giovedì 18 ottobre 2018

Un anno fa la scomparsa di Donato Valli




Il 18 ottobre dell’anno scorso se ne andava Donato Valli, nella sua Tricase, dove era tornato a vivere da qualche tempo.
Lo conobbi al mio primo anno d’Università, quando era fra gli assistenti di Aldo Vallone con Ennio Bonea e Luigi Manna e lavorava alla Biblioteca centrale dell’Università, poi con insegnamento di Bibliografia e Biblioteconomia. La sua ambizione era la cattedra di italianistica, che avrebbe conseguito un po’ di anni dopo. All’epoca aveva già prodotto importanti saggi su Girolamo Comi, Luigi Fallacara, Clemente Rebora, Umberto Saba e Piero Bigongiari, raccolti nel volume Saggi sul Novecento poetico italiano in una collana diretta da Aldo Vallone e Mario Marti. Un libro che Vallone ci avrebbe fatto studiare per l’esame di Letteratura Moderna e Contemporanea.
Per la malattia che lo aveva colpito negli ultimi anni aveva un po’ abituato l’ambiente culturale salentino e gli amici alla sua assenza da eventi e iniziative, nelle quali per decenni era stato protagonista assoluto. Mario Spedicato aveva cercato di coinvolgerlo nelle iniziative della Società di Storia Patria, senza mai riuscire a vincere le resistenze della signora Enza, che intorno al suo Donato aveva steso una rete di solida protezione. E, tuttavia, la notizia della sua morte destò in tutti dolore e commozione.
Valli è stato il dominus della cultura salentina per circa un cinquantennio, dagli anni Settanta del Novecento fino agli inizi degli anni Dieci del Duemila. Dalla Biblioteca provinciale alla cattedra universitaria di Letteratura Moderna e Contemporanea, dalla codirezione de L’Albero dell’Accademia Salentina di Lucugnano al Rettorato, alla Biblioteca Salentina di Cultura, alla Società di Storia Patria, attraverso studi critici pubblicati con editori locali e nazionali, sui più importanti autori italiani, convegni di studio, conferenze, presentazioni di libri e di mostre, non solo nello specifico della critica letteraria. Ne sono testimonianza i tre volumi Aria di casa, in cui ricorrono in gran parte i suoi interventi per così dire extra moenia, per indicare scritti e discorsi fatti per le più varie circostanze fuori dell’ufficialità accademica. Un esempio di docente universitario aperto alla società e alle pubbliche istituzioni; un signore ed un amico che non sapeva mai dire di no.
Ebbe per sodali e collaboratori studiosi di altissima elevatura, da Aldo Vallone a Mario Marti, da Oreste Macrì all’insubre Maria Corti, da Nicola G. De Donno a – negli ultimi anni – Antonio Lucio Giannone e Carlo Alberto Augieri.
Resta a tutt’oggi il critico e lo storico di Girolamo Comi per eccellenza, di cui ha curato l’opera poetica e di cui custodiva il Diario di Casa, che avrebbe dovuto pubblicare cinquant’anni dopo la di lui morte, a partire da quest’anno, essendo morto il poeta-barone nel 1968.
Valli è stato un esempio di intellettuale integralisticamente organico, avendo volto la sua azione culturale alla promozione della sua terra, valorizzandone risorse umane e materiali. Un’opera, che ha attraversato il suo impegno di critico letterario ed è andata oltre. Tre i punti fondamentali del suo straordinario vissuto: la produzione critica, il Rettorato decennale, nel corso del quale l’Università si è arricchita di nuove facoltà, uscendo da una fase di formazione, e la sua disponibilità ad offrire il suo contributo a quanti glielo chiedessero, sia per una presentazione di libro, sia per l’organizzazione di un evento.
Se avesse avuto anche maneggio politico – era cattolico e dunque democristiano – avrebbe potuto raggiungere traguardi assai più alti, a cui forse lui non voleva neppure arrivare. La politica, infatti, la viveva con molto disagio, ma allo stesso tempo ne era attratto, forse per il ricco ambiente tricasino in cui viveva, dove c’erano i Codacci Pisanelli e i De Benedetto, l’uno ministro della Repubblica, l’altro presidente della Provincia. La politica l’avrebbe vissuta anche con sofferenza estrema, per le note vicissitudini giudiziarie nelle quali si ritrovò per la sua buona fede. In una lettera, che non cito testualmente per non perdere tempo a trovarla, poiché non ricordo l’anno, confessò che le scorrettezze in politica non sono solo di chi le compie ma anche di chi le vede e non le denuncia; e si doleva di non averlo fatto quando avrebbe dovuto. Ma era anche un uomo pratico e sapeva che nella vita non si può inciampare ad ogni pietra.
Aveva un carattere che appariva burbero. Solo un meccanismo di difesa, il suo. Dietro la scorza c’era una persona cordialissima e profondamente umana, che sapeva apprezzare anche quello che non condivideva se gli riconosceva giustezza di propositi e di ragioni.
Il suo ricordo, unitamente a quello di tanti altri dell’ambiente, Vallone, Politi, Marti, Macrì, Rizzo, Donato Moro, De Donno, Pisanò, ci richiama ad una realtà, quella delle forme di cultura letteraria, che non è più la stessa di prima. Gli studi letterari stanno cedendo terreno agli studi storiografici, sociologici, politici ed economici. L’irruzione invasiva dei socials e di altre tecnologie della comunicazione ha cambiato il costume, i rapporti, gli interessi. La cultura letteraria si è ristretta sempre più in una ridotta, in cui i pochi sopravvissuti vivono come nella Fortezza Bastiani. La percezione è che la cultura letteraria non è più l’élite dell’intellighenzia, ma una forma residuale di un mondo che sta precipitosamente cambiando. Forse il Salento non avrà più una stagione letteraria come quella che ha caratterizzato il Novecento. Ma le sue figure più imponenti, e fra queste Donato Valli, restano esempi e richiami di difficile elusione e lasciano ben sperare.

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