sabato 14 settembre 2024
Sinner, l'assennato
Jannik Sinner è il numero uno del tennis mondiale. In quanto tale ha aperto un fronte di discussione sulla germanicità del suo nome e soprattutto del suo carattere, che almeno in apparenza si mostra freddo, calmo, ma non proprio glaciale. È nato e vissuto in alto Adige, una zona che gli austriaci chiamano Süd Tirol. La sua italianità recentemente è stata messa in discussione dal celebre fotografo degli scandali pubblicitari Oliviero Toscani. Il quale ha detto che Sinner non ha niente dell’italiano, semmai è Fabrizio Corona il simbolo dell’italianità, facendo ricordare quanto disse il prof. Miglio un po’ di anni fa sull’italianità dei meridionali, che identificò in Ulisse, l’eroe che dove non arriva con la forza arriva con l’astuzia.
Lasciamo stare Toscani, che è un gran provocatore e nello stesso tempo un uomo di genio e lasciamo riposare in pace il prof. Miglio. Ci sono tanti italiani, anche meridionali, che hanno saputo vivere e morire in difesa di valori universali, penso all’avv. Ambrosoli e ai tanti magistrati, settentrionali e meridionali, caduti per aver compiuto il proprio dovere.
Noi italiani, peraltro, abbiamo avuto fior di personalità di origine non interamente italiana o interamente straniera, grandi e grandissimi. L’attore Vittorio Gassman e lo scrittore Curzio Malaparte erano figli di padre tedesco e di mamma italiana. Lo stesso Dante Alighieri, a cui i tedeschi vogliono un gran bene, si “sospetta” fosse di origine tedesca. E Leonardo da Vinci era di madre araba, una schiava, di quelle che servivano in tutto e per tutto i loro signori. Perché, secondo Toscani, saremmo tutti dei Fabrizio Corona? Certo, non siamo nemmeno tutti Jannik Sinner. Ma un popolo, come il nostro, ha saputo sempre arricchirsi del contributo di chi è venuto a vivere tra di noi. Sorprende come in certi democratici emerga, tra il lusco e il brusco, un po’ di razzismo.
Sinner in tedesco significa assennato. Sinn, la parola base, significa senso, giudizio. La parola italiana senno deriva dal francone (antico germanico) sin. Scherzando si può dire che il senno a noi italiani ce l’han dato i tedeschi.
Ben più importante è il caso Sinner per i suoi risvolti sociologici. Grazie alle sue vittorie oggi gli italiani guardano il tennis con quasi uguale attenzione del calcio. Si sono appassionati al gioco ma anche a lui, che continua ad avere un comportamento ineccepibile. Ha dedicato la sua recente vittoria all’Us open alla zia che sta poco bene. Più italiano di così? Un po’ più tedesco si è dimostrato licenziando il suo massaggiatore che involontariamente l’ha messo nei guai col doping.
Con certe eccellenze umane non è il caso di italianità o di germanicità. In tutti i paesi del mondo, specialmente nelle zone di frontiera, da noi regolate con intelligenza dai nostri governi e da quelli dei paesi limitrofi, ci sono popolazioni che risentono di una nazionalità plurale. Né gli abitanti si pongono più il problema: si è austriaci in Austria, si è italiani in Italia; come gli italiani che vivono in Slovenia o in Croazia sono sloveni e croati.
C’è una specie di uomini, che dallo sport alla scienza, dall’arte all’ingegno, spuntano in ogni parte del mondo e si affermano ai più alti livelli. Sono costoro cittadini del mondo, che sentono di appartenere all’umanità prima ancora che ad una nazione. Sono europei, americani, cinesi, indiani, giapponesi, africani, australiani. Volerli legare per forza ad una nazionalità è come metter loro una maschera di ferro. Nella sua celebre ode «In morte di Carlo Imbonati» Manzoni fa l’esempio di Omero, la cui nascita se la contendevano tanti luoghi della Grecia ma «patria ei non conosce[a] altra che il cielo». Con questo non si vuole svilire il senso di patria e di nazione, che resiste e resisterà. Ma si vuole anche accettare i cambiamenti che fatalmente arrivano trasportati dalla corrente della storia, a volte tumultuosa e torrentizia, a volte placida e serena.
Sinner nel campo dello sport ha raggiunto il cielo, manzonianamente inteso, con ciò dando a italiani ed austriaci senso di orgoglio. Un’operazione di risulta ma importante, che non può che giovare alla nostra gioventù più spesso orientata a seguire musiche e canzonette, cantanti e rapper, tra il divertimento e la devianza. Senza essere fissati in certi giudizi, ma la professione dalla quale si esce a volte tradisce, occorre sempre fare una distinzione tra valori e disvalori, che non possono stare sullo stesso piano e indistinti. I casi come quello di Sinner e dei tanti atleti che si sono distinti recentemente ai giochi olimpici e paralimpici sono altamente significativi.
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