sabato 6 aprile 2024

Sul caso Ilaria Salis...i soliti italiani

Ilaria Salis è un’insegnante di Monza, comunista di trentanove anni. Amava passare i weekend andando in giro per l’Italia e l’Europa a menar le mani dove c’erano fascisti o nazisti da pestare. Lo faceva in maniera professionale, con un manganello retrattile che teneva nello zainetto e con l’equipaggiamento dei picchiatori nomadi. Era già finita nelle attenzioni della polizia italiana ed era stata già condannata per quei reati tipici degli scontri di piazza, resistenza a pubblico ufficiale et similia. L’anno scorso, con altri comunisti italiani, arrivò fino a Budapest, in Ungheria, dove ogni anno si svolge una manifestazione patriottica, il «Giorno dell’Onore», per ricordare la fermata dell’Armata Rossa da parte di alcuni reparti nazisti nel corso dell’ultima guerra mondiale. L’Ilaria fece quel ch’era andata a fare. Aggredì il corteo dei neonazisti e si azzuffò con loro. Fu arrestata dalla polizia intervenuta per riportare l’ordine pubblico. Da allora è in carcere. Quando va in udienza, una poliziotta la tiene al guinzaglio, mani e piedi incatenati. Lei guarda di qua e di là come incredula e smarrita; a tratti accenna un sorriso, con l’aria non di una sofferente ma di una compiaciuta per trovarsi al centro di tanta attenzione. La popolarità, si sa, piace e si comprende benissimo che possa piacere anche a lei, a cui lo starsene quieta quieta in casa, con tutto quello che c’è da fare, compresa la preparazione delle lezioni se, come si dice, è un’insegnante, non piace proprio. Ma, fatti suoi! Ognuno cura i suoi hobby. Di fronte al caso l’Italia si è divisa tra salisiani (attenzione alla i) e antisalisiani. I primi in gran parte li trovi negli studi televisivi, indignati d’ordinanza, a disquisire sui diritti umani; i secondi nei bar a sparare, tra un caffè e uno spritz, bordate contro la Salis, che se l’è andata a cercare. I primi sono incazzati perché il governo non fa niente per liberarla e ricondurla trionfalmente a casa, onusta di gloria; i secondi sono indifferenti ed anzi non disdegnano l’idea che se la possano tenere in carcere fino alla condanna e alla pena. Ça va sans dire, i primi sono di sinistra, i secondi di destra. Poi c’è un padre, che sembra una gran bella persona, dicono, di idee diverse da quelle della figlia, tanto per stare nella forbice. È disperato perché le autorità ungheresi non ne vogliono sapere di concedere all’Ilaria gli arresti domiciliari. Si è rivolto al governo, presieduto da Giorgia Meloni, che è in gran simpatia col suo omologo ungherese Orban, convinto che se la premier italiana gli chiede un favore quello glielo fa, come se si trattasse di una questione tra due capetti della Magliana. Il governo ha fatto i suoi passi nell’assoluta correttezza. I salisiani lo rimproverano di stare più con quelli del bar che con quelli della televisione e di non fare nulla di concreto per liberare l’Ilaria. Il padre si è poi rivolto al Presidente della Repubblica, il quale ha promesso di interessarsene ma sempre attraverso il governo. La situazione non sembra smuoversi, almeno per ora. Tutto quello che si è riusciti ad ottenere sono migliori condizioni igieniche del luogo di detenzione e la possibilità di telefonare a chiunque. Questi, più o meno i fatti. Li conoscono tutti, si dirà, ma repetita juvant. Quel che dovrebbe mettere tutti d’accordo in Italia non è tanto la liberazione di una connazionale detenuta in Ungheria ma il rispetto delle norme europee in materia di detenzione dal momento che all’Ungheria fu concesso l’ingresso in Europa previa conformazione alle sue norme anche in materia di diritti civili. Non è per questo che la Turchia è tenuta fuori? Ci può pure stare che per un tafferuglio metti in prigione una persona, non è ammissibile che quel detenuto venga trattato come un animale, lo esibisci in catene e dopo un anno di detenzione gli neghi gli arresti domiciliari per un reato, la scazzotatura, che in Italia non viene nemmeno rubricato. In un qualsiasi altro paese europeo la Salis sarebbe stata espulsa il giorno dopo e nel frattempo avrebbe organizzato qualche altra spedizione, sempre a pestare fascisti e nazisti. In compenso nel Pd si parla di candidare la Salis e di farla eleggere al Parlamento Europeo. La Schlein per ora dice che la cosa non è in campo. E se mantiene il punto fa bene. Un partito come il Pd non può puntare su candidati improvvisati, come faceva il Partito radicale di Pannella. Già ha perso la tramontana. Se continua sulla strada del candidato alla “Cucchi” dà al suo elettorato un messaggio negativo. I suoi elettori, salisiani o meno, non gradirebbero e sarebbe per il Pd l’ennesimo errore di valutazione della natura degli italiani. Quale dote porterebbe la promessa sposa Ilaria Salis? Il manganello nello zaino. Ma il manganello non era di destra?

Nessun commento:

Posta un commento