Gli oppositori della Tap a
Melendugno, quelli che non vogliono neppure sentirne parlare, non hanno preso
solo partito senza se e senza ma – ormai è una questione di punto, traducendo
un’espressione dialettale – ma hanno preso delle iniziative che vanno a
confliggere con le loro stesse posizioni in materia di difesa dell’ambiente e
dei suoi beni. Per ostruire le strade e impedire ai camion di passare e per
danneggiare le recinzioni del cantiere, i manifestanti hanno materialmente
distrutto un muro a secco, praticamente senza possibilità alcuna di porvi
rimedio. Il ricostruirlo, infatti, non restituisce il valore che quel muro
aveva. Mentre gli ulivi spiantati, per il fermo del cantiere, rischiano danni
irreparabili.
Naturalmente ci sono i soliti che predicano non violenza e poi
lasciano fare ai violenti; ci sono quelli che sono pronti a riparare il danno
fatto, come se si trattasse di una qualunque banale brocca rotta.
Ormai in Italia accade di tutto.
Lo Stato non è più in grado di fare alcunché. Verso l’esterno perché ha perso
o, per meglio dire, ceduto parte della sua sovranità; all’interno perché ci
sono le opposizioni violente dei cittadini, ai quali non piacciono le sue
scelte. Lo Stato è alle prese con una sorta di Idra di Lerna, una delle fatiche
di Ercole. Impresa improba per lo Stato, neppure se fosse più forte del figlio
di Giove e avesse in suo favore tutti gli dei dell’Olimpo, perché le teste
della sua Idra non aspettano neppure che qualcuno le recida perché ne spuntino due per ognuna tagliata, provvedono da sole azzannandosi reciprocamente, sicché la
situazione è più aggrovigliata della testa della Gorgone, giusto per rimanere al
linguaggio dei miti greci, a noi salentini tanto familiari.
Politici, giudici amministrativi,
ministeri, regioni, comuni, sindaci che per un pugno di voti non badano a
“spese”, si accaniscono contro le iniziative dello Stato, anche di quelle
ritenute importanti e strategiche, come, appunto, un gasdotto.
Dopo aver superato tanti ostacoli
e ritardi sembrava che ormai la questione Tap fosse risolta. Già alcuni ulivi
erano stati spiantati e sistemati per una loro ricollocazione a tunnel ultimato,
già tutto sembrava avviarsi a conclusione, sia pure con le immancabili proteste
dell’anti Tap, quando è giunto il provvedimento di sospensione dei lavori da
parte del Tar del Lazio.
Tar significa Tribunale
amministrativo regionale. Più forte dello Stato? E’ forse la sua testa più
importante? Non lo so, non perché sia difficile saperlo, ma perché chi ha
sempre creduto nello Stato non può immaginare che ci sia un soggetto, sia pure
di sua filiazione, più forte di lui, al di sopra di lui.
Quando studiavo filosofia del
diritto, materia che spesso si accompagnava a dottrine politiche – usavo il
testo di Alessandro Passerin d’Entrèves La
dottrina dello Stato – appresi che la sovranità ha una prerogativa, quella
di non essere divisibile. Vecchiume si dirà; e concordo. Ma che Stato è quello
che ammette di essersi alienato una parte di sovranità all’esterno e di aver
parcellizzato quella che gli è rimasta all’interno? Società aperta, società
liquida, società democratica. Risposte a volte suggestive, che, però, non
spiegano dove sta ormai lo Stato. In buona sostanza la sovranità dello Stato ha
carattere feudale; si divide, si sparte, si assegna, si vende, si affitta.
Diciamo come vogliamo, il concetto non cambia.
Agli amici di Melendugno vorrei
dire una cosa semplicissima. Quando fa sera e cercano in casa di far luce ci riescono con
un semplice colpo sull’interruttore, con un
altro riscaldano la casa, e così via con l’acqua calda, con la cucina, con la
lavatrice, col lavastoviglie, con l’aspirapolvere, col ferro da stiro. Se
andiamo a rileggerci la Genesi dalla Bibbia, ci manca poco a considerarci
potenti quanto Dominedio o addirittura di più, che disse: sia fatta la luce e
la luce fu. Da dove viene, secondo loro, a noi indegni discendenti di Adamo,
tanta incredibile potenza? Viene – lo sanno gli amici di Melendugno, lo sanno! è che non vogliono pensarci – dal carbone, dal petrolio, dal gas, dal nucleare.
Ebbene, queste energie in gran parte vengono da lontano, da molto lontano;
attraversano catene montuose, mari, deserti, praterie e giungono fino a noi,
grazie all’ingegno umano che ha costruito le centrali, gli oleodotti e i
gasdotti. Che poi un fattore di energia approdi a Melendugno o qualche
chilometro più in alto o più in basso, che cambia? In un punto deve pur
approdare. Le fonti rinnovabili – si sa – non sono sufficienti. Magari lo fossero!
Siamo in presenza di opere che
vengono realizzate nel più rigoroso rispetto dell’ambiente e della salute delle
persone proprio perché sono estremamente importanti e spesso rischiose. Avrebbero ragione gli amici di Melendugno di preoccuparsene se il gasdotto fosse fatto
alla buona, come tante volte si fanno le cose in Italia, purtroppo! Ma nel caso
in specie – mi sento ahimè avvocato! – tutto sembra essere stato fatto come Dio
comanda. Perché allora tanta ostinazione a voler impedire l’opera e danneggiare
il Paese? Per gli ulivi si dice, per l’ambiente, per una paura che le cose
possano mettersi male in un futuro non molto lontano.
Se pure volessimo dar loro
ragione – e, a dire il vero, un po’ ce l’hanno, relativamente alla paura che le
cose non vengano fatte bene – dovremmo pensare che noi, a
differenza di tanti altri popoli evoluti dell’Occidente, siamo incapaci di fare
cose ormai banali, tanto sono di casa dappertutto. Negli altri paesi europei ci
sono centrali nucleari, ci sono bruciatori e smaltitori di rifiuti anche nelle immediate vicinanze dei centri urbani. Da noi
tutto viene bloccato. Per la difesa dell’ambiente o forse per la solita paura per tutto ciò che possa costituire potenzialmente un pericolo, sia pure lontano?
Ho qualche perplessità a
rispondere. Dovrei dire infatti che quanto all’ambiente, si è visto quanto
l’amino gli anti Tap distruggendo un muro di pietre a secco e mettendo a
rischio diversi ulivi. Quanto alla paura, dovrei dire che si tratta anche di
mancanza di cultura, non solo e non tanto perché si tratta di un pericolo
ipotizzato quanto e soprattutto perché se pure va bene il gasdotto vogliamo che venga fatto in casa d’altri.
Dovremmo cercare di recuperare due condizioni: una, di dover convivere con queste tanto temute strutture; due, di superare la diffidenza che abbiamo nei confronti dello Stato e della modernità in genere. Del resto la Natura è la più grande maestra ed educatrice. I terremoti che annientano paesi e popolazioni, le malattie che
falcidiano piante e colture (vedi il punteruolo rosso o la xylella) dicono che il pericolo è sempre in agguato e che dobbiamo saperlo prevenire e nel caso gestire. Se
non vogliamo correre rischi e non vogliamo fare la figura degli egoisti, allora dovremmo tornare alla lucerna ad olio e all'acqua piovana.
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