domenica 5 febbraio 2017

Fallimento grillino con vista su Roma


Certo è che le cose che accadono in Italia sono straordinarie. Come straordinaria è la pessima propaganda che si sta facendo di Roma nel mondo, quale città ingovernabile. Sta passando l’idea che se Roma è riottosa perfino al Movimento di Grillo vuol dire che non c’è proprio niente da fare. Ma il Movimento di Grillo non è il massimo dei rimedi, è purtroppo meno del minimo. Non è tanto questione di onestà quanto di incapacità.  
Qualche anno fa Claudio Scajola, all’epoca ministro dello sviluppo economico, acquistò a Roma una casa con vista sul Colosseo per un prezzo irrisorio, praticamente regalata. In sostanza quella casa era stata pagata da Scajola solo in parte, un terzo circa del suo valore; la rimanente somma, per giungere al prezzo congruo e realmente pagato, l’aveva graziosamente sborsata la cosiddetta “cricca Anemone”. Il capo della “cricca” era l’imprenditore, Anemone appunto, che era riuscito ad accaparrarsi gran parte dei lavori per i “Grandi Eventi”. Guadagni enormi, altro che un mezzanino con vista sul Colosseo! Perciò, non è che tirasse fuori tanti soldi per amicizia o per stima nei confronti di Scajola. Nel mondo della politica e degli affari dare vuol dire soltanto poter poi ricevere; e non è detto che l’una cosa segua l’altra, a volte la precede. Il caso fece un po’ ridere gli italiani perché ad un certo punto Scajola disse che lui non ne sapeva niente e che se avesse preso chi gliel’aveva pagata… Figurarsi! Allora, in piena guerra a Berlusconi, a nessuno venne in mente di pensare che chissà, forse Scajola poteva davvero non sapere. Erano tempi in cui ognuno aveva in tasca pronto un timbro autoinchiostrante con su scritto: colpevole! Qualche risata e tanto disprezzo.
Il caso Scajola si è riproposto con la Sindaca di Roma Virginia Raggi, quella che doveva portare l’onestà e l’efficienza. Nel corso delle otto ore di interrogatorio, a cui è stata sottoposta dai pubblici ministeri che si stanno occupando del caso Marra, in cui lei è accusata di abuso d’ufficio e falso in atto pubblico, è uscito fuori che è beneficiaria di due polizze di assicurazione per un totale di trentatremila euro, stipulate da uno dei suoi uomini più vicini, Salvatore Romeo, sei mesi prima del voto e della promozione dello stesso da semplice funzionario a dirigente del Comune di Roma con uno stipendio da 110.000 euro all’anno, quattro volte il precedente.
E’ da escludere che il Romeo volesse creare una trappola alla Raggi. Si consideri piuttosto la sua furbizia: si prevedeva che la Raggi avrebbe stravinto le elezioni a sindaco di Roma e dunque era facile profondersi in tempi che a lui sembravano non sospetti in regali e atti di devozione.
Come da copione, la “vispa teresa” – così l’ha battezzata Vittorio Sgarbi – ha detto che lei non ne sapeva niente. Come Scajola! E Grillo addirittura avrebbe aggiunto: e beh, dov’è il reato? In effetti la Procura ha tenuto a dire con un comunicato che il caso non contiene nulla di penalmente rilevante. Quanta generosità da parte di certa magistratura!
Ma qui il discorso è politico. Un Movimento che non perdonava niente a nessuno, sia sul piano della capacità amministrativa sia sul piano della moralità, si trova in un mare di cacca.
La vicenda delle polizze presenta aspetti anche comici, alla Totò o alla Eduardo: la Raggi potrebbe intascare i trentatremila euro solo in caso di morte del Romeo. Il ridicolo – si sa – è peggio del tragico. Un po’ i grillini dovrebbero vergognarsi. Ma la verecundia, dopotutto, è una virtù assai rara nel mondo della politica.
Disonestà o dabbenaggine – fate voi! – sta di fatto che troppe minchiate sono state già fatte a Roma da una Giunta che doveva essere il rimedio a tutti i mali. Troppi favori non richiesti, troppe promozioni disinteressate, troppi regali immotivati, troppi aumenti di stipendio, troppe incongruenze in quel “mondo di mezzo” che resta l’ambiente politico-amministrativo romano, impietosamente inchiodato alla formula Carminati.  
Il Movimento grillino si sta rivelando ogni giorno di più uno straordinario fenomeno di inconsapevoli, di incapaci ed anche di ignoranti. Questi signori, che a vederli sembrano tanti Testimoni di Geova, stanno compromettendo sempre più la reputazione di chi su di loro aveva scommesso. In fondo – si diceva – meglio i grillini che intercettano il malcontento e la protesta degli italiani che certi estremismi populistici che non sai dove portano. Per questa considerazione una certa stampa, soprattutto quella specializzata in denunciare scandali e corruzioni – “Il fatto quotidiano”, per fare un esempio – ha avuto nei loro confronti un occhio di riguardo fino alla miopia critica o ad una sorta di rifiuto mentale di vedere le cose per come sono.
A sentirli i difensori dei grillini – Fassina, Padellaro, Travaglio – contro la Raggi c’è un’autentica campagna mediatica, un accanimento ingiustificato, addirittura un vero e proprio linciaggio. Li si può capire. Avevano scommesso su questa gente ed oggi non vogliono riconoscere di avere sbagliato. E’ come puntare sul rosso, esce il nero, e non voler ammettere che il nero non è il rosso.
Robespierre contro Luigi XVI disse che un re non è mai innocente. Una sindaca può esserlo? Il concetto non ne esce ridimensionato: chi gestisce il potere è sempre colpevole. Se la Raggi non è colpevole, vuol dire che è stupida. Ma un sindaco stupido è peggio di un sindaco disonesto. Grillo, Casaleggio e compagnia cantando sono dei furbastri, sanno perfettamente come funzionano gli ingranaggi della politica, della comunicazione e della propaganda. Da quando il fenomeno 5 Stelle è esploso è accaduto di tutto, non solo a Roma: un repertorio di figuracce, di prepotenze, di ingiustizie, di incoerenze, di improvvisazioni. Di fronte a tanto spettacolo c’è poco da affidarsi alla clemenza della corte. Il verdetto in politica è in rebus, sta nei fatti.

Questo Movimento ha sconvolto gli assetti politici, portando una ventata di novità, dovuta anche alle nuove forme di comunicazione, ma finora non è riuscito a dare nessuna indicazione praticabile, mentre ha dimostrato che è più facile far ridere o arrabbiare che governare. In genere nei cambiamenti politici, dopo una fase caotica e torbida, viene quella della normalizzazione. Sarebbe augurabile che la portassero politici veri.

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