A “Otto e Mezzo” di Lilly Gruber
(La Sette di lunedì, 24 settembre) D’Alema,
incalzato anche dal giornalista Dimilano de l’Espresso,
ha detto quello che pensa del “destino” di Mario Monti. Il pensiero di D’Alema
in genere vela e disvela. Il D’Alema che svela: Mario Monti è Capo del governo
perché così ha voluto il Pd; lo stesso Giorgio Napolitano è Presidente della
Repubblica perché così ha voluto il Pd; Monti dopo le elezioni della primavera
2013 può benissimo fare il ministro in un governo Bersani, come è accaduto per
altri tecnici portati al governo, esempio Ciampi; la soluzione ottimale è
sempre l’unione tra politica e competenza tecnica, coi tecnici competenti,
Ciampi, Padoa Schioppa, Monti, di sostegno alla politica. A parte la millantata
onnipotenza del Pd, le altre parole sono da sottoscrivere, specialmente le
ultime. Ma Monti non è né Ciampi né Padoa Schioppa, non accetterà mai di stare
un passo indietro rispetto ad altri, specialmente se politici, sempre per
quella raccomandazione della mamma: figlio, guardati dalla politica! I sondaggi
sembrano dargli ragione, mentre il Pd, che è il partito maggiore, è sul 25 %,
il suo governo viaggia su oltre il 50 %, il doppio. Come può il più debole
trasportare il più forte? Ed ecco il D’Alema che vela: pensa ma non dice che
sta cercando nei depositi del Pci le scarpe ferrate di Togliatti, quelle che il
segretario comunista avrebbe voluto usare per prendere a calci in culo De
Gasperi.
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Il Ministro della Pubblica
Istruzione Francesco Profumo – tecnico, mai per gabbo! – ha detto che occorre
rivedere l’ora di religione a scuola, perché ormai l’Italia è un paese
multietnico e perciò non si può impartire un insegnamento religioso soltanto;
ma è necessario mettere tutti i ragazzi nelle condizioni di usufruire di un
proprio diritto. Ed ha aggiunto, per buona misura, che occorre anche integrare
lo studio della geografia con la concreta conoscenza delle realtà di
provenienza di tanti nuovi cittadini “italiani” attraverso di loro. Metto le
virgolette, perché fino a prova contraria in casa mia mi posso permettere di
avere più rispetto di me stesso che il dovermi conformare alle minchiate di
questi neoilluministi con le pile scariche. Vorrei ricordare a questo signor
ministro che quando ero emigrante a Berna, capitale della democraticissima
Svizzera e non del Congo di Lumumba, con tutto il rispetto, e frequentavo la
scuola pubblica, io con altri ragazzi italiani e svizzeri di religione
cattolica il giovedì mattina entravamo alla seconda ora perché la prima era di
religione protestante. Non si capisce perché mai si debba privare gli italiani
in casa loro di un diritto solo perché qua e là nelle classi ci sono ragazzi
che possono essere esonerati o raggruppati per una lezione della propria religione
o nella stessa scuola o in altra. Quanto alla geografia, da anni ormai
disciplina negletta, sarebbe veramente ridicolo ridurla a sapere da quale parte
del mondo arriva il compagno di banco.
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“Sono senatore a vita e non mi
candido”. Così Monti sembra aver tagliato la testa al toro su ipotesi di scesa
in campo. Ma poi, solo qualche ora dopo, da New York, giovedì 27 settembre, ha
fatto sapere che lui, se proprio proprio glielo chiedono, il sacrificio di un
Monti bis lo farebbe. Ecco! Esattamente come volevasi dimostrare. Non c’è nulla
in Italia di più definitivo del provvisorio. In politica, poi, è un classico,
come dimostrano gli ultimi tecnici chiamati a far politica. Lo stesso Giolitti,
tecnico anche lui, finì per dare l’impronta a tutto un periodo che i manuali di
storia titolano “età giolittiana” e durò, entrando ed uscendo dal governo, per
più di vent’anni. Le reazioni all’affermazione americana di Monti sono state le
più varie e scontate. Bersani e Renzi sono contrari. Berlusconi è attendista. Casini
l’ha sparata: Monti dovrebbe rimanere al governo in servizio permanente
effettivo. Facile la spiegazione. Bersani – e/o Renzi – è contrario perché
spera di essere lui il nuovo premier; Berlusconi è attendista perché tra Monti
e Bersani preferisce Monti; e Casini, che ha poco da sperare, tra Bersani,
Berlusconi e Monti, è per Monti in secula
seculorum.
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Ora Monti è un’insidia. Lo è per
il centrodestra. C’è un modo, infatti, per risolvere la questione: Monti
potrebbe candidarsi col centrosinistra, escluso che lo possa fare col
centrodestra. Solo così né Bersani né altri nel centrosinistra avrebbero niente
da dire. Salvo che la sinistra di Vendola non starebbe al gioco. Poco male per
le elezioni, che il centrosinistra con Monti candidato potrebbe vincere anche
senza Vendola, ma assai male dopo. Il punto sarebbe la durata. Un governo con
una personalità come Monti, poco credibile dopo la scelta di candidarsi con una
delle due parti, sarebbe nella tenaglia del centrodestra e della sinistra più
radicale. In una situazione del genere decisiva sarebbe l’elezione del nuovo
Presidente della Repubblica, il solo, come già è accaduto con Napolitano, in
grado di tenere in vita un governo di per sé debole e combattuto. Ma chi sarà
il nuovo Capo dello Stato? Lo saprebbe D’Alema, che è magna pars di un partito, il Pd, che può tutto quello che vuole.
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Il vero nemico numero uno della
politica è proprio Monti. Cresce il fronte che lo vuole nuovamente a Palazzo
Chigi. Lo stesso Marchionne è favorevole. Tutti quelli che sono contro gli
attuali politici stanno dalla sua parte. Il Paese sta scivolando verso una
sorta di tecnocrazia in cui il popolo non si sa che parte abbia. I politici
sono indegni, i sindacati non sono credibili e non sufficientemente forti per
imporsi. C’è un difetto di rappresentanza politica che incomincia a
preoccupare. Se il popolo si accorge di essere stato abbandonato potrebbe
pensare a soluzioni diverse. Le prove le sta facendo coi lavoratori dell’Alcoa
e dell’Ilva. Perché dovrebbe votare se poi il suo voto non conta niente? Se poi
il governo torna nelle mani di tecnici che continueranno a governare secondo
gli ordini europei e non secondo le esigenze del popolo? I politici alla Casini
non si rendono conto di spingere il Paese verso il baratro. Se la promessa
manna della crescita non sarà tangibile nel 2013, in Italia potrebbero
accadere cose molto brutte.
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Ecco, la rappresentazione
plastica delle due Italie. Una, quella dei Marchionne e dei Luca Cordero di
Montezemolo, che vogliono un Monti bis, perché grande interlocutore,
rassicurante, dei poteri forti internazionali della finanza; l’altra, quella
del Presidente della Confindustria Giorgio Squinzi e dei sindacati più
sensibili e determinati a difesa del mondo della produzione e del lavoro,
Camusso e Landini, che invocano governi politici calibrati sui problemi concreti
dell’economia. Squinzi ha lanciato un grido d’allarme: stiamo morendo di fisco,
mettendo in rilievo l’insostenibilità italiana del 57 % di pressione fiscale
contro il 37 % della Germania, primo nostro competitor
industriale. Il mondo della produzione si lega a quello del consumo e perciò
delle famiglie. In Italia le aziende hanno difficoltà a produrre, ma ancora di
più ne hanno a vendere i loro prodotti, che i cittadini, sempre per l’eccessiva
pressione fiscale e per la disoccupazione, non possono più acquistare.
Fino a quando il popolo italiano
dipende dai sinedri mondiali della finanza? E’ necessario che la buona politica
si riappropri del governo. In questo momento il popolo italiano non voti più
per la destra o per la sinistra, ma per chi garantisce un buon governo, forte e
stabile.