In Italia, da sempre luogo di
sperimentazioni politiche, si sta affermando in maniera continua e pacchiana un
nuovo modo di far politica. Intesa, questa, non come soluzione dei problemi del
Paese, ma come processo di conquista di consenso elettorale. Il cosiddetto
populismo nasce proprio di qui. Se tu vuoi il consenso dell’elettore devi
parlare e agire come l’elettore parla e se potesse agirebbe pure. Tante
espressioni volgari, arroganti, tracotanti, continuamente ripetute da Salvini e
in maniera più soft da Di Maio, lasciano cogliere lo scarto tra le parole e il
perché del loro uso. Come se chi le pronuncia volesse far capire che, pur
potendo usare un modo diverso di esprimersi, usa quello apposta perché di
maggiore effetto con la gente.
Ovvio che dietro le parole ci
sono i fatti, ci dovrebbero essere i fatti. Le tre grandi promesse del governo
pentaleghista sono abrogazione della legge Fornero sulle pensioni, abbassamento
delle tasse con la flattax e il reddito di cittadinanza. Tre obiettivi che,
stando al far di conto, come da sempre funzionano le cose, sono
irraggiungibili, salvo che non si voglia far precipitare il Paese nel disastro
di qui a poco. Ma – dice Salvini, il più ostinato a volere l’abrogazione della
Fornero – più dicono che questa legge non si tocca e più io la tocco. Che ricorda il ritornello di
quella canzoncina del bambino discolo: ma io che sono Carletto, la faccio nel
letto, per fare un dispetto a mamma e papà. Mamma e papà siamo noi, paese
Italia.
A dire il vero un po’ di
infantilismo in quel Salvini c’è. Forse bisognerebbe prevedere per il futuro un’équipe
di psicologi nei più importanti palazzi del potere.
Di Maio fa lo stesso: più si
cerca di far capire che il reddito di cittadinanza, oltre che impossibile per
mancanza di soldi, è una grandissima minchiata e più lo pone come condizione
per non far cadere il governo e tornare al voto. Che, secondo lui,
significherebbe un autentico plebiscito per il suo partito.
Siamo in presenza, almeno dai
modi usati, di autentici boss della malavita: o fai questo o per te è la fine. Dopo il voto di scambio
di massa, ora il ricatto di massa.
Il buon Bernardone – se è lecito un
riferimento colto in questo mondo di barbari felicemente incolti – era un
mercante di Assisi; pagò un riscatto a quei tempi importante per riavere il
figlio Francesco che era stato catturato dai perugini, ma quando si accorse che
questo prendeva soldi e merci dalla bottega per distribuirli a quanti si
trovavano a passare di lì, lo cacciò via, per evitare il fallimento. Perché
delle due l’una: o il lavoro, fonte di crescita e di progresso, o lo sperpero
che è l’inizio del disastro. L’esempio riporta al XII secolo, ma non è cambiato
nulla. Dare denari, che peraltro non ci sono, a persone per non farle lavorare,
in nome di un malinteso senso di giustizia distributiva, è una serie di
dannosissime balordaggini. Dice: ma lo ha promesso in campagna elettorale. E,
allora? Siccome deve mantenere la promessa è lecito buttare il Paese in una rovina,
che inevitabilmente finirà per coinvolgere in primis proprio quelli che si era
voluto favorire? Se così dovesse accadere questi due signori si stanno
candidando al Premio Masaniello.
Ci sono poi, ma il poi non ha
affatto significato temporale, quelli che, pur oggi in minoranza, non ne
vogliono sapere di fare la fine che si paventa. Siamo in democrazia, è vero, e
dovremmo rispettare le regole del gioco. Se hanno vinto degli scellerati,
dovremmo accodarci alle loro scelleratezze? Ma qui è in gioco la sopravvivenza
di un Paese che ha raggiunto da tempo un buon livello di progresso e di
benessere, a cui legittimamente non si vuole rinunciare. Quando è in gioco il
benessere conseguito si ha ragione anche di non essere pedissequo osservatore
di leggi suicide.
La situazione non è per niente
facile. Si tratta di salvare la faccia a chi si vanta di averla messa per
ottenere certi risultati e nello stesso tempo salvare la condizione generale
del Paese, che non può rinunciare ad alcune condizioni acquisite: l’Europa e l’Euro, garanti della nostra condizione di Paese avanzato.
E’ una difficile impresa, nella
quale le persone più autorevoli, ad iniziare dal Presidente della Repubblica
Mattarella, si preoccupano anche di salvare la faccia alla democrazia mentre cercano di esercitare la loro moral suasion nelle due direzioni.
L’obiettivo è di
stemperare le tre grandi mete di questo governo: aggiustare e non abrogare la legge Fornero,
estendere la flattax che già esiste per alcune categorie, rimpinguare il
reddito di inclusione. Non sarebbe una sconfitta per il governo, ma mezza sì; mentre per il
Paese sarebbe una mezza vittoria.
Chiudere questa prima partita con un pareggio
non sarebbe male. Per vincere o per perdere c’è sempre tempo.
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