nelle viscere degli animali.
Mettiamola così. Pietà per quella povera disgraziata. Che gli dei, in considerazione della sua tragedia, passino su ogni giudizio e la mettano in uno dei loro paradisi.
Ma l’episodio, triste e oltremodo sconfortante, che mette in crisi la fiducia nel genere umano, è niente se confrontato al contesto in cui è stato trattato dal tribunale mediatico. Tutti in “soccorso” – si fa per dire – di quella ragazza e nessuno che abbia speso mezza parola per condannare l’episodio in sé: il farsi riprendere in un atto sessuale, con dovizie di commenti, e diffonderne il film. Un atto incredibile, che oggi purtroppo, in epoca di esaltazioni gay, di travestiti, di pedofilia diffusa, di scambi di coppia, di aberrazioni e degenerazioni di ogni tipo, è semplicemente normale. Di più, non è normale che qualcuno si indigni. L’improvvido passa per fascista, nazista, razzista e tanti altri di inappellabile condanna sociale.
Neppure la chiesa osa più parlare di peccati, di continenza, di rispetto del proprio corpo e del proprio spirito, della propria famiglia. La chiesa, specialmente come la interpreta Francesco, è un’agenzia sindacale e politica. Gli uomini possono fare tutto quello che vogliono: Dio non si stanca di perdonare. Dio! E gli uomini, che hanno il dovere di guidare il gregge verso Dio, che fanno, lo lasciano pascolare nella più assoluta deresponsabilità di se stessi e degli altri?
La desacralizzazione del sesso e di ogni elemento di intimità spacciata per liberazione dell’individuo da ogni tabù; la possibilità tecnologica di fare quel che si vuole accompagnata da leggi cosiddette garanti dei diritti umani; il progressivo scivolamento verso forme di animalità istintuale e brutesca: sono tutti elementi che stanno uccidendo la società. La stanno colpendo nei suoi organi vitali, nelle sue connessioni di tenuta: la cultura, la civiltà, la tradizione.
L’attacco all’individuo e alla società parte da lontano. Alcuni anni fa, primi anni Sessanta, incomiciarono i governanti di centrosinistra ad attaccare la scuola. Troppo esclusivista – dissero – e troppo selettiva. Erano arrivati da poco i socialisti, affamati di giustizia sociale e, come poi avrebbero dimostrato, di soldi e di arricchimenti illeciti. Non potendo tutti diventare bravi, facciamoli tutti diventare mediocri e nulli. Non potendo essere tutti probi, diventiamo tutti ladri e farabutti. Oggi c’è circa il 50 per cento di analfabeti funzionali, persone che sanno leggere e scrivere ma non sanno se leggono il senso di quello che hanno letto e, quanto a scrivere, non vanno oltre le loro minchiate da facebook e waths-app; sono tutti prodotti di quella scuola. Queste persone, che morale propria e che etica possono avere?
Si continua a girare attorno ad una tragedia, che è la risultanza di cinquant’anni di diseducazione individuale e sociale. La stampa e i tecnici del diritto, avvocati e giudici, dicono che non si può fare niente dopo aver diffuso sul web un documento; impossibile fermarne la diffusione. Allora, quale migliore risposta da dare a simili pericoli sociali se non quella di colpire quanti capitano, con piccoli o grandi casi di diffusione di immagini o scritti diffamanti e indecorosi, in modo da castigarli ed esporli ad esempio perché altri si guardino bene dal fare la stessa cosa? Invece, niente. Le cose stanno così e ognuno si arrangi.
Quella povera ragazza aveva perfino tentato di bloccare ciò che non poteva più essere fermato; non solo non era riuscita ma addirittura veniva condannata a pagare parte delle spese. E’ a questo punto che, novella Emma Bovary, ha deciso di togliersi la vita, di pagare per qualcosa di cui era senza dubbio responsabile, ma con l’attenuante, solo formalmente generica, di trovarsi a vivere in una società senza regole, senza valori, senza legge. Sì, senza legge, perché di fronte alle tecnologie della comunicazione di oggi, sempre in progress, la legge si trova del tutto impreparata a fronteggiarne gli abusi e le devianze.

Un caso, quella povera ragazza, che deve far pensare non poco chi oggi ha un minimo di capacità di amministrare una società ormai sfuggita di mano e in balìa di forze incontrollabili. Col suo gesto estremo, forte, quella ragazza ha riscattato un gesto di debolezza. Questa società, che ha creato le condizioni di ogni sbandamento e la perdita di ogni valore, quando si decide a compiere qualche gesto di riscatto? Come su un piano inclinato precipitiamo verso il baratro, nell’ignoranza e nell’allegria. Quella ragazza è morta, ma il vero requiem è per la società che l’ha indotta a perdersi e a uccidersi.

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