domenica 16 febbraio 2014

Matteo il Fiorenzino e un popolo alla fame


I commentatori politici si stanno sprecando ad evidenziare l’incoerenza di Matteo Renzi, le sue contraddizioni, le sue furberie da prima repubblica, gli accostamenti a Fanfani, a Forlani, ad Andreotti e chi più ne ha più ne metta di furbi e furbetti dell’italica genia. La  verità è molto più modesta. Di solito un ciarlatano, un chiacchierone non ricorda quello che dice, perché quando parla non pensa. Quel che di bocca gli esce-esce. Il ciarlatano è coerente al massimo grado. Matteo Renzi è un ciarlatano. Non è di questo comunque che qui si vuol parlare.
Il popolo italiano è stato ancora una volta truffato ed escluso da un dibattito che avrebbe meritato, anzi, che aveva il diritto di avere per il tramite delle sue rappresentanze politiche. Invece tutto si sta risolvendo in una faida all’interno di un partito, che, grazie ad una legge elettorale, il Porcellum, mai abbastanza vituperata ma mai abbastanza difesa unguibus et rostris, ha una maggioranza in Parlamento sproporzionata a quella reale che ha nel paese. Bene, anzi benissimo, hanno fatto Lega e Movimento 5 Stelle a rifiutarsi di partecipare alla comparsata quirinalesca. La liturgia è importante in politica, ma quando copre qualcosa di serio; non lo è quando incarta il nulla o – peggio – nasconde le porcherie. Ed è una porcheria il fatto che si vuol far passare l’idea che la crisi governativa che si è aperta non è una crisi, ma una semplice operazione politica limitata al partito di maggioranza parlamentare. Letta non si sarebbe dimesso per sopraggiunte difficoltà, ma per un cordiale scambio di compiti in famiglia.
L’anno scorso, più o meno di questi tempi, si diceva – se ne sarebbe fatto garante Napolitano – che il governo Letta era a tempo, avrebbe fatto le riforme, prima fra tutte la legge elettorale, e poi si sarebbe votato con la nuova legge. Letta era stato eletto dal popolo, era passato cioè dal giudizio popolare. Bersani, il candidato-premier aveva tentato un approccio, su mandato di Napolitano, ma non era riuscito per la refrattarietà collaborativa del Movimento di Grillo. Come era normale che accadesse, l’incarico passò a Letta, che era il vice di Bersani nel Partito democratico. Letta era l’uomo che voleva e poteva tentare una formula diversa, quella delle larghe intese, un governo cioè che tenesse insieme gli opposti. La cosa non piacque ai democratici, i quali non avrebbero mai voluto un governo con Berlusconi. Ma poteva piacere o non piacere Letta, era comunque espressione della volontà di chi aveva “vinto” le elezioni e poi non sempre si può stare con chi si vuole. Un vecchio proverbio salentino dice che quando altro non trovi vai a letto con tua madre. Con la madre proprio no, ma – sempre per stare nell’iperbole! – con una capra o un caprone forse sì.
Oggi Matteo Renzi, che è nessuno, è solo il sindaco di Firenze, un personaggio televisivo e il segretario del Pd, nell’accingersi a ricevere l’incarico di formare il nuovo governo, dopo le dimissioni imposte a Letta, dice che il suo governo durerà per tutta la legislatura, ossia fino al 2018. E il popolo, non conta più? Non conta e non canta!
Il popolo italiano è il più paziente del mondo. Sarà stato il cattolicesimo a mettergli in necrosi i punti sensibili. O forse sarà la sua vecchiaia, perché, a pensarci bene, in altri paesi i cattolici si battono. Cazzo, se si battono! Fosse accaduto in Francia ci sarebbe stata un’altra Vandea. In tutto il mondo il popolo offeso reagisce. In Egitto, non ne parliamo! Perfino in Grecia ci sarebbero state dimostrazioni di piazza con albe dorate e tramonti di fuoco. E in Turchia, in Ucraina, in Iran, in India? In Italia niente! Domenica, all’Angelus, in Piazza San Pietro, l’imbonitore venuto dalla fine del mondo benedirà le pecorelle.
Dove va l’Italia con Matteo il Fiorenzino? Non si sa e non si capisce. Pare che ad imporre il cambio a Palazzo Chigi sia stato Draghi, il governatore della Banca Centrale Europea, il quale si sarebbe arrabbiato con Letta per avergli fatto fare una brutta figura con la Germania. Il calo dello Spread, infatti, sarebbe avvenuto, secondo il Financial Times, grazie alle manovre di Draghi, con la speranza che Letta facesse il resto, cioè prendesse i giusti provvedimenti per risollevare il paese dalla crisi. Invece questo non è avvenuto e i tedeschi sono arrabbiati con lui, che avrebbe favorito il suo paese. Di qui, il cambio.
Il figlio Renzi farà quel che la mamma Europa vuole? C’è da dubitarne e c’è anche da essere contenti se non ci riuscirà, perché se già Monti impoverì gli italiani con la sua stretta osservanza europeistica, Renzi potrebbe, nel tentativo di fare quel che Letta non ha voluto o saputo fare, impoverire ulteriormente il paese. 

C’è un altro grosso problema che l’Italia vuole esorcizzare; e cerca di allontanare il più possibile le elezioni: la paura che l’antipolitica consegni il paese a formazioni populistiche di nessuna tradizione europeistica, che avrebbe l’effetto di allontanare l’Italia dall’Europa con conseguenze imprevedibili. Non si ha paura di una deriva di tipo peronista o peggio, della quale non si riesce neppure a ipotizzarne l’evento e il profilo; si ha paura del buio che si sta infittendo. In Italia la crisi ormai la si tocca con mano, ma non siamo ancora arrivati all’infelice ipotesi di dover ritoccare le pensioni, come è accaduto in Grecia. Finora è stato grazie alle pensioni se le famiglie hanno potuto rendere meno crudi i morsi morali e materiali della disoccupazione di tanti giovani. Se si arriverà – e Dio non voglia che accada – alla decurtazione delle pur misere pensioni, allora non ci sarà cattolicesimo o vecchiaia di popolo che tengano, non basteranno imbonitori e svariatori vari, allora accadranno cose molto brutte. Il coraggio degli italiani non è nella testa o nel cuore,  è nella pancia.

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