domenica 25 ottobre 2009

Il caso Marrazzo: servisse almeno a qualcosa!

La crisi politica è crisi morale. Oggi più che mai. Pur distinguendo i due livelli, secondo la lezione machiavelliana, non si può non constatare che oggi è venuto a mancare il prioritario punto di riferimento della politica, ossia quel bene dello Stato che giustificava anche il gesto immorale. Senza lo Stato l’immoralità resta immoralità e basta. Da quando il concetto di Stato è svaporato ed è passato il principio che “lo Stato siamo noi” e da quando è passata la “separazione” delle carriere esistenziali, quella pubblico-perbene e quella privato-permale, sconnettendo la seconda dalla prima e adattando l’insegnamento evangelico: non sappia la prima quel che fa la seconda, si pretende di compiere qualsiasi azione, di abbandonarsi a qualsiasi comportamento, in nome di un’esigenza formale (la privacy) e di una sostanziale (nessun rapporto tra comportamento privato e funzione pubblica). Si pretende, insomma, che un giudice, pur militando in un partito politico, e dunque essere di parte, o vivendo come un trasandato battone, resti poi assolutamente immune nella sua funzione di magistrato.
E’ l’idea balzana che l’individuo sia una sorta di cassettiera, nei cui cassetti si possono chiudere separatamente i vari e complessi aspetti del pensare e dell’agire umano. Il che va contro una millenaria civiltà culturale e contraddice le indiscutibili conquiste della psicanalisi, che, di fronte al comportamento, quale che sia, di un soggetto, cerca tutte le connessioni col di lui vissuto e addirittura col suo previssuto.
Non si può certo, per questo, concludere che un giudice, che nel privato è piuttosto disinvolto, debba esserlo anche nel suo esercizio istituzionale; ma non si può neppure escludere che fra i due profili di comportamento una qualche connessione ci possa essere.
Il caso Berlusconi prima e quello di Marrazzo dopo, pur con tutte le differenze che da una parte e dall’altra si possano invocare a discarico, hanno dimostrato che così non funziona. Chi si propone di rappresentare e di agire per il bene pubblico a qualsiasi livello, dal Presidente del Consiglio all’insegnante di scuola materna, dal giudice costituzionale al consigliere comunale, deve comportarsi in maniera tale che: primo, nessun cattivo esempio, da lui partendo, possa inficiare la sua azione istituzionale; secondo, non si presti in nessun modo a diventare persona ricattabile. Ricordiamo che secondo la definizione catoniana dell’oratore, che al tempo della repubblica romana corrispondeva all’attuale reggitore della cosa pubblica, esso è il “vir bonus dicendi peritus” e il “vir bonus colendi peritus”, laddove per “bonus” non s’intende buono, nel senso di generoso, ma retto; e dunque le due definizioni, che si integrano, danno come unica ricetta: l’uomo retto capace di parlare e di coltivare.
In Italia, per un verso, c’è la tendenza, ma è sulla spinta europea, a considerare lecito qualsiasi comportamento privato; per un altro a mettere dei paletti. Omosessuali, transessuali e simili hanno pieno diritto di cittadinanza, in base alla Costituzione. Non lo dicono più soltanto quelli del centrosinistra, ma ampi settori del centrodestra. Ma, quando poi, esplode il caso di un Presidente di Regione, come Marrazzo, che si fa incastrare per le sue debolezze transessuali, c’è una Rosy Bindi, autorevole rappresentante del centrosinistra, che dice che, proprio per questo vizio, Marrazzo non doveva neppure candidarsi. Siamo in pieno conflitto di pubblico e privato, col prioritario interesse al pubblico, che non si può non condividere.
Quel che non si può condividere, invece, è una certa duplicità di giudizio. Se ci sono delle categorie umane a rischio di delegittimazione, lo si dica apertamente. E’ un fatto di cultura, di cui nessuno dovrebbe aver paura. Bene ha fatto Luxuria a dire che, salvo che Marrazzo non abbia ceduto al ricatto, commettendo reato, ossia se è solo per il fatto che frequenta transessuali, il Pd dovrebbe assolutamente ricandidarlo alla presidenza della regione. Si può non condividere, ma non c’è dubbio che è un esempio di chiarezza culturale. Sarebbe cambiato poi poco se Marrazzo, piuttosto che frequentare transessuali, avesse avuto rapporti extraconiugali con qualche donna. Non è questione di sesso in sé, ma, per un uomo pubblico, di non essere mai ricattabile.
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