sabato 21 giugno 2025
Terzo mandato, la legge è legge
Come per tante altre questioni dell’umano pensare e agire anche il cosiddetto terzo mandato per i presidenti delle regioni o per i sindaci in scadenza presenta aspetti controversi. Come dire, ci sono i pro e i contro, a seconda della concezione che si ha della politica. Qui sono chiamati in causa il diritto naturale e il diritto positivo. Chi ha una concezione naturalistica della politica non mette limiti allo scorrere spontaneo di un processo che nasce, cresce e muore (Machiavelli). Chi, invece, ha una concezione contrattualistica ritiene che la politica vada sottoposta a regole limitatrici (Rousseau). Gli statuti e le costituzioni sono gli esempi più vistosi e importanti della normalizzazione della vita politica. La civiltà dei rapporti umani ne ha beneficiato. Dallo Stato assoluto allo Stato di diritto, allo Stato di giustizia è stato un procedere verso la positività del diritto politico; ad ogni fase ha corrisposto una progressione verso forme sempre più importanti ed evolute.
Arrivo al dunque. Da un po’ di tempo in Italia, nell’imminenza delle elezioni regionali, si discetta sul terzo mandato per i presidenti di regione, che si ritiene abbiano ben governato e meritino la conferma. Ma c’è la regola che impedisce il terzo mandato, di cui si fanno forti i partiti per avocare a sé ogni decisione e quei politici scalpitanti che legittimamente ambiscono alla candidatura. È l’eterno aspetto della politica: chi ha il potere cerca di conservarlo e chi non lo ha cerca di conquistarlo. Qui, però, non è solo questione di uomini, ma di partiti e soprattutto di regole. Il caso veneto è un esempio. Il presidente Zaia, ottimo presidente della regione, del partito della Lega, dopo il secondo mandato deve cedere ad altro candidato di un partito della coalizione. I rapporti di forza elettorale di questi partiti nel frattempo si sono rovesciati in base ai sondaggi. Fratelli d’Italia e Forza Italia rivendicano la candidatura. La partitocrazia torna a fare capolino. In questo caso non sono i cittadini elettori a decidere, ma i partiti che hanno voluto la regola limitatrice.
Le ragioni della limitazione delle candidature sono tante. La democrazia, quando non è in spontaneo e diretto rapporto col popolo, deve avere delle regole. Le quali sono dirimenti. Ma in politica tutto è discutibile. Quello che conta è vincere le elezioni osservando le leggi. Se queste pongono dei problemi, non potendo essere disattese, potrebbero essere cambiate; ma cambiarle, per rendere possibile quello che prima era impossibile, sarebbe come disattenderle. Non si cambiano le regole nell’urgenza di una congiuntura. Bisognava provvedervi prima, senza l’interesse politico incalzante di una prova elettorale.
Regola a parte, ci sono ragioni di opportunità. Ciò che non vieta la legge – diceva una massima latina – lo vieta il pudore. I presidenti uscenti al termine del secondo mandato dovrebbero comportarsi secondo la massima latina “ciò che non vieta la legge lo vieta il pudore”. A Roma chi veniva nominato dittatore in casi di emergenza, scampato il pericolo, restituiva la carica al Senato che gliela aveva conferita. Cincinnato è rimasto l’icona di questo modo di essere e di operare. Lo stesso Augusto, dopo la guerra civile con Antonio, rimise tutti i poteri al Senato, che da parte sua glieli restituì ad abundantiam. Riconoscersi utile ma non indispensabile dovrebbe essere la regola non scritta di ogni politico, un “comandamento”.
Un’altra ragione a favore della necessità del ricambio politico è il rischio che la troppa confidenza col potere sfoci in fenomeni corruttivi o in una sorta di assuefazione al potere da non vedere con occhio vigile i cambiamenti della società. Il rinnovamento è importante quanto il buongoverno, in un mondo che cambia in maniera così vertiginosa da mettere tra una generazione e l’altra cambiamenti che una volta si verificavano in un secolo intero.
La soluzione di lasciare tutto come sta, ossia col divieto del terzo mandato, è la più giusta, a rischio di andare incontro in alcune regioni a veri e propri sottosopra elettorali. Una soluzione da preferire alle monarcheggianti di Zaia nel Veneto e di De Luca in Campania. Il limite è importante. Averlo fissato al secondo mandato può essere opinabile, ma era necessario rendersene conto prima e non nell’urgenza della prova elettorale. L’osservanza della legge, quali che siano le conseguenze politiche, non può portare che una ventata di aria pulita in un ambiente spesso considerato poco respirabile.
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