domenica 14 ottobre 2018

Governo: dopo il voto di scambio, il ricatto




In Italia, da sempre luogo di sperimentazioni politiche, si sta affermando in maniera continua e pacchiana un nuovo modo di far politica. Intesa, questa, non come soluzione dei problemi del Paese, ma come processo di conquista di consenso elettorale. Il cosiddetto populismo nasce proprio di qui. Se tu vuoi il consenso dell’elettore devi parlare e agire come l’elettore parla e se potesse agirebbe pure. Tante espressioni volgari, arroganti, tracotanti, continuamente ripetute da Salvini e in maniera più soft da Di Maio, lasciano cogliere lo scarto tra le parole e il perché del loro uso. Come se chi le pronuncia volesse far capire che, pur potendo usare un modo diverso di esprimersi, usa quello apposta perché di maggiore effetto con la gente.
Ovvio che dietro le parole ci sono i fatti, ci dovrebbero essere i fatti. Le tre grandi promesse del governo pentaleghista sono abrogazione della legge Fornero sulle pensioni, abbassamento delle tasse con la flattax e il reddito di cittadinanza. Tre obiettivi che, stando al far di conto, come da sempre funzionano le cose, sono irraggiungibili, salvo che non si voglia far precipitare il Paese nel disastro di qui a poco. Ma – dice Salvini, il più ostinato a volere l’abrogazione della Fornero – più dicono che questa legge non si tocca e più io la tocco.  Che ricorda il ritornello di quella canzoncina del bambino discolo: ma io che sono Carletto, la faccio nel letto, per fare un dispetto a mamma e papà. Mamma e papà siamo noi, paese Italia.
A dire il vero un po’ di infantilismo in quel Salvini c’è. Forse bisognerebbe prevedere per il futuro un’équipe di psicologi nei più importanti palazzi del potere.
Di Maio fa lo stesso: più si cerca di far capire che il reddito di cittadinanza, oltre che impossibile per mancanza di soldi, è una grandissima minchiata e più lo pone come condizione per non far cadere il governo e tornare al voto. Che, secondo lui, significherebbe un autentico plebiscito per il suo partito.
Siamo in presenza, almeno dai modi usati, di autentici boss della malavita: o fai questo o per te è la fine. Dopo il voto di scambio di massa, ora il ricatto di massa.
Il buon Bernardone – se è lecito un riferimento colto in questo mondo di barbari felicemente incolti – era un mercante di Assisi; pagò un riscatto a quei tempi importante per riavere il figlio Francesco che era stato catturato dai perugini, ma quando si accorse che questo prendeva soldi e merci dalla bottega per distribuirli a quanti si trovavano a passare di lì, lo cacciò via, per evitare il fallimento. Perché delle due l’una: o il lavoro, fonte di crescita e di progresso, o lo sperpero che è l’inizio del disastro. L’esempio riporta al XII secolo, ma non è cambiato nulla. Dare denari, che peraltro non ci sono, a persone per non farle lavorare, in nome di un malinteso senso di giustizia distributiva, è una serie di dannosissime balordaggini. Dice: ma lo ha promesso in campagna elettorale. E, allora? Siccome deve mantenere la promessa è lecito buttare il Paese in una rovina, che inevitabilmente finirà per coinvolgere in primis proprio quelli che si era voluto favorire? Se così dovesse accadere questi due signori si stanno candidando al Premio Masaniello.
Ci sono poi, ma il poi non ha affatto significato temporale, quelli che, pur oggi in minoranza, non ne vogliono sapere di fare la fine che si paventa. Siamo in democrazia, è vero, e dovremmo rispettare le regole del gioco. Se hanno vinto degli scellerati, dovremmo accodarci alle loro scelleratezze? Ma qui è in gioco la sopravvivenza di un Paese che ha raggiunto da tempo un buon livello di progresso e di benessere, a cui legittimamente non si vuole rinunciare. Quando è in gioco il benessere conseguito si ha ragione anche di non essere pedissequo osservatore di leggi suicide.
La situazione non è per niente facile. Si tratta di salvare la faccia a chi si vanta di averla messa per ottenere certi risultati e nello stesso tempo salvare la condizione generale del Paese, che non può rinunciare ad alcune condizioni acquisite: l’Europa e l’Euro, garanti della nostra condizione di Paese avanzato.
E’ una difficile impresa, nella quale le persone più autorevoli, ad iniziare dal Presidente della Repubblica Mattarella, si preoccupano anche di salvare la faccia alla democrazia mentre cercano di esercitare la loro moral suasion nelle due direzioni. 
L’obiettivo è di stemperare le tre grandi mete di questo governo: aggiustare e non abrogare la legge Fornero, estendere la flattax che già esiste per alcune categorie, rimpinguare il reddito di inclusione. Non sarebbe una sconfitta per il governo, ma mezza sì; mentre per il Paese sarebbe una mezza vittoria. 
Chiudere questa prima partita con un pareggio non sarebbe male. Per vincere o per perdere c’è sempre tempo.         

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