Ed ora, attacchiamoci tutti al…tramp! Contro tutte le previsioni,
contro tutti gli avversari, americani e non, di destra e di sinistra, contro le
donne ipermobilitate e le variabili di genere, contro i giornali e le
televisioni, contro il Papa, Donald Trump ha vinto. E’ il 45° presidente degli
Stati Uniti d’America.
Il giorno dopo i politici di
tutto il mondo si sono piegati al politicamente corretto e gli hanno fatto i
complimenti, tranne qualcuno. Il Presidente della Commissione Europea Juncker
lo ha bocciato, dicendo che non sa nulla del mondo e che ci vorranno due anni
per farglielo conoscere. C’è del malanimo in questo giudizio. Non puoi essere
un miliardario e vincere le elezioni americane senza conoscere il mondo. E poi,
i collaboratori, gli esperti, gli ambasciatori, che ci stanno a fare?
C’è anche chi ha brindato alla
sua elezione, come il russo Putin; e – chissà – forse anche il turco Erdogan e
qualcun altro della serie. Il mondo sta andando pericolosamente verso forme autoritarie,
in puntuale coincidenza di crisi tra due secoli.
Paolo Mieli, ospite di “Otto e
Mezzo”, si è detto sconvolto dalla sua elezione. L’ing. De Benedetti, quello
del gruppo editoriale “Repubblica-L’Espresso”, ospite pure lui di “Otto e
Mezzo”, ha detto che per Trump l’Italia è…Capri, dopo aver affermato che non è
poi quel ricco che vuole dare ad intendere e che dà ai beni che possiede il
valore dei debiti che ha, che sarebbero assai di più. L’imprenditore Oscar
Farinetti, presidente di Eataly, sempre a “Otto e Mezzo”, lo ha chiamato
“sessista, razzista, ignorante, megalomane e bugiardo”.
Il politicamente scorretto è in
trionfo planetario. Accomuna politici e imprenditori; proprio quelli che
dovrebbero essere più attenti alle parole che dicono. Ma è anche vero che il
politicamente corretto incomincia a somigliare sempre più alle brioches di Maria Antonietta, quelle
che prelusero alla ghigliottina e alle teste mozzate. Attenzione, noi italiani
abbiamo in casa più di un Trump.
Obama, per prassi e non per
cortesia, lo ha ricevuto alla Casa Bianca e gli ha stretto la mano, dopo un
lungo colloquio, nel corso del quale le minacciose espressioni usate nei suoi
confronti per tutta la campagna elettorale pesavano come aria dopo un incendio.
A vederli, sembravano con gli occhi più volersi evitare che incontrare,
all’insegna dell’imbarazzo. Niente foto di gruppo: poteva sembrare un’offesa ai
Clinton, i grandi trombati, entrati in conclave cardinali e usciti curati di
campagna.
In tutti gli Stati Uniti migliaia
di manifestanti hanno protestato contro la sua elezione: centinaia gli arresti.
I manifestanti non lo vogliono come Presidente, dicono di non sentirsi
rappresentati. E che vogliono? Molti di loro credono ancora di essere nella
giungla.
Mai elezione presidenziale in
America e credo nel mondo è stata così traumatica. Sono mancati solo i suicidi;
per il resto è tragedia nera. La democrazia, intesa anche come eleganza e
rispetto, è in gramaglie. E, in verità, non si può dire che non sia accaduto
nulla, anche a volersi sforzare.
Qualcosa di molto grave è
accaduto. Poi, se in bene o in male, è un altro discorso. Atteniamoci ai fatti:
un uomo, che mai prima aveva occupato cariche pubbliche, assolutamente fuori
dalla politica, un uomo d’affari e basta, neppure tanto avveduto, essendo
passato da periodi buoni a periodi di quasi fallimento, fino a salvarsi
beneficiando di una legge che lo esentava dalle tasse, è diventato Presidente
degli Stati Uniti d’America. Un uomo dipinto come arrogante, volgare, che si
atteggia a bullo, è il capo della più potente nazione del mondo. Si parla di
sondaggi sbagliati, di un altro golpe dei social; ma questi sono dati tecnici,
che pure contano ma non spiegano la grande “rivoluzione”. E' la democrazia
ad essere in preda a crampi e a sconvolgimenti intestinali, pur manifestando
tutta la sua fantasmagorica fenomenologia. Obiettivamente c’è da preoccuparsi.
E’ altrettanto preoccupante che a
sfidare Trump sia stata una donna che non gode di simpatie nemmeno di genere,
per lo meno non sufficienti a vincere le elezioni. Non averle vinte contro un
candidato come lui vuol dire che era la meno adeguata a rappresentare un grande
partito come quello democratico e soprattutto i bisogni e le istanze di enormi
fasce sociali; vuol dire che gli ultimi otto anni di presidenza “democratica”,
in mano ad un afroamericano, hanno creato una condizione di disagio così
diffuso in tutto il paese che gli americani avrebbero portato alla Casa Bianca
perfino un orangotango.
Chi è di destra dovrebbe essere
contento di Trump. A pelle si avverte un uomo del quale il meglio che si può
fare è essere prudenti. In tanti dicono che ora da presidente sarà diverso dal
candidato. Probabilmente è così. Ma intanto le sue parole stanno creando negli
Stati Uniti una divisione molto pericolosa. Vada per le accuse di sessismo. Chi
in tutta la sua vita non ha detto o fatto qualcosa di disdicevole in proposito?
Ma continuare ad ostentare perfino in campagna elettorale parole e frasi
offensive nei confronti delle donne è prova di insopprimibile, compulsiva
indole volgare e stupida. Trump dà l’idea di un trattore agricolo più che di
uno spyder sportivo. Certo, da presidente degli Stati Uniti, ha accanto uomini
di grande responsabilità, che sapranno educarlo, fermarlo negli spropositi, guidarlo
verso scelte importanti per il loro paese e per il resto del mondo. Nel
migliore dei casi la sua azione politica può sortire effetti benefici – è una
scommessa – ma resta il fatto grave che il modo come ha condotto la campagna
elettorale, in presenza di attacchi che gli arrivavano da tutte le parti, rende
la democrazia non un confronto di idee, di posizioni, di prospettive, ma una
rissa fra marinai in un malfamato angiporto.
In questi giorni i confronti con
qualche nostro politico degli ultimi tempi si sono sprecati. In verità Trump
sintetizza gli ultimi politici italiani che hanno fatto successo come lui:
Bossi prima maniera, col suo celodurismo; Berlusconi, coi suoi denari e col suo
vizio delle donne; Grillo per la volgarità quale arma di propaganda politica, e
sotto sotto – ma neppure tanto – Renzi con la sua rottamazione. Non a caso chi
si è subito schierato dalla sua parte sono stati, prima dell’esito elettorale,
Salvini, e dopo Grillo; mentre la destra più educata, da Forza Italia a
Fratelli d’Italia, pur soddisfatta, si è ben guardata dal fare salti di
gioia.
Non v’è dubbio che la vittoria di
Trump fa entrare il populismo in una fase nuova, più degenerata. Il cattivo
esempio ormai non viene più dal popolo, come il termine vorrebbe che fosse, ma
da chi lo rappresenta o vorrebbe rappresentarlo. In questo, noi italiani, abbiamo
fatto scuola.
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