domenica 18 agosto 2013

Italia, un paese di pezzenti allegri


Il problema lo ha sommessamente affacciato Giovanni Sartori in chiusura del suo editoriale di giovedì, 15 agosto, sul “Corriere della Sera” (La Terra, il clima, la democrazia. Previsioni del tempo). Gli anziani – si sa –, come i forestieri, secondo un vecchio proverbio, possono dire ciò che vogliono. Detto in salentino: vecchi e forastieri ponnu tire cci bbòline. Il che non significa che quel che dicono non sia sensato; significa semplicemente che non hanno preoccupazione alcuna di dire quello che pensano.
Cosa ha detto il vecchio politologo, sempre vivace e brillante? Che la Kyenge, piuttosto che essere ministro dell’Integrazione, col suo “chiodo fisso dello jus soli”, dovrebbe essere “ministro dell’Immigrazione  o meglio ancora dell’Occupazione”. E siccome professionalmente è una oculista “dovrebbe allungare la vista sugli italiani che sono già tali e che non trovano lavoro”.
Va da sé che non alla Kyenge si rivolge Sartori, ma a chi l’ha voluta nel governo con quell’incarico. In spiccioli: invece di accogliere senza criterio alcuno fiumi di immigrati provenienti dall’Africa e dall’Asia, che di qui a non molto porranno seri problemi di ordine demografico, e non solo demografico, meglio sarebbe prendere atto che ormai non siamo più un popolo ricco e benestante e che dovremmo perciò comportarci di conseguenza.
Ci sono molti giovani in Italia, anche laureati e regolarmente disoccupati, sull’orlo di una crisi di nervi – mettiamola così – che però non rinunciano alle loro ubriacature ideologiche e non riescono a vedere, come accade proprio agli ubriachi, il vero ostacolo che è sulla loro strada.
Come fanno a non accorgersi che i tagli alla spesa pubblica – obbligati, per l’amor di Dio!, due più due deve fare quattro, se no ci cacciano dall’Europa! Aho! Siamo o non siamo diventati vassalli? – significa ridurre i servizi ospedalieri, chiudere i tribunali, contenere i trasporti, impoverire la scuola, insomma ridurre all’osso tutto il mondo del pubblico impiego, che tradizionalmente ha assorbito occupazione e nello stesso tempo alimentato il commercio, i consumi, la produzione, e che tutto questo comporta disoccupazione e crisi sociale? Come fanno a non accorgersi che gli introiti rivenienti dai tagli piuttosto che produrre investimenti e occupazione sono bruciati nelle cosiddette politiche umanitarie, ivi comprese le missioni militari all’estero? Come fanno a conciliare questo loro nobile ma al momento abbacinante umanitarismo con uno stato certificato di povertà progressiva?
La favola di Berlusconi e dell’antiberlusconismo, che ha prodotto alibi a caterve per politici incapaci e insipienti, sta per finire – volesse il cielo, entro l’anno! – e sta per far cadere l’inganno, che da vent’anni ha nascosto al popolo italiano le vere ragioni di questo nostro progressivo impoverimento. Allora il re sarà nudo, ma lo spettacolo non sarà né bello né risarcitorio.
Intanto i governi, sia di destra che di sinistra, e perfino misti come questo di Letta, alla pasta e fagioli, tanto allegro quanto necessario, continuano nelle loro politiche di grandeur: accoglienza agli immigrati sine limite, acquisto di cacciabombardieri da guerra, invio di soldati in mezzo mondo e via scialacquando come nababbi che non sanno che farsene dei soldi. Io, una simile politica, non so se definirla dissennata o criminale.
Ma non è solo lo Stato a combattere l’occupazione come l’aviaria, perfino a concorsi già espletati – come il caso degli insegnanti nelle scuole all’estero – anche i privati hanno effettuato vere e proprie serrate. Le stazioni di servizio di benzina, per dirne una, che una volta occupavano dalle due alle quattro-cinque unità, oggi non occupano nessuno, sono deserti coi distributori che funzionano solo col self, esattamente come i distributori di bibite, di biscotti, di sigarette. Niente più controllo olio, pressione delle gomme, pulizia dei vetri, niente di niente. Stazioni, sono rimaste stazioni, ma non più di servizio. E intanto non sai se veramente nel serbatoio metti la quantità di carburante pagato o non anche acqua per far volume. Perché lo Stato, poi, per darti l’idea che è uno Stato che funziona, fa sapere ogni giorno attraverso i notiziari radiotelevisivi che è stato arrestato Tizio e denunciato Caio per frode commerciale. E a te, frodato, chi ti restituisce il maltolto?
Uno pensa: almeno diminuiscono le tasse. Col broccolo! Continuano ad aumentare. Dei costi di un servizio pubblico, non ne parliamo! Spostare di un metro un contatore Enel costa cinquecento euro. L’allaccio alla fogna costa circa mille euro. L’impianto di un nuovo contatore Enel o Aqp costa un paio di stipendi. Lo Stato è un’idrovora di denaro, attraverso fameliche e non sempre giustificate tasse, attraverso le sue discutibili lotterie, i suoi videogiochi e i suoi “gratta e vinci” ovvero “gratta e perdi”. Povere disgraziate di donnette, poveri disgraziati di ometti, che percepiscono cinque-seicento euro al mese di pensione e se li spendono tutti grattando con la speranza di azzeccare la cartella giusta. In verità, si grattano la rogna.
E mentre il governo strombazza dalla mattina alla sera come un gallo impazzito che sta conducendo una lotta spietata all’evasione fiscale, non c’è professionista, medico o avvocato, che rilasci uno straccio di ricevuta fiscale  se non a richiesta e a “pagamento”. Le virgolette per dire che senza ricevuta fiscale e quindi al netto delle entrate per il professionista la visita costa di meno. Quanto costa una visita? Dai cento ai duecento euro! E perché un povero disgraziato non deve preferire il  risparmio di dieci/venti euro di ricevuta fiscale, che a lui nella maggior parte dei casi non serve a niente?  

Post scriptum, ma neppure tanto. Molti finanziamenti europei, circa il cinquanta per cento, in Italia non vengono spesi secondo le modalità e le finalità per le quali erano stati erogati. Non spesi nei tempi giusti questi fondi vengono restituiti e ridati ad altri paesi, i quali non sono belli come il nostro ma sanno fare le cose come si deve e nei tempi prescritti. 

Per favore, fateci tornare italiani e basta. Almeno ci confrontiamo con gli altri a modo nostro!

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