domenica 14 agosto 2011

Casta per casta: i giornali

Nell’infuriare della bufera finanziaria – leggi crisi – c’è stato uno tsunami di accuse alla casta dei politici, rei di essere un rubinetto a getto continuo di soldi. In verità l’accusa non era e non è campata in aria. Ci sono aspetti dei costi della politica veramente assurdi, a prescindere dalla crisi. Sull’argomento si sono esercitati giornalisti e saggisti, i quali hanno dimostrato l’esosità e la stravaganza della politica. Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella hanno creato il caso col volume pubblicato nel 2007 e intitolato “La casta. Così i politici italiani sono diventati intoccabili”. Più di recente Mario Giordano, ex direttore del “Giornale” berlusconiano, ha pubblicato “Sanguisughe. Le pensioni d’oro che ci prosciugano le tasche” (2011).
Gli stessi Rizzo & Stella sul “Corriere della Sera”, di cui sono editorialisti, sono intervenuti nei giorni della bufera suggerendo come la classe politica poteva e doveva dare il buon esempio tagliando i costi che la riguardavano. E suggerivano come, “Costi della politica? Ecco sei (facili) modi per ridurli da subito”: “dimezzare il numero dei parlamentari, equilibrare le pensioni ai contributi versati, rendere trasparenti i costi della politica, non esercitare altre attività durante il mandato, affidare alle Camere la gestione dei portaborse, abolire le province più piccole” (8 agosto). E due giorni dopo (10 agosto) tornavano sull’argomento con un editoriale dal titolo perentorio “Sì ai sacrifici. Cominci la casta”. Se mai qualcuno non l’avesse capito, i due giornalisti si riferivano alla casta dei politici.
Ma in Italia è la sola casta esistente? O la casta va declinata in ogni suo caso, leggi settore della vita pubblica e privata? Sempre nel 2007 il giornalista Beppe Lopez, già direttore del “Quotidiano di Lecce”, pubblicò un saggio, intitolato “La casta”, ma questa volta si riferiva a quella “dei giornali”, in cui trattava del finanziamento pubblico della stampa, non solo politica, ma perfino di costume, di gossip, di sport e di religione. Assurdo per assurdo, certi finanziamenti alla casta dei giornali sono davvero così vergognosi che al loro confronto impallidiscono perfino le stravaganze politiche.
L’ammontare complessivo dei finanziamenti giunge ad un miliardo di Euro all'anno. Chi sono i beneficiari? I giornali, divisi per categorie. I dati si riferiscono al 2007, oggi probabilmente i finanziamenti sono lievitati. I maggiori riceventi sono quelli del gruppo rcs (Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport), con 23 milioni e mezzo di Euro; Sole 24 ore, con circa 20 milioni; gruppo Espresso-Repubblica, con oltre 16 milioni; La Stampa, con 7 milioni; Conquiste del Lavoro, con 6 milioni e mezzo; il gruppo Giorno-Resto del Carlino-Nazione, con quasi 3 milioni; il gruppo Messaggero-Mattino-Gazzettino, con 3 milioni; Corriere dello Sport, con quasi 2 milioni.
Seguono i giornali di partito. E qui, prima di passare alle profende, facciamoci quattro risate, si fa per dire; ché ci sarebbe da farli inseguire da una muta di cani. Anzitutto, perché i giornali di partito non sono pagati dal partito, che a sua volta beneficia del finanziamento pubblico? Ma, faccia Dio. Perché un giornale potesse avere la qualifica di partito e ricevere il finanziamento, in un primo momento era sufficiente che due parlamentari lo sponsorizzassero, poi si richiese che si costituisse in cooperativa. Oggi un giornale di partito deve essere sostenuto da un gruppo parlamentare, formato da dieci deputati. Per fare qualche esempio. “Libero”, prima di diventare una cooperativa risultava essere l’organo del Movimento Monarchico Italiano. I contributi vengono erogati dal dipartimento editoria che dipende dalla Presidenza del Consiglio. Quale il criterio del quantum? Il contributo si basa sui costi e sulla tiratura. Ma anche qui trionfano i soliti furbi, perché si stampano copie che si sa di non vendere; e allora il giornale viene svenduto o addirittura distribuito gratis, tanto paga lo Stato. Più hai da svendere o regalare e più lo Stato ti paga.
Ebbene, di fronte a tanto ingiustificato spreco, nessun giornalista, dico nessuno, ha sollevato il problema. Come al solito, il marcio sta sempre nella Danimarca degli altri.
Ma vediamo quanto prendono i giornali di partito. L’Unità (circa 7 milioni), La Padania (4 milioni), Liberazione (quasi 4 milioni), Europa (oltre 3 milioni), Secolo d’Italia (oltre 3 milioni), La Discussione (oltre 2 milioni e mezzo), Zukunft in Sudtirol (oltre 1 milione), Il Sole che ride (oltre 1 milione), Rinascita della Sinistra (circa 1 milione), Avanti! (600 mila), Liberal (circa 600 mila), Le Peuple Valdôtain (circa 300 mila), Democrazia Cristiana (circa 160 mila).
Poi c’è la seconda categoria, formata da giornali costituitisi in cooperative, con giornali come Libero (circa 5 milioni e mezzo), Foglio (oltre 3 milioni e mezzo), Il Giornale d’Italia, Linea, Torino Cronaca, Il Borghese e Roma (con oltre 2 milioni e mezzo per testata), Il Denaro (oltre 2 milioni), Il Riformista (oltre 2 milioni), Opinione delle libertà (oltre 2 milioni), La Cronaca (circa 2 milioni), Campanile Nuovo (oltre 1 milione), Gazzetta Politica (oltre 500 mila), Metropoli Day (oltre 500 mila) Avvenimenti (circa 500 mila), Area (circa 500 mila), Voce Repubblicana (oltre 200 mila), Aprile, Patto, Angeli, Cristiano-Sociali News, La Nuova Provincia e Milano Metropoli (tra i 169 mila e i 10 mila).
Alla terza categoria appartengono sessantotto quotidiani e periodici, tra cui – citiamo i più noti – l’Avvenire (6 milioni), Italia Oggi (più di 5 milioni), Il Manifesto (circa 4 milioni e mezzo) ecc. ecc..
Alla quarta categoria appartengono testate che fanno riferimento direttamente o indirettamente alla chiesa cattolica, fra cui, per limitarci alle più note, Famiglia Cristiana (più di 200 mila), Jesus (49 mila).
Poi ci sono giornali italiani pubblicati all’estero e la caterva di pubblicazioni locali, pieni di pubblicità da elemosina, che nessuno legge, distribuiti gratuitamente, che infestano di carta bar, locali pubblici, piazze e strade; ma regolarmente finanziati dallo Stato.
Questa è l’estrema sommaria sintesi della situazione della stampa in Italia. Alcuni giornali hanno evidentemente bisogno del finanziamento, senza il quale non potrebbero esistere; ma altri assolutamente no, perché appartengono a gruppi industriali che dovrebbero essere in grado di mantenersi da sé. Il riferimento è netto: Corriere della Sera, Sole 24 Ore, Repubblica, Stampa, Messaggero ecc. non hanno nessun diritto. I soldi che prendono dallo Stato non hanno giustificazione alcuna; o, per lo meno, ce l’hanno in virtù di una legge che andrebbe cambiata se non addirittura abrogata. E’ inaccettabile l’assistenzialismo della stampa quando questa appartiene a gruppi industriali che fatturano miliardi in altre attività. Quanto agli altri, i signori liberali, che tanto insistono sul mercato e sulla libertà d’impresa, non possono chiedere l’assistenza ad imprese che da sé non si reggono. I giornali che non si reggono da sé semplicemente devono chiudere, altrimenti si altera il rapporto tra domanda e offerta, in questo caso non solo economico ma anche e soprattutto politico.
Ora, si potrebbe dire che coi soldi risparmiati dal non giustificato finanziamento dei giornali, come è stato detto per tanti altri sprechi, non si risolverebbe il problema. Sbagliato! Al paese mio si dice ancora che ogni pietra serve a far crescere il muro. E il paese mio non sta sulla luna!

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