Papa Francesco dà l’impressione
di non saper mettere sempre in conto le conseguenze delle sue parole e dei suoi
gesti, tradendo una inadeguatezza di fondo all’importantissimo ruolo che
occupa. Egli appare come un artigiano che, abituato a lavorare con martello e
scalpello, si trova improvvisamente davanti ad un sofisticatissimo macchinario
computerizzato. Il mondo non è l’America Latina, è qualcosa di più, è qualcosa
di meno, è qualcosa di peggio ed è qualcosa di meglio. Pretendere di gestire le
anime dell’intera ecumene, avendo una visione parziale di essa, potrebbe
portare ad esiti discutibili, forse perfino rovinosi. Il tempo lo dirà.
In aereo, di ritorno dal Messico,
incalzato dai giornalisti, ha detto due cose che ne rafforzano il profilo di
uomo pubblico un po’ trasandato. La prima è che “chi costruisce solo muri non è
cristiano”; l’ha detto chiaramente contro Donald Trump in piena corsa per la
candidatura repubblicana alla Casa Bianca. Il candidato repubblicano ha promesso
che se eletto presidente farà costruire un muro tra Messico e Stati Uniti lungo
tutto il confine, per impedire che i messicani sconfinino nel suo paese e lo
invadano coi loro portati di violenza, di droga e di ogni altra nefandezza
sociale.
A mio modestissimo avviso, senza
avere la furia mistica di uno Jacopone da Todi esercitata contro Bonifacio
VIII, dico che ha sbagliato; e non per un motivo soltanto. E’ vero che il Papa
ha tutto il diritto di dire, oltre che il dovere, che chi costruisce solo muri
non è cristiano – peraltro condivisibilissimo pensiero – ma dirlo in quel
momento e in quella circostanza lo ha inchiodato ad una polemica, dalla quale
un personaggio di così elevata statura spirituale dovrebbe tenersi lontano. E
difatti Trump, un miliardario già noto per le sue sparate contro gli avversari
politici e più in generale contro chi lo critica, ha risposto da par suo:
“mettere in dubbio la fede di una persona è vergognoso; Francesco è un papa che
fa politica”. Sicché papa Francesco si sarebbe comportato in maniera
vergognosa; farebbe il politico. Questo e non altro è l’esito della sua
dichiarazione, buona e doverosa in sé, ma detta in un momento e in un luogo
sbagliati, con una chiara allusione deformante per aggiunta, “solo muri”, come
se Trump volesse solo costruire muri e non altro. Va da sé che un politico deve
sapere ed essere pronto a costruire muri quando occorrono i muri e a costruire
ponti quando occorrono i ponti.
La seconda dichiarazione
improvvida papa Francesco l’ha fatta sulle unioni civili; più o meno di questo
tenore: “il papa non si immischia nelle faccende politiche italiane”. Giusto!
Anche questa affermazione ha in sé del buono. Il papa deve pensare al mondo e
non soltanto al paese in cui c’è la sede di Pietro. Quante volte la chiesa in
Italia non è stata attaccata per le sue intrusioni, più o meno fondate, nella
politica? L’ultima, quella del Cardinale Bagnasco a proposito dell’opportunità
di usare il voto segreto per l’approvazione della legge sulle unioni civili,
trattandosi di una legge ad alta tensione coscienziale.
Ma in questa sua affermazione di
principio c’è del pilatesco. Se la vedano i vescovi, io mi lavo le mani. E no,
cara Santità! Lei non può fare il messicano in Messico e l’italiano in Italia.
Lei è sempre lo stesso, in Messico e in Italia. Qui è in gioco qualcosa di
assai più importante di un principio di pratica pontificale.
Con l’approvazione della legge
sulle unioni civili è in gioco la stessa visione della vita che da duemila anni
sostiene la Chiesa. La
società che si vuole costruire è decisamente anticristiana, antispirituale in senso ampio; è la devastazione
dei valori millenari, fondati sulla natura e sulla ragione. E ciò
a prescindere dal proprio credo religioso.
Mettere al mondo dei figli ed
educarli in una cornice sociale di ordine mentale e spirituale non è la stessa
cosa che allevarli nel disordine di generi, di genitori, di pratiche
esistenziali considerate da sempre, da ben prima del cristianesimo, innaturali
e irrazionali. Battersi contro le unioni civili o comunque vogliano chiamarle
con tutti gli annessi e i connessi, acquisto di bambini e uteri a noleggio,
significa battersi per garantire ai propri figli e più in generale a tutti gli
esseri umani di crescere in una famiglia, che è una ed una soltanto. Non è una
battaglia quella delle unioni civili; è la guerra della civiltà contro il
ritorno alla giungla, unico luogo in cui ognuno fa quello che vuole e che può
senza limitazioni di sorta.
La ragione per la quale papa
Francesco tace su una questione così importante afferisce – e qui torniamo al
punto di partenza – alla sua inadeguatezza a capire le ragioni del singolo
all’interno di una società ordinata ed evoluta. Lui – per banalizzare – è fermo
alle esigenze di una società, quella latino-americana, che non ha ancora
risolto i problemi della fame; mentre non sa che dire ad una società che si
trova alle prese con la digestione.
La sua visione francescana della
vita riporta la società al medioevo, con tutto quello che significa: rifiuto di
ogni principio di profitto, che è alla base della società capitalistica ed
industriale, il denaro essendo lo sterco del diavolo; elogio della povertà, non
superamento della povertà; vita da vivere secondo bisogni e desideri naturali,
quali che essi siano, senza che nessuno si erga a condanne: chi sono io per
giudicare?; lotta alla corruzione, al lusso e alla carriera; disprezzo di tutto
ciò che non serve ai bisogni materiali e immediati degli uomini. Chiese, musei
ed altre strutture – secondo papa Francesco – possono servire ma devono
rispondere alle priorità materiali e immediate di chi ha bisogno. Se questo è
un papa, viene di farsi turchi.
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