A fronte del dilettantismo, del
disordine e dell’approssimazione di tanti leader del centrodestra – ma leader
tanto per capirci – Silvio Berlusconi rischia di essere più che riabilitato
dalla storia. Intendiamoci, le porcherie che ha fatto, con donne e donnette di
malaffare, leggi e leggine ad personam, compravendita di deputati e senatori, barzellette
e cafonate varie, restano a sua perpetua damnatio;
non potranno mai diventare altro da quello che sono. Balordaggini, indegne di
un uomo politico che deve rappresentare e guidare una nazione. Non dico come
l’Italia perché allora ci sarebbe da giustificarlo; siamo il paese di
Alessandro VI, Lucrezia e Cesare Borgia.
Ma a Berlusconi uomo d’affari,
spregiudicato e fortunato e sicuramente positivo, come lo si è sempre
considerato, si finirà per aggiungere anche l’uomo politico avveduto e scaltro.
Ci sta tutto!
Lo ha dimostrato non solo quando
è riuscito a vincere le elezioni avendo tutti contro in Italia e fuori, raggiungendo
un consenso nel Paese del 70 %, ma soprattutto nei momenti di crisi del Paese.
Nel caos seguito a Tangentopoli e alla fine della repubblica dei partiti è
stato lui a inventare il centrodestra, a dargli dignità politica e consistenza
amministrativa, conferendogli un ruolo che solo qualche tempo prima “era follia
sperar”. E’ stato lui a trovare un modo nuovo, discutibile quanto si vuole, ma così
tanto di successo e imitato, di porsi in politica. Il berlusconismo è assai di
più che una condanna sommaria di modi di fare. A prescindere se si è contrari o
favorevoli.
Per entrare nello specifico
internazionale, nessuno potrà negargli il suo senso realistico della crisi
libica, quando tentò di opporsi al bombardamento di quel paese e all’abbattimento
del regime di Gheddafi. Non lo fece solo per simpatia personale, che pure c’era,
nei confronti del dittatore libico, ma perché l’Italia da anni faceva affari
d’oro con quel paese e da anni l’Italia, pur senza tradire l’alleato Israele, coltivava
una politica estera favorevole ai paesi arabi, Libia inclusa; ma era contrario
soprattutto perché non si distrugge, non si demolisce neppure un canile senza
aver prima pianificato qualcosa per il dopo. Si è visto il disastro provocato
da Sarkozy e Cameron, spalleggiati dai nostri superdemocratici, Napolitano e
compagni, che sentivano la missione di portare la democrazia in paesi in cui della
democrazia essi non sanno che farsene. Romano Prodi – e sappiamo tutti quanto
sia stato ostile a Berlusconi – sulla Libia era del suo stesso parere. E Prodi
non si limitò ad esprimere pareri sottovoce ma lo disse apertamente,
compromettendo la sua carriera politica, che avrebbe dovuto portarlo di filato
al Quirinale. Berlusconi, con la sua politica dei rapporti d’amicizia
personali, esercitata con leader come il russo Putin e il turco Erdogan, ha
dimostrato che in certi momenti si possono superare le difficoltà di
importanti questioni internazionali, economiche e politiche con la complicità
che c’è tra amici.
Ma anche nelle faccende interne,
all’Italia e al suo schieramento, Berlusconi ha dimostrato di saper vedere dove
altri non riuscivano. Affari politici, dunque, non meno di quelli economici. Oggi,
alla vigilia dei suoi ottant’anni, è più vivace e volitivo dei tanti sergenti e caporali di giornata del centrodestra. Basta osservare quanto è accaduto a Roma con la
candidatura a sindaco di Bertolaso, l’ex capo della Protezione Civile. Dopo
essere riuscito a mettere d’accordo tutti su quella candidatura, ha costretto i
suoi alleati di schieramento a tradirsi per quello che sono. Salvini, il
supponente leader della Lega, che si sta giocando le ultime carte lumbard, e la Meloni si sono rivelati
davvero ben poca cosa, non solo perché cambiare parere da un giorno all’altro
non è mai un segnale positivo, né per l’intelligenza né per la lealtà, ma soprattutto
perché i fatti provvederanno a dar loro torto, quando apparirà loro come alla
luce del sole di essere dalla parte perdente – ma direi dalla parte assai più
perdente – rispetto alla soluzione prospettata e difesa da Berlusconi.
I commentatori politici insistono
nel dire che la partita non è sul sindaco di Roma ma sulla leadership del
centrodestra e che tutto l’avant-arrière di
questi giorni è mirato a delegittimare Berlusconi. Può darsi che sia così. In
Italia non si giudica mai il politico per un gesto di lealtà e di coraggio ma
sempre per le sue furbate e per le sue obliquità. Oh come parla bene quel
Renzi! Sembra di sentire quel tormentone di alcuni anni fa “Anvedi come balla Nando…”.
Lo stesso Panebianco ha recentemente sottolineato la vocazione di alcuni
politici a destra e a sinistra di giocare a perdere per poter far fuori
Berlusconi da una parte e Renzi dall’altra.
Berlusconi – dicono i suoi
detrattori – fa quello che gli suggeriscono i figli, Letta (Gianni) e
Confalonieri, a difesa degli interessi delle aziende di famiglia. Ma se pure così fosse
– e non si può escludere che così è – non è positivo l’operare in difesa di
qualcosa di concreto? Bisognerebbe dimostrare piuttosto che agendo per i propri
interessi si danneggia la
collettività. Ma la storia insegna che molti uomini
importanti, agendo per i propri interessi, hanno saputo farlo anche per quelli
generali. Non sempre gli interessi personali sono in conflitto con quelli
generali. Cesare e Napoleone agivano forse per gli interessi dei loro nemici e
avversari? E chi in politica non cerca di conciliare gli interessi della
collettività coi propri?
No, non è questo un elogio di
Berlusconi; è semmai un’apostrofe nei confronti del personale politico che lo
circonda, dentro e fuori del suo mondo politico, fatto di mezze calzette, di
personaggetti, per dirla col pittoresco Governatore della Campania De Luca, che
non valgono niente. Storia vecchia quella dei monocoli in terra caecorum. Berlusconi resta un monocolo, né più né
meno; ma – e qui sovviene il grande Andreotti – se si gira intorno non è che
veda giganti. Tra tanti grecuzzi si fa presto a diventare un ciclope!
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