domenica 13 giugno 2010

Premio Barocco: la prossima volta a Marilù Lucrezio e Michela Marzano

Non conosco nessuno dei patron del Premio Barocco, giunto alla sua 41ª edizione (Gallipoli, Teatro Italia, 7 giugno). So di tal Cartenì, che ogni volta viene inquadrato dalle telecamere e poi invitato sul palco a premiare qualcuno. So che a dare il Premio è l’Università del Salento, che Fabrizio Frizzi, conduttore Rai, continuava l’altra sera ad intitolare “di Lecce”, maximo cum gaudio delle migliaia di laureati, che, come me, hanno il loro bravo diploma di laurea intitolato “Università degli Studi di Lecce” e che col cambio di nome sono stati resi “orfani” per decreto.
Il Rettore Magnifico, ing. Domenico Laforgia, è salito sul palco, anche l’altra sera, per premiare Maria Grazia Cucinotta, la quale non aveva nemmeno il buongusto di rivolgergli mezzo sguardo mentre il severo professore le consegnava la Galatea. Probabilmente, mentre l’uno pensava: ma io qui che faccio? l’altra si chiedeva: ma che c’entra questo qua? Possibile che ad un’attrice famosa manchino due parole di cortesia? Grazie, Rettore, quale onore per me! O che le stesse manchino ad un professore bravo ed esperto? Lei, signora, è incantevole! E’ per me un piacere consegnarle questo premio! No, non mancano; è solo che i due sono estranei, non si conoscono e non vogliono conoscersi.
Ma è veramente l’Università ad assegnare il Premio? Dopo tante edizioni viste, mi piacerebbe che così non fosse e che alla fine è solo un’operazione di vetrina. Ce li immaginiamo i professori, coi ricercatori di rincalzo o di supplenza, a discettare sulle persone a cui assegnare il Premio? Ma non dovrebbero occuparsi di altre cose? No, non è possibile che dei cattedratici alla fine decidano di assegnare il premio in prevalenza ad attori e cantanti, comici e ballerini; e ai soliti Arbore, che, a quanto pare – lo dice lui ogni anno – si è stancato di ricevere statuette della Galatea, che ormai tiene schierate sulle mensole di casa come i soldati dell’esercito cinese di terracotta.
In verità è la televisione, in quanto fabbrica di chiacchiere e tabacchiere, che si autocelebra, ora qua ora là per l’Italia. Nulla da dire alla Manuela Arcuri o a Gérard Depardieu; ma che sono, se non personaggi dello spettacolo? Nulla da dire a Carlo Conti e ad Enrico Mentana; ma che sono, se non due della televisione? Già, quel Mentana, poi, l’altra sera non si sa per quale motivo veniva premiato, dal momento che è scomparso dalla televisione da due anni e non risulta che nel frattempo abbia fatto altro. Nulla da dire ai nostri Alessandra Amoroso e Emilio Solfrizzi; ma che sono, se non due dello spettacolo? E che dire ai ragazzini che “ammaestrati” cantano come grandi, se non che sono delle promesse della televisione? Tutto, nel Premio Barocco, inizia e finisce con lo spettacolo televisivo e anche chi, per aver raggiunto i Campi Elisi non c’è più, viene evocato, come Nicola Arigliano, perché quando è festa e festa e Lari e Penati, in terra salentina, fanno parte dell’umana compagnia.
Una cosa non si può contestare al Premio Barocco: il suo essere barocco; appunto, l’avere in sé e per sé ogni suo motivo di essere; un compiacersi di sé, il non avere nessun fine se non quello di autocelebrarsi. Un contenitore di cose belle e strane, nella migliore tradizione barocca: bambini che cantano come grandi, statue di cioccolato, persone fra la gente assiepata dall’improbabile capacità espressiva, generosi e anonimi benefattori subito inquadrati dalla telecamera, giusto per non avere dubbi sull’anonimato. Più barocco di così…
Ma una manifestazione, sia pure basata e strutturata fondamentalmente sullo spettacolo, non dovrebbe superare il momento televisivo dell’audience per attingere la sfera degli interessi del territorio, delle sue risorse, umane e materiali, per promuovere la regione che la esprime?
Forse, la parte che dovrebbe avere l’Università è proprio questa. Già, ma se c’è, francamente, non si vede. Perché se a me, che non faccio parte dell’università, ma a quel mondo in qualche modo appartengo, avessero chiesto a chi daresti tu il Premio Barocco quest’anno, io avrei detto: a Marilù Lucrezio di Ugento, l’inviata in tutto il mondo di RaiUno; oppure a Michela Marzano di Maglie, ordinaria di filosofia morale e politica all’Università francese Paris Descartes, saggista e scrittrice.
Giuro, non ho fatto nessuno sforzo di ricerca. Sono due bellissime realtà salentine, di cui dovremmo essere orgogliosi, perché sono le persone che valorizzano tutta una regione; certamente come la valorizzano le “Mine vaganti” e la “Notte della Taranta”, la squadra del Lecce Calcio e le tenniste Flavia Pennetta e Roberta Vinci.
Nessuno sforzo, così come nessuno sforzo farebbe un frequentatore di discoteche o un cultore di musica leggera ad indicare i Negramaro o i Sud Sound System.
Uno sforzo dovrebbe farlo, allora, l’Università, premiando anche chi solo da lei può avere l’attenzione e il premio che merita. Oltretutto la Lucrezio e la Marzano non sono estranee alla televisione: la prima, come si è detto, è un’inviata di RaiUno; la seconda è spesso ospite di Gad Lerner a “L’Infedele”. Il Salento non è solo soni e zzumpi!
Ma c’è proprio bisogno di ricordarlo a qualcuno?
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