Dice un proverbio che i mali non
arrivano mai da soli. Viviamo in piena crisi di tutto, soprattutto di idee e di
valori. Ci consoliamo dicendo che ormai tutto è in trasformazione e che la
globalizzazione sta agitando il mondo come sulle etichette di certi prodotti è
scritto “agitare prima dell’uso”. Il mondo è agitato, per quale uso non si sa.
E soprattutto non si sa chi o che cosa lo agita. La teoria di Bauman, secondo
cui la società è liquida, non è una prescrizione, è una constatazione. Bauman
non ha detto che la società per il meglio di se stessa deve essere liquida; ha
detto che è liquida. Per il peggio di se stessa si può aggiungere.
Martedì, 14 marzo – le idi, tanto
per ricordare! – due eminenti personalità del mondo della cultura, due
autentici punti di riferimento, peraltro di collocazione politica opposta,
Giuseppe De Rita e Giuseppe Vacca, ci hanno detto che programmare o avere
orizzonti non serve.
De Rita lo ha fatto dal “Corriere
della Sera” (Mettete i programmi in soffitta).
Dice il Presidente del Censis: “scrivere un programma, metterlo sul tavolo,
confrontarlo con le altre parti e presentarlo successivamente agli elettori,
come piattaforma di intenzioni e di volontà politiche…è una tentazione che
rischia di perdersi in qualche palude pericolosa”. Il termine programma – spiega De Rita – è
invecchiato; i programmi si riducono ad elenchi di parole percepite dai
cittadini come stanche e inerti; e infine perché al momento non riusciamo a
conoscere e a interpretare la realtà che stiamo vivendo, cui un programa dovrebbe
ispirarsi.
Intendiamoci, De Rita non ha
torto, ma rinunciare del tutto a programmare, a pensare cosa può produrre un
intervento, un provvedimento qualsiasi oltre all’immediato, è come fare calcio all’oratorio,
palla fai tu.
Giuseppe Vacca lo ha fatto nella
serata dello stesso giorno dal salottino di Lilli Gruber, a “Otto e mezzo” su
“La Sette”. In conversazione con l’On. Alfredo D’Attorre e con lo scrittore
Pietrangelo Buttafuoco, il direttore della Fondazione Gramsci ha detto che non
bisogna guardare all’orizzonte, come suggeriva D’Attorre, perché lui, essendo
nato in una città di mare (è di Bari), sa che più ci si avvicina all’orizzonte
e più questo s’allontana.
Il concetto è lo stesso: niente
programma, niente orizzonte. Più ragionato De Rita, più banale Vacca. Ma se lo
dicono due come De Rita e Vacca… Invece ci sono buone ragioni per dissentire,
rischiando la lesa maestà.
Intanto i programmi possono
essere a breve o a lunga scadenza. Il discorso di De Rita – ma lo stesso è per
l’orizzonte di Vacca – vale per i programmi a lunga scadenza. La situazione
odierna non consente di guardare oltre un certo limite temporale, dato che
tutto appare provvisorio e tutto muta nel breve volgere di tempo. Ma un programma
a breve scadenza, “di scopo” come spesso si dice per un governo, non solo è
possibile ma anche necessario. Non si tratta solo di sapere dove si va e come e
perché si va, ma anche per un elementare senso di democrazia. I cittadini
devono essere informati. I programmi rispondono ad un bisogno di informazione,
prima di essere un percorso politico-amministrativo, più o meno credibile
quando annunciato.
I programmi inoltre sono la carta
d’identità dei partiti e dei politici. Prima di tutto la scelta delle priorità.
E’ chiaro che un partito di centrosinistra dà priorità a certe cose rispetto ad
un partito di centrodestra; e viceversa. Anche la risposta al perché è
importante per capire con chi si ha a che fare, per valutare se quel partito è
credibile o meno. E perfino il come è importante, dato che nessuno può
garantire di fare una certa cosa senza averne i mezzi e senza avere le giuste
competenze.
Ridurre tutto ad un empirico e
improvvisato fare, come farebbero pensare De Rita e Vacca, significa assestare
il colpo di grazia alla politica e alla democrazia, che della politica è
l’espressione più alta.
Stupisce soprattutto lo storico
Vacca per la sua storia personale di intellettuale comunista. Non è, infatti,
una cosa decorativa la presidenza della Fondazione Gramsci: è il riconoscimento
di autorevolezza culturale e dottrinale. Che l’orizzonte esalti la relatività è
perfino banale: ogni persona ha il suo orizzonte fisico. Inteso come programma,
però, l’orizzonte segna il punto da raggiungere se non per sedercisi sopra almeno
per vederlo e ripartire.
Le affermazioni di De Rita e
Vacca sono gravi tanto più se cadono in un momento in cui la politica è ai
minimi termini. Ma mai come in questo momento la voce delle persone autorevoli
– e De Rita e Vacca lo sono – dovrebbe farsi sentire forte per il recupero di
certi valori. Se invece questa voce si unisce al coro, davvero si aggiunge male
al male.
Da Berlusconi a Renzi è stato uno
scivolare verso un modo di essere in politica alla buona, all’insegna dello
slogan e della battuta, del qualunquismo e del populismo più beceri. I
cittadini sono stati considerati come pecore al pascolo. Esse hanno bisogno di
brucare, non di pensare né di guardare oltre il pascolo; dunque facciomole
mangiare. Niente programmi, niente orizzonti. Tutto qui ed ora. Un gran brutto
momento!
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