martedì 6 ottobre 2009

Femminismo di ieri e di oggi: da Rinaldo d'Aquino a Giampi Tarantini

“Già mai non mi conforto / né mi voglio ralegrare. / Le navi son giute al porto / e vogliono colare. / Vassene lo più gente / in terra d’oltramare / ed io, lassa, dolente / come deggio fare?”. Così Rinaldo d’Aquino, poeta siciliano del XIII secolo immaginava la sua donna, mentre lui partiva con Federico II per la crociata. Una donna disperata, che non vuole conforto ma restare nella sofferenza fino al ritorno del suo uomo.
Quanti oggi, pur studenti liceali e universitari, sanno di lui e della concezione che i poeti del suo tempo avevano della donna? Agli italiani che oggi hanno dai trenta ai quarant’anni e che si affacciano prepotentemente e sfacciatamente alla politica manca quell’umanesimo che tanto caratterizzava la nostra civiltà, e che era conquista della scuola selettiva, basata sulla conoscenza e lo studio dei classici, prima che essa diventasse un reato di classe. Non si spiega diversamente la loro indifferenza allo tsunami morale e civile che sta travolgendo il nostro Paese. Non solo il Cicerone del “De officiis” e il Seneca delle “Epistulae morales ad Lucilium”, per citare i primi nomi e titoli che mi vengono a mente, ma manca loro perfino quella letteratura, per così dire leggera, degli Angiolieri e dei giocosi, che divertivano e insegnavano insieme.
Quella letteratura era formativa ed esprimeva, anche nei risvolti negativi, un ideale comune di vita, benché scritta in grandissima parte dagli uomini anche per conto delle donne. Queste non erano solo proiezioni ideali – che qui ed ora potrebbero non interessare – ma anche realisticamente vive e presenti nella concezione popolare; persone in carne ed ossa, coscienti del loro ruolo di mamme, di mogli, di figlie, di sorelle e soprattutto di donne fra donne.
Le meretrici ci sono sempre state, ma mai esse hanno ostentato pubblicamente il commercio come attività normale e addirittura meritoria; ha sempre prevalso il senso del pudore. Perfino nel Boccaccio trionfa l’ideale della pudicizia, quale valore dell’urbanitas.
Come si può, oggi, ostentare su giornali e televisioni la propria attività meretricia con disinvoltura e iattanza? Quanto di indecente stanno dimostrando oggi talune donne dell’harem di Giampi Tarantini, non solo offende la condizione di ognuno di noi in quanto figlio di mamma, padre di figlie e fratello di sorelle, ma la condizione di donna in sé. Salvo che non si voglia intendere simili avventure e stravaganze sessuali un’altra loro conquista sul podio della parità.
Nessuna di quelle femministe, che negli anni Sessanta e Settanta urlavano slogan per le piazze con le mani, indici e pollici congiunti, a mimare volgarità incredibili, ha speso mezza parola contro le loro indegne “consessuali” di oggi. Solo di recente si è sentita qualche voce femminile di protesta, dopo che a denunciarne il silenzio erano stati essenzialmente uomini.
Che c’entrano i classici, a questo punto, e la scuola umanistica? C’entrano, e come! Non può trattarsi solo di coincidenza nell’inevitabile decadenza dei costumi in una società corrotta e persa nell’edonismo. Non si capisce perché si dà ragione ad un Feuerbach, quando dice che l’uomo è ciò che mangia, e poi non si vuol capire che l’uomo è per un altro verso ciò che legge.
Se i ragazzi, maschi e femmine s’intende, a scuola leggessero e studiassero i classici, come una volta, saprebbero che gli uomini hanno sempre creduto nelle donne perbene, relegando alla satira le caricature; e soprattutto acquisirebbero una diversa sensibilità.
Cielo d’Alcamo, altro poeta coevo a Rinaldo d’Aquino, non era Dante Alighieri o Guido Guinizzelli, cantori eccelsi della “donna angelo”, una donna, cioè, che in realtà non esiste, eppure nel suo “Contrasto”, celebre componimento popolare, che una volta si leggeva in classe per il piacere di tutti, fa dire alla donna, tentata dall’uomo, “davanti foss’io aucisa / ca nulla bona femina per me fosse riprisa!”. Come dire che essa si preoccupava che per colpa sua, per la sua leggerezza, cedendo, perdessero la reputazione le altre donne.
Letteratura, si dirà. E siamo d’accordo. Ma dovremmo sapere tutti che la letteratura ha sempre espresso i sentimenti della gente e rappresentato il sentire comune della società. Esattamente – purtroppo! – come accade oggi con ben altra letteratura o piuttosto…lettoratura.
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