Lunedì, 5 ottobre, Rai Storia
trasmise nella rubrica “Il tempo e la storia”, condotta da Massimo Bernardini ,
una puntata sulla legge Acerbo del 1923, ospite in studio il prof. Giovanni
Sabbatucci, uno degli storici italiani meno “ossessionati” dall’antifascismo,
forse perché è uno dei maggiori conoscitori del fascismo.
Lo stesso Enrico De Nicola,
quello che poi sarebbe diventato a fascismo finito il primo Presidente della
Repubblica Italiana, all’epoca Presidente della Camera, collaborò con Acerbo o
per lo meno gli diede la sua consulenza tecnica, essendo un giurista di
primissimo ordine. E Giovanni Gronchi, che sarebbe diventato il terzo
Presidente della Repubblica – ma che continuità! – era sottosegretario
all’industria nel governo Mussolini. Questa era l’Italia politica di quegli
anni.
E’ ben vero che l’ambiente era
dominato da un perdurante clima di guerra civile e che le stesse tribune di
Montecitorio, mentre si discuteva l’approvazione della legge, erano piene di Camicie
Nere; ma questo spiega relativamente il fenomeno della corsa degli italiani
verso il fascismo.
C’è un’immagine che rende come meglio
non si potrebbe l’idea del consenso di massa, è la partenza di quelle grandi
maratone, che oggi si svolgono periodicamente in diverse località del mondo.
Ecco, se pure uno si ferma o addirittura cerca di fermare altri, viene travolto
e appena appena decalcomanizzato sull’asfalto. E’ la cinetica della politica,
mettiamola così, per non offendere nessuno.
Per tornare alla legge Acerbo, balzano
subito all’attenzione di chi ancora sa essere sveglio due dati. Il primo, che
perfino un De Nicola si mise al servizio
del fascismo. Secondo, che la Chiesa già da allora pregustava concordati e
patti con Mussolini. Gronchi era nel governo in quota Partito Popolare. L’unico
deputato di questo partito che votò contro fu Giovanni Merizzi di Sondrio.
Nel corso della trasmissione non
si fece il minimo cenno a quanto stava accadendo nel Senato dei nostri giorni sulla
riforma dello stesso e sul combinato disposto con la nuova legge elettorale
detta Italicum, voluti da Matteo
Renzi. Ma i fantasmi prendevano corpo ogni volta che nella trasmissione
televisiva si insisteva sulle intenzioni di Mussolini di assicurarsi tutto il
potere attraverso la
legge Acerbo , la sua legge.
I più avveduti costituzionalisti
e politologi lo sanno: c’è un rapporto di causa-effetto tra il sistema
elettorale e il regime politico che ne vien fuori. Perciò dietro ogni legge elettorale
c’è un disegno da parte di chi quella legge la vuole ad ogni costo, ieri
Mussolini, oggi Renzi.
Quanti di quelli che siedono oggi
a Montecitorio e a Palazzo Madama conoscono le vicende italiane e quanti sanno
trarre un insegnamento da esse? Io dico pochissimi, e quei pochissimi seguono
la corrente, pezzi di sughero o di qualcosa che gli somiglia, con l’unica
preoccupazione di tenersi a galla e di percorrere quanto più corso possibile. Oggi
sulle tribune di Palazzo Madama non ci sono squadristi pronti a menare la mani;
oggi si segue la corrente per opportunismo, per lavoro, per carriera, per non
rimanere esclusi, per piacere all’ambiente di lavoro o del bar.
Dietro il pifferaio dei nostri
giorni corrono tutti. Verdini, un pluri inquisito transfuga da Forza Italia,
addirittura dice di essere lui il andando in soccorso di Renzi,
facendo finta di non sapere che in politica c’è una bella differenza tra
tattica e strategia. Il fatto che siano stati votati, lui e i suoi accoliti, da
altri per fare altro, non lo tocca minimamente. Dietro a Renzi vanno ormai gli
ex oppositori interni del Pd, convinti che non c’è più niente da fare. E’
bastato il papocchietto del voto alle Regionali per i candidati al Senato indicati
dai cittadini, che il Consiglio Regionale poi formalmente nomina, per far
gridare ai poveri frustrati della minoranza Dem di aver pareggiato la partita
con Renzi.
Ma dove va l’Italia? Dove gli
Italiani? A chiedercelo siamo rimasti solo noi, dai cinquant’anni in poi, che
veniamo da altra educazione politica; quell’educazione per la quale ogni scelta
che facevamo era mirata ad una prospettiva: gli ultimi a sapere che oltre al presente
da gestire c’è un passato da conoscere e un futuro da creare come arcate sul viadotto
della storia. Non è nostalgia. La realtà delle cose non è cambiata; sono
cambiati gli uomini. Quelli che oggi hanno meno di cinquant’anni non sanno
leggere la realtà nella sua derivazione e nella sua evoluzione, non hanno
memoria, non hanno capacità di vedere più lontano dell’effimero quotidiano.
Che Renzi ricalchi le orme di
Mussolini, facendo approvare una legge elettorale che gli consente di
padroneggiare il Parlamento e di spadroneggiare nel Paese, non significa
necessariamente che le conseguenze saranno le stesse. Troppo diverso è lo
scenario italiano, europeo e mondiale per assurde riproposizioni; ma gli
effetti, pur diversi, potrebbero essere altrettanto nefasti sul piano della
formazione civica e politica dei cittadini, irreggimentati in una dittatura non
imposta ma scelta spontaneamente. Andiamo come quelle persone che, per
traumi lenti e progressivi, finiscono per perdere volontà e interesse a vivere e
a progettare e si conformano, magari anche felici, all’inavvertito degrado.
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