domenica 12 giugno 2016

Renzi tra fischi e fiaschi


Matteo Renzi dà l’impressione di non preoccuparsi dei fischi, che sempre più spesso riceve dal pubblico di una sala-conferenze o dalla gente in piazza o per strada, meno ancora dei fiaschi. Dà ad intendere che i fischi per un politico sono la quotidianità, perché, come dice un proverbio, chi ne fa ne sbaglia. Quanto ai fiaschi, è abile per nasconderli. Certo, lui non ammette di sbagliare; e finge di rispettare la percezione dei cittadini, sui quali evidentemente ricadono le conseguenze degli errori di chi governa.
Ma le cose stanno un po’ diversamente da come le pensa e le presenta lui. I fischi ricevuti per il Jobs act o per la riforma scolastica erano di persone interessate che non condividevano i due provvedimenti. I fischi, che sta ricevendo da qualche tempo, sono più di massa, indistinti, provenienti da un pubblico meno settoriale. Sono fischi che fanno male, perché nascono da fiaschi veri e diffusi e lo colpiscono su quella faccia che lui ci mette da sempre.
Come reagisce Lorenzi il Magnifico? Lamenta che i suoi oppositori interni, per intenderci la sinistra del suo partito, lo contrasta a prescindere e lo evidenzia sottolineandone le contraddizioni e a volte le incongruenze. Ha buon gioco a dire: prima votate una legge e poi siete contro; non volete che le feste dell’Unità siano feste del governo, ma poi pretendete che lo siano di una corrente del Pd; prima mi accusate di aver personalizzato delle riforme importanti e strutturali, di ricaduta nazionale, e poi siete voi che personalizzate i risultati elettorali di elezioni locali; mi rimproverate i voti di Verdini, ma Verdini vota con noi da sempre, perché le elezioni del 2013 non le abbiamo vinte e abbiamo bisogno di “integratori”. Integratori lo dico io.
Insomma, Renzi si rivela, come al solito, molto abile nel districarsi polemicamente tra attacchi esterni e sgambetti interni, che sono, secondo tradizione italica, i più pericolosi. Ma la scaltrezza dialettica, basata nel rilevare le contraddizioni degli altri, rivela anche la pochezza delle proprie posizioni. Come la lezione evangelica: la pagliuzza nell’occhio mio non è un male dato che a dirmelo che ce l’ho sei tu che hai una trave nel tuo. No, Renzi dovrebbe spiegare piuttosto che è un male avere la pagliuzza nell’occhio, e basta.
In realtà Renzi gode di una serie di circostanze fortunose, la prima delle quali è che i suoi avversari, tutti, interni ed esterni, non hanno mai un’alternativa seria da proporre. Essi sono la sommatoria di debolezze e di incertezze. Le debolezze, sommandosi, non fanno una fortezza; idem per le incertezze.
In una situazione del genere uno come lui, scaltro nella parlantina, salvo qualche periodica caduta di stile, imperdonabile ad altri, ma non a lui riesce sempre a cavarsela alla grande, al punto che alla fine chi lo aveva fischiato gli stringe la mano e lo abbraccia. Ma l’attaccare i contrari all’abolizione del Senato, per esempio, con la battuta dell’eliminazione di un politico su tre, “uno, due, muori; uno due, muori”, è francamente infelice. Sembrava avesse un mitra in mano ed un berretto col teschio in mezzo sulla visiera.
Parole e parole a parte, due sono le realtà indiscutibili. La prima è che i suoi avversari, non avendo alternative serie da proporre per la loro debolezza, finiscono per piegarsi "felicemente" ai suoi diktat, vedi i tanto vituperati voti di fiducia, che fanno salvare la faccia a tutti. La seconda è che, nonostante la propaganda da regime, la situazione in Italia è negativa e che le tanto osannate riforme non hanno prodotto nulla di veramente importante, compresi i famosi ottanta euro per i percettori di redditi inferiori ai millecinquecento euro mensili.
Al confronto appare sempre più chiaro che l’esperienza di Monti, pur con tutte le sue “imposizioni”, è stata più decisiva nel far uscire l’Italia da una situazione nella quale si era ritrovata per non mai chiarite situazioni nazionali ed europee. Il sorrisetto d’intesa o di complicità tra il francese Sarkozy e la tedesca Merkel resta l’icona più significativa di quel periodo.
Il vero guaio di Renzi incomincia a delinearsi ed è quello proveniente dalla gente, non dagli oppositori della “casta”. Se ne rende conto. La faccia è molto più sensibile delle spalle; e Renzi uomo di faccia è.
L’immigrazione non è un’invasione - dice - l’Italia è presente in tutto il mondo in missioni politiche di pace, le tasse scendono; ma intanto la gente non può non collegare i tanti tagli a servizi essenziali (ospedali, treni, tribunali, scuole, pubblici servizi) all’enormità di spese che l’Italia sopporta quotidianamente per raccogliere emigranti in mare, per sistemarli, anche se in maniera vergognosa e barbara, per tenere in giro nel mondo tanti nostri militari. Siamo il secondo paese dopo gli Stati Uniti d’America a tenere tanti militari in missione fuori dal territorio nazionale.
Il Jobs act non ha ancora prodotto effetti rassicuranti, un giorno si parla di effetti miracolosi e un altro del contrario, mentre i nostri giovani stanno svuotando il paese per sistemarsi altrove. Quanto alla diminuzione delle tasse, è una vera presa per quella neonobilitata parte anatomica che non decet nominare: per ogni tassa diminuita o eliminata dal governo, altre la compensano con imposizioni comunali e regionali. Sicché, nel dare e avere del cittadino, è sempre di più il dare che l’avere.

Matteo Renzi può dire quello che vuole – con quella faccia! – ma la realtà è che l’Italia è un paese con due valvole: una di entrata, che fa aumentare il numero degli stranieri, fino a raggiungere il preoccuante numero di sei milioni (10%); e l’altra di uscita, dalla quale partono le nostre risorse umane più importanti; giovani laureati brillanti in ogni settore della scienza e della tecnologia. Se il trend non cambia, tra una decina d’anni o due, l’Italia sarà un’altra cosa rispetto a quella che abbiamo conosciuto. Beati allora coloro che non l’hanno conosciuta! Non si guasteranno il fegato.     

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