sabato 20 marzo 2021

Così parlo Draghi

 

Stava incominciando a farsi strada la narrazione di un Draghi silente, con commenti da parte di chi non ha condiviso la nascita del suo governo piuttosto acidi e beffardi. E, invece, nel giro di pochi giorni Draghi ha parlato. Lo ha fatto il 12 marzo al centro vaccinale di Fiumicino, il 18 marzo al cimitero di Bergamo per commemorare le vittime da Covid e nella conferenza stampa di venerdì sera, 19 marzo. Nelle tre circostanze ha confermato il suo stile, sobrio ed essenziale, le sue vedute di sostanziale pragmatismo. Ha mantenuto la promessa: prima fare e poi parlare. Un modo, questo, rivoluzionario in un ambiente solitamente fatto di annunci, di slogan e di propaganda, come è quello italiano.

Il suo linguaggio è stato schietto e aderente alle cose indicate, cioè ha chiamato le cose col loro nome, dando l’impressione quasi di incapacità di parlare obliquamente. A proposito delle cartelle esattoriali ha detto che si tratta di condono, parola in genere tabù per i politici italiani, ma ha anche aggiunto che si è fatto ciò che si poteva fare per il bene dei cittadini interessati e del Paese, mediando con quanti, Lega e Forza Italia, avrebbero preteso che l’abbattimento fosse più generalizzato ed esteso. E a chi gli chiedeva delle impuntature di Salvini, l’ex Presidente della Bce rispondeva con una lezione di galateo politico. Quando si è in una coalizione di diversi ognuno deve saper rinunciare con buon senso ad una porzione delle proprie convinzioni di bandiera. Gli otto anni passati alla Banca centrale europea gli hanno sicuramente affinato l’abilità di mediare fra spinte e interessi diversi, per trovare l’interesse dell’istituzione, ovvero di tutti.

Sul più spinoso problema del vaccino AstraZeneca, sospeso per tre giorni in seguito ad alcune morti per trombosi e poi riammesso, ha sostenuto le ragioni della sospensione, ma non, come vogliono certe accuse, per accodarsi agli interessi della Germania bensì per opportunità dopo quanto era successo. La stessa Germania, che è stata la prima a chiedere agli altri governi europei la sospensione, ha agito secondo Draghi nell’interesse della popolazione e non per reconditi motivi. Cosa si poteva fare a quel punto? Spesso lamentiamo la mancanza in Europa di una visione comune delle cose, ma quando qualche volta ce l’abbiamo, ecco che ci dimostriamo nostalgici dell’essere divisi. Draghi ha rassicurato gli italiani che lui stesso si farà il vaccino AstraZeneca come già se l’è fatto suo figlio in Inghilterra, per confermarne la sicurezza e l’efficacia.

Forse sulla vicenda AstraZeneca è stato, però, meno convincente. La sospensione, infatti, se pure non è partita per interessi tedeschi, ma su questo permangono legittimi sospetti, è stata un errore, non dell’Italia ma dell’Europa. Che poteva mai rispondere l’Ema (Agenzia europea del farmaco), se non di ribadire quanto già si sapeva del vaccino? Dunque si è perso solo tempo e si è rafforzato nei cittadini il sospetto che questo vaccino è di serie b e che comunque comporta dei rischi. L’Ema, infatti, è stata esplicita: i benefici superano i rischi. Dunque i rischi ci sono. Dire che ogni farmaco procura effetti collaterali e ha controindicazioni non convince del tutto, perché un conto è assumere un medicinale quando se ne ha bisogno in presenza di una malattia conclamata un altro è assumerlo per prevenirne una, che può giungere e può anche non giungere. Ma è importante che i cittadini si facciano il vaccino anche per spirito di solidarietà di “gregge” perché non solo si premuniscono singolarmente dal virus ma contribuiscono a creare le condizioni per sconfiggerlo nel Paese. La vaccinazione di massa a questo mira.

Queste sortite di Draghi con i primi provvedimenti governativi (nuovo Comitato tecnico scientifico, decreto sostegni) provano con sufficiente visibilità che c’è stata quella tanto invocata discontinuità rispetto al governo precedente. Non è solo questione d’immagine. Draghi si è dimostrato risoluto e risolutivo, come lo ebbe a definire Mario Monti, quando ha stoppato l’esportazione di vaccini all’Australia e ha detto che se con l’Europa le cose non dovessero procedere bene nell’acquisizione dei vaccini provvederemo da soli aprendo anche al russo Sputnik. Inequivocabile è stato nel liquidare il Mes, che tanto ha fatto parlare nei mesi passati; e quando ha ribadito, a proposito dello scontro Usa-Russia, la nostra appartenenza all’europeismo e all’atlantismo.

Poi, anche lui si è fatto sedurre dagli annunci: ad aprile 500mila vaccinazioni al giorno e le scuole saranno le prime a riaprire. Vedremo!  

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