Matteo Renzi dà l’impressione di
non preoccuparsi dei fischi, che sempre più spesso riceve dal pubblico di una
sala-conferenze o dalla gente in piazza o per strada, meno ancora dei fiaschi.
Dà ad intendere che i fischi per un politico sono la quotidianità, perché, come
dice un proverbio, chi ne fa ne sbaglia. Quanto ai fiaschi, è abile per
nasconderli. Certo, lui non ammette di sbagliare; e finge di rispettare la
percezione dei cittadini, sui quali evidentemente ricadono le conseguenze degli
errori di chi governa.
Ma le cose stanno un po’
diversamente da come le pensa e le presenta lui. I fischi ricevuti per il Jobs
act o per la riforma scolastica erano di persone interessate che non
condividevano i due provvedimenti. I fischi, che sta ricevendo da qualche
tempo, sono più di massa, indistinti, provenienti da un pubblico meno
settoriale. Sono fischi che fanno male, perché nascono da fiaschi veri e
diffusi e lo colpiscono su quella faccia che lui ci mette da sempre.
Come reagisce Lorenzi il Magnifico? Lamenta che i suoi
oppositori interni, per intenderci la sinistra del suo partito, lo contrasta a
prescindere e lo evidenzia sottolineandone le contraddizioni e a volte le
incongruenze. Ha buon gioco a dire: prima votate una legge e poi siete contro;
non volete che le feste dell’Unità siano feste del governo, ma poi pretendete
che lo siano di una corrente del Pd; prima mi accusate di aver personalizzato
delle riforme importanti e strutturali, di ricaduta nazionale, e poi siete voi
che personalizzate i risultati elettorali di elezioni locali; mi rimproverate i
voti di Verdini, ma Verdini vota con noi da sempre, perché le elezioni del 2013
non le abbiamo vinte e abbiamo bisogno di “integratori”. Integratori lo dico
io.
Insomma, Renzi si rivela, come al
solito, molto abile nel districarsi polemicamente tra attacchi esterni e
sgambetti interni, che sono, secondo tradizione italica, i più pericolosi. Ma
la scaltrezza dialettica, basata nel rilevare le contraddizioni degli altri,
rivela anche la pochezza delle proprie posizioni. Come
la lezione evangelica: la pagliuzza nell’occhio mio non è un male dato che a
dirmelo che ce l’ho sei tu che hai una trave nel tuo. No, Renzi dovrebbe
spiegare piuttosto che è un male avere la pagliuzza nell’occhio, e basta.
In realtà Renzi gode di una serie
di circostanze fortunose, la prima delle quali è che i suoi avversari, tutti,
interni ed esterni, non hanno mai un’alternativa seria da proporre. Essi sono
la sommatoria di debolezze e di incertezze. Le debolezze, sommandosi, non fanno
una fortezza; idem per le incertezze.
In una situazione del genere uno
come lui, scaltro nella parlantina, salvo qualche periodica caduta di stile,
imperdonabile ad altri, ma non a lui riesce sempre a cavarsela alla grande, al punto che
alla fine chi lo aveva fischiato gli stringe la mano e lo abbraccia. Ma l’attaccare
i contrari all’abolizione del Senato, per esempio, con la battuta dell’eliminazione
di un politico su tre, “uno, due, muori; uno due, muori”, è francamente
infelice. Sembrava avesse un mitra in mano ed un berretto col teschio in mezzo
sulla visiera.
Parole e parole a parte, due sono
le realtà indiscutibili. La prima è che i suoi avversari, non avendo
alternative serie da proporre per la loro debolezza, finiscono per piegarsi "felicemente" ai
suoi diktat, vedi i tanto vituperati voti di fiducia, che fanno salvare la
faccia a tutti. La seconda è che, nonostante la propaganda da regime, la
situazione in Italia è negativa e che le tanto osannate riforme non hanno
prodotto nulla di veramente importante, compresi i famosi ottanta euro per i
percettori di redditi inferiori ai millecinquecento euro mensili.
Al confronto appare sempre più
chiaro che l’esperienza di Monti, pur con tutte le sue “imposizioni”, è stata
più decisiva nel far uscire l’Italia da una situazione nella quale si era
ritrovata per non mai chiarite situazioni nazionali ed europee. Il sorrisetto
d’intesa o di complicità tra il francese Sarkozy e la tedesca Merkel resta l’icona più significativa di
quel periodo.
Il vero guaio di Renzi incomincia
a delinearsi ed è quello proveniente dalla gente, non dagli oppositori della
“casta”. Se ne rende conto. La faccia è molto più sensibile delle spalle; e
Renzi uomo di faccia è.
L’immigrazione non è
un’invasione - dice - l’Italia è presente in tutto il mondo in missioni politiche di
pace, le tasse scendono; ma intanto la gente non può non collegare i tanti
tagli a servizi essenziali (ospedali, treni, tribunali, scuole, pubblici
servizi) all’enormità di spese che l’Italia sopporta quotidianamente per
raccogliere emigranti in mare, per sistemarli, anche se in maniera vergognosa e
barbara, per tenere in giro nel mondo tanti nostri militari. Siamo il secondo
paese dopo gli Stati Uniti d’America a tenere tanti militari in missione fuori
dal territorio nazionale.
Il Jobs act non ha ancora
prodotto effetti rassicuranti, un giorno si parla di effetti miracolosi e un
altro del contrario, mentre i nostri giovani stanno svuotando il paese per
sistemarsi altrove. Quanto alla diminuzione delle tasse, è una vera presa per
quella neonobilitata parte anatomica che non
decet nominare: per ogni tassa diminuita o eliminata dal governo, altre la
compensano con imposizioni comunali e regionali. Sicché, nel dare e avere del
cittadino, è sempre di più il dare che l’avere.
Matteo Renzi può dire quello che
vuole – con quella faccia! – ma la realtà è che l’Italia è un paese con due
valvole: una di entrata, che fa aumentare il numero degli stranieri, fino a
raggiungere il preoccuante numero di sei milioni (10%); e l’altra di uscita,
dalla quale partono le nostre risorse umane più importanti; giovani laureati
brillanti in ogni settore della scienza e della tecnologia. Se il trend non
cambia, tra una decina d’anni o due, l’Italia sarà un’altra cosa rispetto a
quella che abbiamo conosciuto. Beati allora coloro che non l’hanno conosciuta! Non si guasteranno il fegato.
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