Il problema lo ha sommessamente
affacciato Giovanni Sartori in chiusura del suo editoriale di giovedì, 15
agosto, sul “Corriere della Sera” (La Terra , il clima, la democrazia. Previsioni del
tempo). Gli anziani – si sa –, come i forestieri, secondo un vecchio
proverbio, possono dire ciò che vogliono. Detto in salentino: vecchi e forastieri ponnu tire cci bbòline.
Il che non significa che quel che dicono non sia sensato; significa
semplicemente che non hanno preoccupazione alcuna di dire quello che pensano.
Cosa ha detto il vecchio
politologo, sempre vivace e brillante? Che la Kyenge , piuttosto che essere ministro
dell’Integrazione, col suo “chiodo fisso dello jus soli”, dovrebbe essere “ministro dell’Immigrazione o meglio ancora dell’Occupazione”. E siccome
professionalmente è una oculista “dovrebbe allungare la vista sugli italiani
che sono già tali e che non trovano lavoro”.
Va da sé che non alla Kyenge si
rivolge Sartori, ma a chi l’ha voluta nel governo con quell’incarico. In
spiccioli: invece di accogliere senza criterio alcuno fiumi di immigrati
provenienti dall’Africa e dall’Asia, che di qui a non molto porranno seri
problemi di ordine demografico, e non solo demografico, meglio sarebbe prendere
atto che ormai non siamo più un popolo ricco e benestante e che dovremmo perciò
comportarci di conseguenza.
Ci sono molti giovani in Italia,
anche laureati e regolarmente disoccupati, sull’orlo di una crisi di nervi –
mettiamola così – che però non rinunciano alle loro ubriacature ideologiche e
non riescono a vedere, come accade proprio agli ubriachi, il vero ostacolo che
è sulla loro strada.
Come fanno a non accorgersi che i
tagli alla spesa pubblica – obbligati, per l’amor di Dio!, due più due deve
fare quattro, se no ci cacciano dall’Europa! Aho! Siamo o non siamo diventati
vassalli? – significa ridurre i servizi ospedalieri, chiudere i tribunali,
contenere i trasporti, impoverire la scuola, insomma ridurre all’osso tutto il
mondo del pubblico impiego, che tradizionalmente ha assorbito occupazione e
nello stesso tempo alimentato il commercio, i consumi, la produzione, e che
tutto questo comporta disoccupazione e crisi sociale? Come fanno a non
accorgersi che gli introiti rivenienti dai tagli piuttosto che produrre investimenti
e occupazione sono bruciati nelle cosiddette politiche umanitarie, ivi comprese
le missioni militari all’estero? Come fanno a conciliare questo loro nobile ma
al momento abbacinante umanitarismo con uno stato certificato di povertà
progressiva?
La favola di Berlusconi e
dell’antiberlusconismo, che ha prodotto alibi a caterve per politici incapaci e
insipienti, sta per finire – volesse il cielo, entro l’anno! – e sta per far
cadere l’inganno, che da vent’anni ha nascosto al popolo italiano le vere ragioni
di questo nostro progressivo impoverimento. Allora il re sarà nudo, ma lo
spettacolo non sarà né bello né risarcitorio.
Intanto i governi, sia di destra
che di sinistra, e perfino misti come questo di Letta, alla pasta e fagioli,
tanto allegro quanto necessario, continuano nelle loro politiche di grandeur: accoglienza agli immigrati sine limite, acquisto di
cacciabombardieri da guerra, invio di soldati in mezzo mondo e via
scialacquando come nababbi che non sanno che farsene dei soldi. Io, una simile
politica, non so se definirla dissennata o criminale.
Ma non è solo lo Stato a
combattere l’occupazione come l’aviaria, perfino a concorsi già espletati –
come il caso degli insegnanti nelle scuole all’estero – anche i privati hanno
effettuato vere e proprie serrate. Le stazioni di servizio di benzina, per
dirne una, che una volta occupavano dalle due alle quattro-cinque unità, oggi
non occupano nessuno, sono deserti coi distributori che funzionano solo col self, esattamente come i distributori di
bibite, di biscotti, di sigarette. Niente più controllo olio, pressione delle
gomme, pulizia dei vetri, niente di niente. Stazioni, sono rimaste stazioni, ma
non più di servizio. E intanto non sai se veramente nel serbatoio metti la
quantità di carburante pagato o non anche acqua per far volume. Perché lo
Stato, poi, per darti l’idea che è uno Stato che funziona, fa sapere ogni
giorno attraverso i notiziari radiotelevisivi che è stato arrestato Tizio e
denunciato Caio per frode commerciale. E a te, frodato, chi ti restituisce il
maltolto?
Uno pensa: almeno diminuiscono le
tasse. Col broccolo! Continuano ad aumentare. Dei costi di un servizio
pubblico, non ne parliamo! Spostare di un metro un contatore Enel costa
cinquecento euro. L’allaccio alla fogna costa circa mille euro. L’impianto di
un nuovo contatore Enel o Aqp costa un paio di stipendi. Lo Stato è un’idrovora
di denaro, attraverso fameliche e non sempre giustificate tasse, attraverso le
sue discutibili lotterie, i suoi videogiochi e i suoi “gratta e vinci” ovvero
“gratta e perdi”. Povere disgraziate di donnette, poveri disgraziati di ometti,
che percepiscono cinque-seicento euro al mese di pensione e se li spendono
tutti grattando con la speranza di azzeccare la cartella giusta. In verità, si
grattano la rogna.
E mentre il governo strombazza
dalla mattina alla sera come un gallo impazzito che sta conducendo una lotta
spietata all’evasione fiscale, non c’è professionista, medico o avvocato, che
rilasci uno straccio di ricevuta fiscale
se non a richiesta e a “pagamento”. Le virgolette per dire che senza
ricevuta fiscale e quindi al netto delle entrate per il professionista la
visita costa di meno. Quanto costa una visita? Dai cento ai duecento euro! E
perché un povero disgraziato non deve preferire il risparmio di dieci/venti euro di ricevuta
fiscale, che a lui nella maggior parte dei casi non serve a niente?
Post scriptum, ma neppure tanto. Molti finanziamenti europei, circa
il cinquanta per cento, in Italia non vengono spesi secondo le modalità e le
finalità per le quali erano stati erogati. Non spesi nei tempi giusti questi
fondi vengono restituiti e ridati ad altri paesi, i quali non sono belli come
il nostro ma sanno fare le cose come si deve e nei tempi prescritti.
Per favore, fateci tornare
italiani e basta. Almeno ci confrontiamo con gli altri a modo nostro!
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