sabato 8 febbraio 2025
C'è giornalismo e giornalismo
I giornalisti, che vediamo e sentiamo in televisione, che leggiamo nei giornali, affermano che appartiene all’etica del giornalista pubblicare tutte le notizie di cui viene in possesso; qualcosa che somiglia all’obbligatorietà dell’azione penale. Come un magistrato è obbligato ad intervenire nel momento in cui è a conoscenza di un reato così il giornalista quando viene a sapere qualcosa che ritiene possa interessare il pubblico. Questo è senz’altro vero nel giornalismo generalista. Non vale per il giornalismo politico; è un altro mondo. Quando un giornalista riesce a procurarsi una notizia non si chiede se può interessare il pubblico ma se conviene alla parte politica nella quale si riconosce. Una distorsione del principio che in taluni casi è decisiva, perché la notizia è parola e nel mentre infuria una guerra di parole, la politica è guerra di parole, dire o non dire qualcosa conta moltissimo.
In verità i giornalisti non osservano con professionalità quello che dicono. Oggi la maggior parte dei giornalisti sono schierati e difendono le parti, maggioranza e opposizione politiche, con tal vigore che neppure i diretti interessati fanno nei luoghi della politica. Ci sono trasmissioni che sembrano corazzate in guerra contro la maggioranza di governo ed altre contro le opposizioni. I “combattenti” non si curano minimamente di rispettare un minimo di decoro personale, si abbandonano a sproloqui aggressivi del “nemico” incuranti che dall’altra parte dello schermo ci sono sì persone di parte ma anche altre che vogliono solo essere informate correttamente; che purtroppo vengono passate per “nemiche”.
Sarà perché io sono un docente che fa pure il giornalista se ritengo che le notizie prima di pubblicarle vanno valutate non già se sono a favore o contro la propria parte politica, ma se è importante e onesto pubblicarle. Le notizie devono essere utili non ad una parte ma all’opinione pubblica, che per natura è complessità e sintesi. Se non sono utili e anzi dannose non si pubblicano, lo stesso se non sono chiare e complete. Buttar così una notizia non documentata, un rumor, è come voler creare un effetto di danno per una parte, di favore per un’altra. Una notizia rubata o comprata non è pubblicabile, non è decente pubblicarla.
Nella guerra dell’informazione che si sta combattendo oggi in Italia sono in campo giornalistico veri e propri servizi segreti, spie, infiltrati, agenti sotto copertura; à la guerre comme à la guerre. Spesso le notizie non vengono sapute per vie normali, spontanee, ma vengono procacciate, richieste, “rubate”, forse anche pagate. E qui non siamo più nel campo del lecito. Uno che si infiltra in un evento per vedere e riferire commette un illecito, se non proprio penale, di sicuro morale. Le leggi che ci sono non proteggono più la privacy, e non la proteggono perché non c’è più, se ne è volatilizzato il concetto stesso. I telefoni sono sempre più sotto controllo. Perfino le chat chiuse e riservate a ben precise persone vengono bucate per mettere in pubblico quello che gli interessati dicono pensando di dirlo in privato. L’effetto è di gettare nel pubblico “notizie” che tali non sono allo scopo di danneggiare una parte politica a tutto vantaggio di un’altra. In una simile situazione che senso ha parlare di opportunità o meno di pubblicare una notizia, di parlare di libertà di stampa. I talebani della notizia ignorano che nella società non esiste solo la propaganda. Ci vuole molto a capire che anche i preti bestemmiano colti in particolari frangenti di vita? Ci vuole molto a capire che uno prima di fare i bisogni nel suo bagno si spoglia? Ci vuol tanto a capire che quello che vale per una parte politica vale anche per l’altra?
Ovvio che furti e rapine di notizie, mischiando il privato col pubblico, producono effetti negativi, non fanno amare i giornali alla gente, gettano discredito su una categoria che è importantissima per il ruolo che ha nella società. Un buon giornalista è quello che sa giungere ad una notizia per vie lecite; è quello che la sa dare, la sa raccontare; non chi pensa di aver fatto il colpo, di aver arrecato un danno ad una parte politica e di essersi guadagnati i galloni dell’altra parte.
La realtà in cui viviamo purtroppo ci dice che i principi in cui crediamo, anche fermamente, spesso vengono oltraggiati nella pratica di vita. È da tempo che diciamo che i costumi si stanno imbarbarendo. Non so se è il caso di usare ancora il gerundio; il segno della decenza l’abbiamo passato da un pezzo. Almeno, prendiamone atto.
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