domenica 13 novembre 2016

Trump, l'erba che non vuoi


Ed ora, attacchiamoci tutti al…tramp! Contro tutte le previsioni, contro tutti gli avversari, americani e non, di destra e di sinistra, contro le donne ipermobilitate e le variabili di genere, contro i giornali e le televisioni, contro il Papa, Donald Trump ha vinto. E’ il 45° presidente degli Stati Uniti d’America.
Il giorno dopo i politici di tutto il mondo si sono piegati al politicamente corretto e gli hanno fatto i complimenti, tranne qualcuno. Il Presidente della Commissione Europea Juncker lo ha bocciato, dicendo che non sa nulla del mondo e che ci vorranno due anni per farglielo conoscere. C’è del malanimo in questo giudizio. Non puoi essere un miliardario e vincere le elezioni americane senza conoscere il mondo. E poi, i collaboratori, gli esperti, gli ambasciatori, che ci stanno a fare?
C’è anche chi ha brindato alla sua elezione, come il russo Putin; e – chissà – forse anche il turco Erdogan e qualcun altro della serie. Il mondo sta andando pericolosamente verso forme autoritarie, in puntuale coincidenza di crisi tra due secoli.
Paolo Mieli, ospite di “Otto e Mezzo”, si è detto sconvolto dalla sua elezione. L’ing. De Benedetti, quello del gruppo editoriale “Repubblica-L’Espresso”, ospite pure lui di “Otto e Mezzo”, ha detto che per Trump l’Italia è…Capri, dopo aver affermato che non è poi quel ricco che vuole dare ad intendere e che dà ai beni che possiede il valore dei debiti che ha, che sarebbero assai di più. L’imprenditore Oscar Farinetti, presidente di Eataly, sempre a “Otto e Mezzo”, lo ha chiamato “sessista, razzista, ignorante, megalomane e bugiardo”.
Il politicamente scorretto è in trionfo planetario. Accomuna politici e imprenditori; proprio quelli che dovrebbero essere più attenti alle parole che dicono. Ma è anche vero che il politicamente corretto incomincia a somigliare sempre più alle brioches di Maria Antonietta, quelle che prelusero alla ghigliottina e alle teste mozzate. Attenzione, noi italiani abbiamo in casa più di un Trump.
Obama, per prassi e non per cortesia, lo ha ricevuto alla Casa Bianca e gli ha stretto la mano, dopo un lungo colloquio, nel corso del quale le minacciose espressioni usate nei suoi confronti per tutta la campagna elettorale pesavano come aria dopo un incendio. A vederli, sembravano con gli occhi più volersi evitare che incontrare, all’insegna dell’imbarazzo. Niente foto di gruppo: poteva sembrare un’offesa ai Clinton, i grandi trombati, entrati in conclave cardinali e usciti curati di campagna.
In tutti gli Stati Uniti migliaia di manifestanti hanno protestato contro la sua elezione: centinaia gli arresti. I manifestanti non lo vogliono come Presidente, dicono di non sentirsi rappresentati. E che vogliono? Molti di loro credono ancora di essere nella giungla.
Mai elezione presidenziale in America e credo nel mondo è stata così traumatica. Sono mancati solo i suicidi; per il resto è tragedia nera. La democrazia, intesa anche come eleganza e rispetto, è in gramaglie. E, in verità, non si può dire che non sia accaduto nulla, anche a volersi sforzare.
Qualcosa di molto grave è accaduto. Poi, se in bene o in male, è un altro discorso. Atteniamoci ai fatti: un uomo, che mai prima aveva occupato cariche pubbliche, assolutamente fuori dalla politica, un uomo d’affari e basta, neppure tanto avveduto, essendo passato da periodi buoni a periodi di quasi fallimento, fino a salvarsi beneficiando di una legge che lo esentava dalle tasse, è diventato Presidente degli Stati Uniti d’America. Un uomo dipinto come arrogante, volgare, che si atteggia a bullo, è il capo della più potente nazione del mondo. Si parla di sondaggi sbagliati, di un altro golpe dei social; ma questi sono dati tecnici, che pure contano ma non spiegano la grande “rivoluzione”. E' la democrazia ad essere in preda a crampi e a sconvolgimenti intestinali, pur manifestando tutta la sua fantasmagorica fenomenologia. Obiettivamente c’è da preoccuparsi.
E’ altrettanto preoccupante che a sfidare Trump sia stata una donna che non gode di simpatie nemmeno di genere, per lo meno non sufficienti a vincere le elezioni. Non averle vinte contro un candidato come lui vuol dire che era la meno adeguata a rappresentare un grande partito come quello democratico e soprattutto i bisogni e le istanze di enormi fasce sociali; vuol dire che gli ultimi otto anni di presidenza “democratica”, in mano ad un afroamericano, hanno creato una condizione di disagio così diffuso in tutto il paese che gli americani avrebbero portato alla Casa Bianca perfino un orangotango.
Chi è di destra dovrebbe essere contento di Trump. A pelle si avverte un uomo del quale il meglio che si può fare è essere prudenti. In tanti dicono che ora da presidente sarà diverso dal candidato. Probabilmente è così. Ma intanto le sue parole stanno creando negli Stati Uniti una divisione molto pericolosa. Vada per le accuse di sessismo. Chi in tutta la sua vita non ha detto o fatto qualcosa di disdicevole in proposito? Ma continuare ad ostentare perfino in campagna elettorale parole e frasi offensive nei confronti delle donne è prova di insopprimibile, compulsiva indole volgare e stupida. Trump dà l’idea di un trattore agricolo più che di uno spyder sportivo. Certo, da presidente degli Stati Uniti, ha accanto uomini di grande responsabilità, che sapranno educarlo, fermarlo negli spropositi, guidarlo verso scelte importanti per il loro paese e per il resto del mondo. Nel migliore dei casi la sua azione politica può sortire effetti benefici – è una scommessa – ma resta il fatto grave che il modo come ha condotto la campagna elettorale, in presenza di attacchi che gli arrivavano da tutte le parti, rende la democrazia non un confronto di idee, di posizioni, di prospettive, ma una rissa fra marinai in un malfamato angiporto.
In questi giorni i confronti con qualche nostro politico degli ultimi tempi si sono sprecati. In verità Trump sintetizza gli ultimi politici italiani che hanno fatto successo come lui: Bossi prima maniera, col suo celodurismo; Berlusconi, coi suoi denari e col suo vizio delle donne; Grillo per la volgarità quale arma di propaganda politica, e sotto sotto – ma neppure tanto – Renzi con la sua rottamazione. Non a caso chi si è subito schierato dalla sua parte sono stati, prima dell’esito elettorale, Salvini, e dopo Grillo; mentre la destra più educata, da Forza Italia a Fratelli d’Italia, pur soddisfatta, si è ben guardata dal fare salti di gioia. 

Non v’è dubbio che la vittoria di Trump fa entrare il populismo in una fase nuova, più degenerata. Il cattivo esempio ormai non viene più dal popolo, come il termine vorrebbe che fosse, ma da chi lo rappresenta o vorrebbe rappresentarlo. In questo, noi italiani, abbiamo fatto scuola.

Nessun commento:

Posta un commento