Ha usato un diminutivo inusuale
Grillo per dire che forse si è rotto le scatole; avrebbe potuto dire, suo solito, un’altra cosa. Ha detto:
“sono stanchino”, lascio ad un Direttorio la guida del movimento. Con un ultimo
gesto d’imperio l’autocrate ha nominato i cinque che lo compongono.
Gerolamo Savonarola, che aveva
creato un partito nella Firenze della seconda metà del ‘400, quello dei Piagnoni, a forza di invettive e anatemi
minacciosi perfino contro il Vicario di Cristo sulla Terra, finì per lasciare
sul rogo le sue velleità. Grillo, che ha creato un movimento, quello degli Arrabbiati, con le sue esibizioni
comiche e grottesche, non finirà sul rogo, finirà in pensione. Addio lo stesso sogni
di gloria e… puzza di bruciato!
Al di là delle parole usate e del
loro retropensiero, la sortita del fondatore di quello che è stato un
originalissimo movimento politico nella pur fertile terra degli esperimenti
politici, che è l’Italia, non si può non registrare una sorta di resa o
qualcosa che precede la resa. Dopo meno di due anni dall’exploit elettorale
(febbraio 2013), il Movimento è logoro, usurato, ridotto, incerto sia sul piano
tattico che strategico.
Un passo indietro. Quando
all’indomani del voto Bersani cercò invano di trovare un’intesa col Movimento
di Grillo fu chiaro a tutti che il segretario del Pd cercava l’impossibile. E
difatti fu spernacchiato in streaming,
come ben ricordiamo, dagli scostumati e irriverenti grillini, che solo per poco
non erano riusciti a fare il colpaccio di vincere le elezioni. Il Movimento risultò
il primo partito, ma gli altri due erano coalizioni (centrodestra e
centrosinistra).
A caldo il Movimento era euforico
per lo straordinario successo. Chi poteva convincere la Senatrice Roberta
Lombardi dall’astenersi dalla famosa battuta: «mi sembra di essere a Ballarò»? Era
troppo presto forse perché il Movimento si rendesse conto che conveniva usare
nei confronti del sistema politico italiano il bastone e la carota, non
bastando il bastone, per così dire allitterando. L’Italia non era e non è un
paese dove si possa veramente ipotizzare una rivoluzione in così breve tempo.
L’ascesa al potere, da solo, del Movimento era una velleità; e resta tuttora
una velleità.
Grillo ora sembra averlo capito.
Le tante espulsioni di grillini, consumate per presunti o veri atti di
insubordinazione, di dissenso politico o di atti non commendevoli all’etica del
Movimento, come il profittarsi dello stipendio di parlamentare, si capiscono
come vera e propria “fisiologica” erosione. Pretendere che le tre anime
aristoteliche si riducano ad una, con l’abolizione della sensitiva e della
vegetativa, è davvero troppo. I grillini intelligono, sentono, mangiano; come
tutti, del resto. Sono uomini e nulla di umano può essere loro estraneo
(Terenzio). Grillo lo ha capito tardi. Forse, stando alle illazioni e ai
sospetti, che ora gli piovono sul capo come randellate, lo sapeva da sempre, ma
era convinto che il possesso di più anime è privilegio di pochi.
Pur usando prudenza nel vendere
anzitempo la pelle dell’orso, voglio dire del Movimento, la scelta di Grillo ha
avuto un effetto disgregante. E’ tutto un fermento, perché sta venendo meno
quel principio che aveva caratterizzato il Movimento, secondo cui ognuno non
rappresentava che uno. Ora nella fattoria degli animali, in versione grillina,
cinque rappresentano tutti gli altri, cioè una parte rappresenta il tutto. Tutti
gli animali sono uguali, ma alcuni, secondo la formula orwelliana, sono più
uguali degli altri. Il Movimento si struttura in partito con una sua classe
dirigente. E’ un bene, è un male? E’ normale.
La trasformazione non finisce qui.
Ci sono processi nel corso dei quali ogni tappa produce la successiva. In
politica è inevitabile. Se non si porrà
su questa strada, il Movimento è destinato a scomparire. Vada che non è più
raggiungibile il potere da soli! Ma scomparire dalla scena francamente non è
accettabile. Si salva sempre il salvabile. Tanto più vale per il Movimento di
Grillo, che non nasce dalla tragedia, ma dalla commedia, all’italiana per
giunta.
Per il Movimento sono più che mai
importanti i prossimi mesi o forse le prossime settimane. Dove andranno a
finire i parlamentari grillini e come si schiereranno per l’importante
appuntamento dell’elezione del Presidente della Repubblica? E’ di tutta
evidenza che, a parte le scatole di Grillo, che si sarebbero rotte, la scelta
del Direttorio è un chiaro cambio di strategia. I grillini vogliono contare,
vogliono eleggere il Presidente, vogliono prendere il posto di Berlusconi in
un’ipotetica intesa col Pd. Poi, da cosa nasce cosa. E’ possibile che il
Movimento trovi la quadra per stabilire percorsi politici meno velleitari e si
accontenti di raggiungere traguardi più modesti e in compagnia.
Tutto questo, però, segna un
punto importante: il tentativo di raggiungere il potere ponendosi fuori dal
sistema è naufragato. L’idea della politica, secondo il verbo di
Grillo-Casaleggio e della democrazia della Rete, si è dissolta. Il resto è
un’altra storia.