domenica 9 aprile 2017

Anti Tap, lo Stato che non c'è


Gli oppositori della Tap a Melendugno, quelli che non vogliono neppure sentirne parlare, non hanno preso solo partito senza se e senza ma – ormai è una questione di punto, traducendo un’espressione dialettale – ma hanno preso delle iniziative che vanno a confliggere con le loro stesse posizioni in materia di difesa dell’ambiente e dei suoi beni. Per ostruire le strade e impedire ai camion di passare e per danneggiare le recinzioni del cantiere, i manifestanti hanno materialmente distrutto un muro a secco, praticamente senza possibilità alcuna di porvi rimedio. Il ricostruirlo, infatti, non restituisce il valore che quel muro aveva. Mentre gli ulivi spiantati, per il fermo del cantiere, rischiano danni irreparabili. 
Naturalmente ci sono i soliti che predicano non violenza e poi lasciano fare ai violenti; ci sono quelli che sono pronti a riparare il danno fatto, come se si trattasse di una qualunque banale brocca rotta.
Ormai in Italia accade di tutto. Lo Stato non è più in grado di fare alcunché. Verso l’esterno perché ha perso o, per meglio dire, ceduto parte della sua sovranità; all’interno perché ci sono le opposizioni violente dei cittadini, ai quali non piacciono le sue scelte. Lo Stato è alle prese con una sorta di Idra di Lerna, una delle fatiche di Ercole. Impresa improba per lo Stato, neppure se fosse più forte del figlio di Giove e avesse in suo favore tutti gli dei dell’Olimpo, perché le teste della sua Idra non aspettano neppure che qualcuno le recida perché ne spuntino due per ognuna tagliata, provvedono da sole azzannandosi reciprocamente, sicché la situazione è più aggrovigliata della testa della Gorgone, giusto per rimanere al linguaggio dei miti greci, a noi salentini tanto familiari.
Politici, giudici amministrativi, ministeri, regioni, comuni, sindaci che per un pugno di voti non badano a “spese”, si accaniscono contro le iniziative dello Stato, anche di quelle ritenute importanti e strategiche, come, appunto, un gasdotto.
Dopo aver superato tanti ostacoli e ritardi sembrava che ormai la questione Tap fosse risolta. Già alcuni ulivi erano stati spiantati e sistemati per una loro ricollocazione a tunnel ultimato, già tutto sembrava avviarsi a conclusione, sia pure con le immancabili proteste dell’anti Tap, quando è giunto il provvedimento di sospensione dei lavori da parte del Tar del Lazio.
Tar significa Tribunale amministrativo regionale. Più forte dello Stato? E’ forse la sua testa più importante? Non lo so, non perché sia difficile saperlo, ma perché chi ha sempre creduto nello Stato non può immaginare che ci sia un soggetto, sia pure di sua filiazione, più forte di lui, al di sopra di lui.
Quando studiavo filosofia del diritto, materia che spesso si accompagnava a dottrine politiche – usavo il testo di Alessandro Passerin d’Entrèves La dottrina dello Stato – appresi che la sovranità ha una prerogativa, quella di non essere divisibile. Vecchiume si dirà; e concordo. Ma che Stato è quello che ammette di essersi alienato una parte di sovranità all’esterno e di aver parcellizzato quella che gli è rimasta all’interno? Società aperta, società liquida, società democratica. Risposte a volte suggestive, che, però, non spiegano dove sta ormai lo Stato. In buona sostanza la sovranità dello Stato ha carattere feudale; si divide, si sparte, si assegna, si vende, si affitta. Diciamo come vogliamo, il concetto non cambia.
Agli amici di Melendugno vorrei dire una cosa semplicissima. Quando fa sera e cercano in casa di far luce  ci riescono con un semplice colpo sull’interruttore, con un altro riscaldano la casa, e così via con l’acqua calda, con la cucina, con la lavatrice, col lavastoviglie, con l’aspirapolvere, col ferro da stiro. Se andiamo a rileggerci la Genesi dalla Bibbia, ci manca poco a considerarci potenti quanto Dominedio o addirittura di più, che disse: sia fatta la luce e la luce fu. Da dove viene, secondo loro, a noi indegni discendenti di Adamo, tanta incredibile potenza? Viene – lo sanno gli amici di Melendugno, lo sanno! è che non vogliono pensarci – dal carbone, dal petrolio, dal gas, dal nucleare. Ebbene, queste energie in gran parte vengono da lontano, da molto lontano; attraversano catene montuose, mari, deserti, praterie e giungono fino a noi, grazie all’ingegno umano che ha costruito le centrali, gli oleodotti e i gasdotti. Che poi un fattore di energia approdi a Melendugno o qualche chilometro più in alto o più in basso, che cambia? In un punto deve pur approdare. Le fonti rinnovabili – si sa – non sono sufficienti. Magari lo fossero!
Siamo in presenza di opere che vengono realizzate nel più rigoroso rispetto dell’ambiente e della salute delle persone proprio perché sono estremamente importanti e spesso rischiose. Avrebbero ragione gli amici di Melendugno di preoccuparsene se il gasdotto fosse fatto alla buona, come tante volte si fanno le cose in Italia, purtroppo! Ma nel caso in specie – mi sento ahimè avvocato! – tutto sembra essere stato fatto come Dio comanda. Perché allora tanta ostinazione a voler impedire l’opera e danneggiare il Paese? Per gli ulivi si dice, per l’ambiente, per una paura che le cose possano mettersi male in un futuro non molto lontano.
Se pure volessimo dar loro ragione – e, a dire il vero, un po’ ce l’hanno, relativamente alla paura che le cose non vengano fatte bene – dovremmo pensare che noi, a differenza di tanti altri popoli evoluti dell’Occidente, siamo incapaci di fare cose ormai banali, tanto sono di casa dappertutto. Negli altri paesi europei ci sono centrali nucleari, ci sono bruciatori e smaltitori di rifiuti anche nelle immediate vicinanze dei centri urbani. Da noi tutto viene bloccato. Per la difesa dell’ambiente o forse per la solita paura per tutto ciò che possa costituire potenzialmente un pericolo, sia pure lontano?
Ho qualche perplessità a rispondere. Dovrei dire infatti che quanto all’ambiente, si è visto quanto l’amino gli anti Tap distruggendo un muro di pietre a secco e mettendo a rischio diversi ulivi. Quanto alla paura, dovrei dire che si tratta anche di mancanza di cultura, non solo e non tanto perché si tratta di un pericolo ipotizzato quanto e soprattutto perché se pure va bene il gasdotto vogliamo che venga fatto in casa d’altri.
Dovremmo cercare di recuperare due condizioni: una, di dover convivere con queste tanto temute strutture; due, di superare la diffidenza che abbiamo nei confronti dello Stato e della modernità in genere. Del resto la Natura è la più grande maestra ed educatrice. I terremoti che annientano paesi e popolazioni, le malattie che falcidiano piante e colture (vedi il punteruolo rosso o la xylella) dicono che il pericolo è sempre in agguato e che dobbiamo saperlo prevenire e nel caso gestire. Se non vogliamo correre rischi e non vogliamo fare la figura degli egoisti, allora dovremmo tornare alla lucerna ad olio e all'acqua piovana.

Nessun commento:

Posta un commento