domenica 21 febbraio 2016

Papa Francesco: sbavature messicane


Papa Francesco dà l’impressione di non saper mettere sempre in conto le conseguenze delle sue parole e dei suoi gesti, tradendo una inadeguatezza di fondo all’importantissimo ruolo che occupa. Egli appare come un artigiano che, abituato a lavorare con martello e scalpello, si trova improvvisamente davanti ad un sofisticatissimo macchinario computerizzato. Il mondo non è l’America Latina, è qualcosa di più, è qualcosa di meno, è qualcosa di peggio ed è qualcosa di meglio. Pretendere di gestire le anime dell’intera ecumene, avendo una visione parziale di essa, potrebbe portare ad esiti discutibili, forse perfino rovinosi. Il tempo lo dirà.
In aereo, di ritorno dal Messico, incalzato dai giornalisti, ha detto due cose che ne rafforzano il profilo di uomo pubblico un po’ trasandato. La prima è che “chi costruisce solo muri non è cristiano”; l’ha detto chiaramente contro Donald Trump in piena corsa per la candidatura repubblicana alla Casa Bianca. Il candidato repubblicano ha promesso che se eletto presidente farà costruire un muro tra Messico e Stati Uniti lungo tutto il confine, per impedire che i messicani sconfinino nel suo paese e lo invadano coi loro portati di violenza, di droga e di ogni altra nefandezza sociale.
A mio modestissimo avviso, senza avere la furia mistica di uno Jacopone da Todi esercitata contro Bonifacio VIII, dico che ha sbagliato; e non per un motivo soltanto. E’ vero che il Papa ha tutto il diritto di dire, oltre che il dovere, che chi costruisce solo muri non è cristiano – peraltro condivisibilissimo pensiero – ma dirlo in quel momento e in quella circostanza lo ha inchiodato ad una polemica, dalla quale un personaggio di così elevata statura spirituale dovrebbe tenersi lontano. E difatti Trump, un miliardario già noto per le sue sparate contro gli avversari politici e più in generale contro chi lo critica, ha risposto da par suo: “mettere in dubbio la fede di una persona è vergognoso; Francesco è un papa che fa politica”. Sicché papa Francesco si sarebbe comportato in maniera vergognosa; farebbe il politico. Questo e non altro è l’esito della sua dichiarazione, buona e doverosa in sé, ma detta in un momento e in un luogo sbagliati, con una chiara allusione deformante per aggiunta, “solo muri”, come se Trump volesse solo costruire muri e non altro. Va da sé che un politico deve sapere ed essere pronto a costruire muri quando occorrono i muri e a costruire ponti quando occorrono i ponti.
La seconda dichiarazione improvvida papa Francesco l’ha fatta sulle unioni civili; più o meno di questo tenore: “il papa non si immischia nelle faccende politiche italiane”. Giusto! Anche questa affermazione ha in sé del buono. Il papa deve pensare al mondo e non soltanto al paese in cui c’è la sede di Pietro. Quante volte la chiesa in Italia non è stata attaccata per le sue intrusioni, più o meno fondate, nella politica? L’ultima, quella del Cardinale Bagnasco a proposito dell’opportunità di usare il voto segreto per l’approvazione della legge sulle unioni civili, trattandosi di una legge ad alta tensione coscienziale.
Ma in questa sua affermazione di principio c’è del pilatesco. Se la vedano i vescovi, io mi lavo le mani. E no, cara Santità! Lei non può fare il messicano in Messico e l’italiano in Italia. Lei è sempre lo stesso, in Messico e in Italia. Qui è in gioco qualcosa di assai più importante di un principio di pratica pontificale.
Con l’approvazione della legge sulle unioni civili è in gioco la stessa visione della vita che da duemila anni sostiene la Chiesa. La società che si vuole costruire è decisamente anticristiana, antispirituale in senso ampio; è la devastazione dei valori millenari, fondati sulla natura e sulla ragione. E ciò a prescindere dal proprio credo religioso.
Mettere al mondo dei figli ed educarli in una cornice sociale di ordine mentale e spirituale non è la stessa cosa che allevarli nel disordine di generi, di genitori, di pratiche esistenziali considerate da sempre, da ben prima del cristianesimo, innaturali e irrazionali. Battersi contro le unioni civili o comunque vogliano chiamarle con tutti gli annessi e i connessi, acquisto di bambini e uteri a noleggio, significa battersi per garantire ai propri figli e più in generale a tutti gli esseri umani di crescere in una famiglia, che è una ed una soltanto. Non è una battaglia quella delle unioni civili; è la guerra della civiltà contro il ritorno alla giungla, unico luogo in cui ognuno fa quello che vuole e che può senza limitazioni di sorta.
La ragione per la quale papa Francesco tace su una questione così importante afferisce – e qui torniamo al punto di partenza – alla sua inadeguatezza a capire le ragioni del singolo all’interno di una società ordinata ed evoluta. Lui – per banalizzare – è fermo alle esigenze di una società, quella latino-americana, che non ha ancora risolto i problemi della fame; mentre non sa che dire ad una società che si trova alle prese con la digestione.

La sua visione francescana della vita riporta la società al medioevo, con tutto quello che significa: rifiuto di ogni principio di profitto, che è alla base della società capitalistica ed industriale, il denaro essendo lo sterco del diavolo; elogio della povertà, non superamento della povertà; vita da vivere secondo bisogni e desideri naturali, quali che essi siano, senza che nessuno si erga a condanne: chi sono io per giudicare?; lotta alla corruzione, al lusso e alla carriera; disprezzo di tutto ciò che non serve ai bisogni materiali e immediati degli uomini. Chiese, musei ed altre strutture – secondo papa Francesco – possono servire ma devono rispondere alle priorità materiali e immediate di chi ha bisogno. Se questo è un papa, viene di farsi turchi.          

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