domenica 21 marzo 2010

Pedofilia: il sesso non è intelligente

Il fenomeno della pedofilia, da qualche tempo, sembra concentrarsi nell’ambiente chiesastico. Qualcuno è del parere che si vuole colpire il Papa. Può darsi, ma è assai più probabile che questo come altri fenomeni collegati al sesso riconduca al più generale disordine morale e che oggi cerchi di colpire la Chiesa per provare che in fondo siam tutti uguali. Non si parla anche di preti gay? C’è un piano in questo continuo parlar di sesso, che mira alla banalizzazione e dunque alla legittimazione di tutto, secondo un antico slogan sessantottino: vietato vietare. Salvo poi a lamentarsi delle inevitabili conseguenze.
E qui è il punto. Stupisce la rinuncia volontaria a ogni forma di consequenzialità, il non voler riconoscere un rapporto di causa ed effetto tra ciò che si sceglie e le conseguenze che ne derivano. Tanto più per il sesso, che da sempre ha costituito sorgiva inesauribile di piaceri e di dolori. Mi piace questo – si dice – e a quel che ne può derivare non voglio neppure pensare. Il futuro non m’interessa e se tu me lo poni come problema m’infastidisci. Viene di pensare all’oraziano carpe diem! O alle carnascialesche incitazioni di Lorenzo de’ Medici: chi vuol esser lieto, sia; del doman non v’è certezza! Quel che una volta era stravaganza, il mondo alla rovescia, per scomodare l’antropologo Bachtin, oggi è la regola, la normalità.
Complici ne sono gli intellettuali, i quali per non dispiacere al comune sentire diffuso, invece di influenzarlo o di crearlo, come sarebbe normale che accadesse, si lasciano influenzare e tacciono. E’ una delle tante rivoluzioni copernicane della nostra epoca. Non è la gente che pensa come gli intellettuali, ma gli intellettuali che pensano come la gente; non gli intellettuali creano l’opinione pubblica, ma l’opinione pubblica crea gli intellettuali. Non perché essi siano privi degli strumenti per portare a termine la loro missione di dotti, ma perché hanno deciso di tradirla. Sembra che il tradimento sia il loro passatempo preferito: una volta tradivano la loro missione per il potere politico, oggi per il potere mediatico; sempre, per il successo.
Torniamo al sesso. Quanti sono disposti oggi a rivedere giudizi e opinioni pansessualistiche a fronte dei tanti disastri provocati? Nessuno. E nessuno vuole porsi il problema di ciò che il sesso determina nelle sue varie articolazioni, stavo per dire applicazioni. Non solo oggi non è reato tradire il coniuge, il fidanzato, il compagno, ma addirittura un diritto, anzi, di più: una prova di libertà per chi tradisce, di tolleranza e di maturità per il tradito. E’ il trionfo più sboccato: distributori di preservativi nelle scuole, pillola antiabortiva, libertà di far sesso a qualunque età, vietato vigilare sui comportamenti dei figli, dei coniugi. In Italia si mette sotto controllo pure il telefono di Domineddio, ma un marito non può indagare sui traffici illeciti della moglie o la moglie su quelli del marito.
Qualcuno si pone il problema delle conseguenze a livello individuale e sociale? Non se ne parla proprio, perché già parlarne è come compromettersi, passare per fascista, razzista, retrogrado, represso e repressore. Nessuno stabilisce un rapporto tra l’uso sconsiderato del sesso e la nascita di tanti problemi individuali: alienazione, droga, aborti e quando non aborti, infanticidi, sempre più frequenti. A livello sociale è sotto gli occhi di tutti l’impoverimento progressivo della comunità nazionale, aggredita o compensata, a seconda dei punti di vista, dagli immigrati di tutte le razze, religioni e colori, che il sesso lo usano ancora per fare figli, con inevitabili problemi di convivenza di qua a qualche decina di anni. Se pure qualche intellettuale coraggioso e fuori dal gregge c’è – è il caso di Giovanni Sartori, che non si stanca di mettere in guardia dal multiculturalismo – viene ignorato o considerato un vecchio brontolone incapace di capire la realtà.
I generi sono due? Erano! Oggi sono quattro, dicono. Maschio, femmina, omosessuale e transgender. Come dire che il sesso moltiplica per quattro le sue scorribande. I gay tengono il campo dell’arte, del cinema, ora anche della politica. Essere gay è oggi una grazia di Dio. Andare dai trans rilassa tra un’incombenza e l’altra della politica o degli affari. Una serie di film vogliono far passare per cosa del tutto normale l’omosessualità. Che un simile atteggiamento determini il passaggio dalla tolleranza degli omosessuali (giusta) alla produzione degli omosessuali (aberrante) non sembra impensierire nessuno. Si passa dall’omosessualità come condizione di natura all’omosessualità come prodotto sociale.
Di fronte al fenomeno non c’è un minimo di analisi critica. Mentre s’inneggia alla libertà sessuale, si piange sugli effetti che ne derivano, come se le due cose non fossero in stretta dipendenza.
C’è – è vero – una particolare recrudescenza delle pene nei confronti di chi stupra o di chi abusa di un bambino; ma c’è anche la banalizzazione dello stupro quando lo si applica alla moglie che è costretta a far sesso col marito, o nei casi in cui la donna per vendicarsi fa passare per stupro ciò che era semplicemente un rapporto accettato, per non dire richiesto. Per il resto c’è sempre indulgenza.
Ci si scandalizza della pedofilia tra i preti. Ma pretendere che la liberalizzazione del sesso sia intelligente e risparmi preti e bambini è come buttare una bomba tra la folla e pensare che essa non colpisca tutti quelli che può raggiungere con le sue schegge.
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