Il presidente della Commissione
Europea Juncker non ha sbagliato diagnosi sull’Italia, dicendosi preoccupato
che le elezioni del 4 marzo possano non esprimere un governo stabile e mettere
in difficoltà l’Unione, ha sbagliato a dirla. In politica a volte fanno più
danno le parole dei fatti.
Lo vediamo tutti che la
situazione italiana alla vigilia del voto, più che preoccupante, è allarmante.
Che poi convenga nascondere la preoccupazione o l’allarme è un altro discorso.
Gli europei sanno – lo disse tempo fa il commissario per gli affari economici
Pierre Moscovici – che gli italiani sono come i gatti, cadono sempre in piedi.
Noi italiani abbiamo confidato sempre nel nostro stellone.
Interferenza negli affari di un
altro paese? Sì e no. Sì, se consideriamo l’Italia un paese sovrano, libero e
indipendente, alla maniera primonovecentesca; no, se consideriamo l’Italia un
membro importante e condizionante dell’Unione Europea, come effettivamente è e dal
quale nessuno più vuol tornare indietro.
Le tre “forze” politiche, che,
stando ai sondaggi, vanno per la maggiore nella prospettiva elettorale sono
l’alleanza del Centrodestra (Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia), che
potrebbe vincere le elezioni; il Movimento 5 Stelle, che potrebbe risultare il
partito più votato; e il Pd, che è al governo con un manipolo di ministri che
non dispiacciono, compreso evidentemente il premier Gentiloni.
Che cosa rende improbabile una
soluzione? Il Centrodestra ha un leader, Silvio Berlusconi, che non è
candidabile per le note vicende giudiziarie e dunque è fuori gioco. Chi c’è al
suo posto? Boh! Non si sa. Non si dice. Forse non c’è. E già una simile
situazione è paradossale. Si corre per vincere le elezioni e sul traguardo non
si presenta nessuno. Vogliamo credere che nelle segretissime stanze di
Berlusconi un qualche nome circoli; ma i cittadini che devono votare non
avrebbero il diritto di saperlo? E’ un
fatto che non lo sappiano. Che Salvini dica, come del resto fa la Meloni, il
presidente sono io non rassicura perché se per accordi presi ad esprimere il
presidente è il partito che prenderà più voti, con ogni probabilità sarà Forza
Italia, che sulla questione, come si è detto, per il momento glissa.
Il Movimento 5 Stelle ha un
leader e un popolo; in mezzo niente. Fra gli uomini più prossimi a lui che
potrebbero esprimere qualche nome importante per il governo ce ne sono forse
due o tre, non di più. E gli altri? Non si sa. Di Maio dice che ormai ha la
squadra del governo e addirittura si è fatto ricevere al Quirinale per fare i
nomi al Presidente. Cosa insolita. Non è mai accaduto che un leader abbia
riferito al Presidente della Repubblica i nomi dei ministri addirittura prima
del voto. Ruffianismo politico? Forse, con gente simile ne abbiamo viste di
peggio. Una forma di sondaggio del tutto in linea con un movimento fatto di
incompetenti e direi di ignoranti. Un grande paese come l’Italia è in predicato
di cadere nelle loro mani!
Il Pd sembra avvantaggiarsi da
questa situazione. E’ al governo, ha alcuni ministri che, anche per il vuoto
esistente nelle altre forze politiche, sono rassicuranti. Ma ha un altro
problema. Lo Statuto del partito prevede che è il segretario, dunque Renzi, ad
essere il candidato presidente dell’eventuale governo. E Gentiloni, che
raccoglie ogni giorno sempre più consensi? Nel Pd si sta riproponendo un antico
duello democristiano, che ci riporta ai tempi di Moro e Fanfani. Dunque nemmeno
nel Pd, il popolo che lo vota, sa come andrà a finire la partita del premier.
Per motivi diversi le tre forze
politiche tengono all’oscuro i propri elettorati. Tutti sperano che accada nei
fatti quello che tutti escludono a parole, e cioè che Pd e Forza Italia
prendano i voti per fare una maggioranza di governo. A quel punto andrebbe bene
anche un Gentiloni bis con una presenza significativa di ministri forzitalisti.
Quanto potrebbe durare un simile
esito è materia di chiromanti. Nel frattempo sia Berlusconi che Renzi dicono
che se non ci saranno i numeri per fare un governo che garantisca una certa
stabilità bisognerà breviter tornare
al voto, possibilmente con un altro sistema elettorale, concepito in modo tale
che le elezioni diano un risultato chiaro. Il che significa che il nuovo
parlamento e l’eventuale governo dovrebbero approvare una legge elettorale,
che, in Italia, è cosa pressoché lunare.
Di fronte ad un simile scenario
non c’è chi non si preoccupi. In Europa avvertono di più i rischi perché
l’Unione ne subirebbe le conseguenze senza nulla poter fare per evitarle.
Soprattutto temono che a vincere le elezioni siano quelli del Movimento 5
Stelle, che finora non sono riusciti a tranquillizzare nessuno. Anzi! Tutti gli
scandali accaduti, dai falsi versamenti ai massoni e agli indagati, dimostrano
per l’ennesima volta che si tratta di dilettanti allo sbaraglio, che non
conoscono neppure la creta con cui vogliono fare i càntari. Di Battista, il
piacione, continua a dire che se gli italiani continuano a dar loro fiducia,
nonostante tutto quello che di negativo in questi ultimi tempi li ha
riguardati, un motivo ci deve pur essere. A Di Battista si può ritorcere contro
la battuta del “rincoglioniti”.
Ma con le battute non si va né
lontano né vicino. L’Italia è giunta al capolinea. Le truppe elettorali del
Movimento 5 Stelle sono frutto dei vaffanculo
di un comico rancoroso. Ha fatto presa perché oggi esiste un elettorato tra i
18 e i 48 anni, quindi consistente, che è vuoto di valori e di contenuti,
cresciuto all’insegna del tutto è lecito e del tutto a tutti. Non è un caso che
una delle battaglie più insistite del Movimento è il reddito di cittadinanza.
Consola solo il fatto che s’avvicina l’epilogo di un’epoca,
indispensabile per ricominciare. I grillini appartengono al passato; con loro
si chiude un lungo periodo di politica anche importante. Il futuro sarà di
gente assai diversa da loro. Siamo o no
come i gatti?