sabato 14 maggio 2022

Francesco, il papa che soffre per non poter fare di più

Quando la sera del 13 marzo 2013 fu eletto, papa Francesco dalla loggia centrale di San Pietro si presentò con un semplice “buonasera” preceduto da una pausa, che diede l’impressione di un non saper che dire altro. Un’impressione sbagliata perché di lì a poco egli avrebbe convinto che quello era il suo approccio comunicativo, pur banale, ma immediato e spontaneo, per così dire “alla buona” ma efficace. Eravamo abituati al liturgico “Cari fratelli e sorelle…”. Non un papa serioso e ieratico come Pio XII o Paolo VI, carismatico e sanguigno come Giovanni Paolo II, ma bonario e accattivante, come Giovanni XXIII, il papa del discorso della luna, e Giovanni Paolo I, una meteora di dolcezza e bontà durata appena un mese. Nel corso degli anni papa Francesco ha avuto modo di dimostrare la sua personalità apparentemente terra-terra con tutta una serie di affermazioni. Ne ricordiamo alcune, che a volte hanno fatto discutere. “Chi sono io per giudicare” a proposito dei gay. La sua condanna della terza guerra mondiale “a pezzi”. Se qualcuno ti offende la mamma è lecito rispondere colpendolo. Il continuo rivolgersi ai fedeli e ai grandi della Terra con reiterati “per favore” invece del canonico in nome di Dio. Fino a dare del “chierichetto di Stato” al patriarca di tutte le Russie Kirill I per essersi allineato alle posizioni di Putin sull’invasione russa dell’Ucraina. E il rimprovero ai paesi della Nato per aver “abbaiato alle porte della Russia” e scatenato la reazione di Putin. Perfino coi gesti ha dimostrato di essere un papa poco formale, ricordiamo quello di stizza e il colpo che diede ad una signora anziana che non gli lasciava la mano. Egli parla e agisce per come vede le cose, in maniera diretta e spontanea, quasi infantile, con figure e metafore visive, fisiche. La guerra a pezzi, appunto, l’abbaiare. Per altri aspetti Francesco si è dimostrato di grande fermezza, privilegiando i grandi temi politici e sociali. Lo dicono le sue battaglie per la difesa della natura e dell’ambiente, significativa la sua enciclica “Laudato si’”. Lo dicono le sue iniziative in favore dei poveri e le continue condanne della corruzione e delle guerre, i suoi appelli alla pace. Fu proprio un suo appello a fermare Obama dal portare la guerra in Siria quando già tutto era pronto per l’attacco. Il suo primo viaggio da papa fu a Lampedusa per gettare in mare una corona di fiori e ricordare il dramma degli immigrati morti nel tentativo di raggiungere l’Italia. Non meno determinata la sua opera di pulizia della chiesa, della sua corruzione, dei suoi problemi, primo fra tutti quello della pedofilia, secondo le indicazioni del suo predecessore Benedetto XVI, dimessosi per non sentirsi adeguato a causa della sua età e delle sue condizioni di salute ad un compito così arduo e importante. Sotto il suo pontificato sono stati messi sotto accusa e processati cardinali autorevolissimi, come il cardinale Becciu, sono state avviate inchieste interne, fatte riforme importanti, come quella dello Ior. La scelta del nome Francesco, come il poverello d’Assisi, racchiude ragioni e prospettive della sua missione pastorale da lui stesso spiegate. Tra le sue prime affermazioni ricordiamo “vorrei una chiesa povera, per i poveri”. Una scelta di vita, che purtroppo per un papa non è possibile, per quanto egli abbia fatto e faccia di tutto per dimostrare la sua vera vocazione alla francescana povertà, preferendo stare a Santa Marta anziché nell’appartamento del papa al Palazzo Apostolico. Pur conscio che mai potrebbe esistere una chiesa povera – al giorno d’oggi sarebbe perfino inutile se esistesse –, tanto si è dato da fare per i poveri, per i senzatetto, per gli umili, per i sofferenti. L’amore con cui ogni anno lava e bacia i piedi, ora di malati di Aids, ora di carcerati, ora di altre categorie di persone afflitte, uomini e donne, va ben oltre il rito pasquale del giovedì santo. Vi è in lui una partecipazione quasi mistica, che trasuda amore, misericordia, carità. A volte in lui si legge, sul suo volto teso, il rammarico per non poter fare di più di quello che egli si sforza di fare, una sorta di sofferenza che prevale sulla consapevolezza dell’istituzione che rappresenta. La sua sortita in solitaria sotto la pioggia davanti a San Pietro durante il lockdown del 2020 per la pandemia da Covid ha reso visibile l’immagine stessa del dramma e offerto di sé un’icona di angoscia umana per i mali del mondo. Oggi papa Francesco si è detto disposto ad andare a Mosca per incontrare Putin e cercare insieme un percorso di pace, prima che la guerra in Ucraina vada oltre e metta in pericolo l’intera umanità. “Ancora non è tempo” gli è stato risposto. Il Papa forse ha capito. Francesco sicuramente è rimasto male.

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