domenica 8 maggio 2022

Ucraina. che italiani saremmo se non ci sfilassimo

Sempre più insistentemente una parte del M5S e della Lega coi loro leader in testa, Conte e Salvini, premono perché l’Italia non invii più armi all’Ucraina, nonostante il decreto che autorizza il governo a farlo. La distinzione tra armi difensive e offensive è solo un distinguo pretestuoso che vuole nascondere la verità, che è il cambio di approccio alla crisi ucraina. Le loro argomentazioni si fondano sul fatto che fornire di armi un paese belligerante equivale a far durare la guerra, con tutti i disastri che ne conseguono. Inoltre, fornendo l’Italia armi all’Ucraina, di fatto è in guerra. E se è in guerra lo scenario cambia, perché la guerra non la vuole nessuno e soprattutto non l’ha votata il Parlamento, come vuole l’art. 78 della Costituzione. Il governo a questo punto dovrebbe allora informare il Parlamento per poi sapere dove si vuole andare e per decidere sul da farsi. Di qui al disimpegno dell’Italia dalle decisioni della Nato e dell’Europa la strada potrebbe essere breve se, come Conte ripete, è condizione perché il M5S resti al governo. Si sostiene che a noi questa guerra non interessa e che anzi converrebbe di più stare dall’altra parte, se non altro per non dover pagare le conseguenze delle sanzioni, anche se questo non viene detto esplicitamente per quel tanto di pudore opportuno in talune circostanze. D’altra parte la posizione di noi europei nei confronti della guerra russo-ucraina è diversa da quella degli americani. Appare di tutta evidenza l’asimmetria che c’è nella Nato. Non tanto per una questione geopolitica, la guerra si combatte in casa nostra mentre gli Usa la guardano di lontano, quanto perché noi europei con questa guerra abbiamo solo da perdere mentre gli americani hanno da guadagnare. Diverso, inoltre, è il ruolo che hanno nel mondo Stati Uniti ed Europa. Ma c’è un’altra ragione che spiega la diversità delle due posizioni. Mentre noi europei, per la nostra cultura e per la nostra storia, cerchiamo la pace e tendiamo a ricomporre il conflitto tra le parti quel che è stato è stato, gli americani, per la loro cultura e per la loro storia, tendono a punire il colpevole, in questo caso la Russia per aver aggredito uno stato sovrano. Riemerge chiaramente negli americani lo spirito del Far West: si sceglie l’albero, si prepara il cappio e s’impicca il reo. Essi vogliono che la guerra continui fino alla vittoria, fino cioè alla punizione della Russia. Lo ripetono continuamente. Sono le imprudenze e i toni alti di Biden, che evidentemente cerca di esacerbare ancor più gli animi perché la guerra continui. Di qui le dichiarazioni della Nato, che per bocca del suo segretario generale Stoltenberg, ha escluso che la Crimea o altri territori ucraini, occupati illegalmente, possano essere annessi dalla Russia, come pure il presidente ucraino Zelensky aveva proposto pur di avviare un processo di pace. Col passare del tempo la situazione diventa sempre più difficile e pericolosa. Le accuse rivolte dal presidente del parlamento russo Vyakeslav Volodin agli americani, dopo le rivelazioni del New York Times sul ruolo avuto dall’intelligence americana nell’uccisione di dodici generali russi da parte degli ucraini, sono pesanti e volte a dimostrare che gli Usa sono di fatto in guerra con la Russia; esse segnano un punto nell’escalation della tensione. Noi italiani, per i contrari all’invio di armi all’Ucraina, rischiamo di trovarci in una posizione diversa anche all’interno dell’Europa, dove, pur con tante titubanze da parte di alcuni si è fatta una scelta di unità atlantica. Non sarebbe la prima volta nella nostra storia di iniziare una guerra con degli alleati e di finarla con altri; così nella prima e così nella seconda guerra mondiale. Questa volta, però, un nostro disimpegno dalle scelte europee equivarrebbe ad un isolamento, che sarebbe deleterio per la nostra situazione. L’Italia potrebbe perdere quel ruolo di prestigio di paese guida nell’ambito europeo così sapientemente conquistato. Non si può essere europei e atlantisti solo nella buona sorte. Ogni scelta ha le sue conseguenze, ogni vantaggio ha i suoi costi. Saranno i prossimi giorni a portare qualche elemento di chiarezza. Domani, 9 maggio, giornata di festeggiamenti in Russia per i 77 anni dalla vittoria sul nazifascismo, Putin potrebbe annunciare qualcosa di importante e di decisivo. Per quel che riguarda noi italiani aspettiamo il ritorno di Draghi dall’America per riprendere il filo del dibattito politico sulla guerra già avviato prima della sua partenza.

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